Re: perche' gli elettroni non collassano nel nucleo?

From: Elio Fabri <fabri_at_mailbox.difi.unipi.it>
Date: 2000/05/02

Giorgio Pastore ha scritto:
> Pero' i punti di vista di Fabri e Smargiassi mi sembrano eccessivi.
>
> Secondo me il principio di indeterminazione *e'* un principio base della
> MQ allo stesso modo in cui il primo principio della dinamica e' un
> principio base della meccanica classica.
>
> Evidentemente c'e' una certa arbitrarieta' nella scelta di cosa si usa
> come "principio" e cosa e' invece una conseguenza.

Si', pero' non vedo come enunceresti il pr. d'ind. in modo da poterne
dedurre qualcosa, ossia in modo che non abbia solo al meglio un ruolo
euristico.

> L' equazione di Sch., o meglio, la rappresentazione di Sch. non e' l'
> unica formulazione della MQ. Possiamo usare la "rappresentazione" di
> Heisenberg, gli integrali di cammino, le C* algebre etc.
Non vorrei impegolarmi in questoni terminologiche, ma che cosa intendi
per "rappresentazione" di Schr. e di Heis.?
Temo sia una vecchia questione: per es. Dirac usa due parole distinte:
"picture" e "representation", che spesso in italiano vengono confuse.
Non per te, che lo sai di certo, ma per altri, chiarisco: parlando di
"Schr. picture" o di "Heis. picture" Dirac intende due diversi modi
vedere la dipendenza temporale: nel primo caso a carico degli stati, nel
secondo a carico delle osservabili. In ogni modo siamo nell'ambito di
una stessa formulazione della m.q.: quella a base di spazio Hilbert e
operatori autoaggiunti.
Invece con "representation" Dirac intende la formza "concreta" che
assume la m.q. quando si sceglie una "base" nello spazio di Hilbert. Se
si lavora nella base degli "autovettori" (virgolette in quanto non si
tratta di veri autovettori...) delle coordinate, siamo nella rappr. di
Schr.; se si prende una base degli stati stazionari (autovettori
dell'energia) siamo in rappr. di Heis.
Ovviamente tutto questo non ha niente a che vedere con la questione in
discussione.

> Cosa hanno in comune questi formalismi per la MQ?
> Il fatto che costituiscono modi diversi per costruire rappresentazioni
> di un algebra di osservabili non commutativa.
Beh, non direi: per es. nella formulazione tradizionale lo spazio di
Hilbert e' dato in partenza; se parti da un C*-algebra puoi dire molte
cose senza usare lo spazio di Hilbert, e poi devi usare un teorema (GNS)
per asserire puoi
rappresentare l'algebra su uno spazio di Hilbert, con possibili
difficolta' (rappresentazioni non fedeli, non equivalenti...).
S'intende che per un sistema con n. finito di gradi di liberta' tutto
fila liscio, ma per quei sistemi usare una C*-algebra e' forse come
sparare a una mosca col cannone...

> Allora, visto che il p. di indeterminazione e' una conseguenza immediata
> della non commutativita' degli osservabili, e che questa e', in ultima
> analisi, il tratto distintivo di ogni teoria quantistica rispetto a
> teorie classiche, perche' non considerarlo come il punto di partenza ?
>
> E' chiaro che da solo, non permette di costruire l' "equazione giusta"
> pero' mi sembra il modo migliore per distillare una gran parte del
> contenuto empirico della MQ in modo semplice e facilmente collegabile ad
> un' affermazione empirica sui limiti intrinseci dei processi di misura.
Che il pr. d'indet. sia utile in certi contesti, nessun dubbio; ma
questo e' diverso dal prenderlo come punto di partenza.
Anzi, secondo me e' molto piu' utile, didatticamente e anche
filosoficamente, mettere bene in chiaro che si tratta di conseguenza
matematica necessaria della struttura della m.q.; non di qualcosa che
abbia un significato e un ruolo epistemologico indipendente.
Insisto su questo, perche' purtroppo e' proprio cio' che accade: dato
che al di fuori della cerchia degli "addetti ai lavori" tutto il resto
e' sconosciuto, resta solo questo ... magico pr. d'indet., su cui si
esercita la fantasia dei filosofi, e che viene trasmesso anche nelle
scuole secondarie come carattere essenziale della m.q.

> ... Certamente si puo' partire da un insieme di assiomi tip " la MQ si fa
> associando ad ogni osservabile ... Pero' una motivazione diretta mi sembra
> didatticamente piu' utile.
>
> BTW, Landau partiva, sia nel volume di MQ non relativistica, sia in
> quello di MQ relativistica, proprio dal principio di indeterminazione
> per dare una motivazione concettuale agli sviluppi formali.
Questo e' interessante. Sono andato a rileggere, e in effetti Landau
cita il pr. d'ind. a pag. 2 (ed. inglese). Pero' se la cava molto
sbrigativamente:
"In quantum mechanics there is no such concept as the path of a
particle. This forms the content of what is called the _uncertainty
principle_, one of the fundamental principles of quantum mechanics,
discovered by Hisenberg in 1927."

e subito aggiunge:
"In that it rejects the ordinary ideas of classical mechanics, the
uncertainty principle might be said to be nagative in content. Of
course, this principle in itself does not suffice as a basis on which to
construct a new mechanics of particles. Such a theory must naturally be
founded on some positive assertions, which we shall discuss below."

E le "positive assertions" sono, com'e' ovvio, il principio di
sovrapposizione. Del resto, tutto il richiamo di Landau al pr. d'indet.
si basa solo sulla solita esperienza di diffrazione alla Young. A me
pare che avrebbe potuto benissimo fare a meno di nominarlo, salvo al
piu' come nota storica (ma va detto che in nota c'e' scritto che in
realta' la m.q., sia nella forma di Schr, che in quella di Heis. e' nata
*prima* del pr. d'ind.!).

> Certo, tu e Fabri avete ragione a mettere in guardia dal pericolo di far
> metafisica dei gedanken experiment invece di risolvere le equazioni.
Non solo: nell'insegn. secondario viene trasmesso solo quello, ma nessun
risultato positivo. Cosi' che la m.q. appare quella cosa dove non si sa
di che cosa si parla e non si puo' essere sicuri di niente. Con gran
gioia di tutti quelli che sguazzano nella "crisi della fisica del '900",
solo al fine di convincere che la pretesa dei fisici di capire il mondo
si e' quanto meno ridimensionata...

> Pero' non vedo nulla di male se, magari dopo aver risolto per bene l'
> equazione di Hermite etc., si cerca di rendere plausibile l' energia di
> punto zero dell' oscillatore armonico mediante un argomento qualitativo
> basato sul p. di indeterminazione. In questo senso mi sembrava
> accettabile il punto di Paolo B.
>
> Quanto al principio di complementarita', sono d' accordo sul fatto che
> lo si potrebbe omettere e certamente ne e' stato abusato (a cominciare
> da Bohr) pero' anche li', lo si puo' usare "cum grano salis" e
> considerarlo una parafrasi "a parole" delle conseguenze del formalismo.
Questo e' cio' che io enuncio come "regola della patente" (l'ho
inventata a proposito dell'equivalenza massa-energia, ma va bene lo
stesso). Sono cose da lasciare soltanto in mano a chi ha un'apposita
patente, non a qualsiasi principiante o dilettante!
Comunque, mai nella divulgazione!!
-- 
Elio Fabri
Dip. di Fisica - Univ. di Pisa
Sez. Astronomia e Astrofisica
Received on Tue May 02 2000 - 00:00:00 CEST

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