Re: Particelle elementari

From: Barone Adesi Vittorio <barone_at_ultra.science.unitn.it>
Date: 2000/03/06

Enrico Maria Giordano wrote:
>
> Cari amici, pur prendendo atto dell'attuale modello standard che prevede
> tre famiglie di particelle "elementari", non riesco ad accettare i
> seguenti fatti:
>
> 1. Che di particelle elementari possano esisterne pi� tipi diversi. Io
> penserei ad un'unica particella elementare adimensionale.
>
> 2. (comprende forse il precedente) Che una particella elementare abbia
> qualche caratteristica intrinseca (carica, sapore, massa, etc.) oltre
> alla semplice esistenza (cos'�?). Queste ulteriori caratteristiche mi
> fanno pensare a componenti interne.
>
> Io credo che questo mio dubbio possa derivare dalla mia conoscenza
> assolutamente superficiale dell'argomento ma mi piacerebbe avere qualche
> chiarimento al riguardo.
>
> Ciao a tutti.
>
> EMG
>
> PS. Non sono un fisico n� un matematico quindi non sarei in grado di
> comprendere spiegazioni non divulgative.






Forse questo messaggio arrivera' due volte.

Ciao Enrico,
bisogna cercare di non scadere nella metafisica e per fare cio' bisogna
essere operazionisti, cioe' si deve cercare di definire gli oggetti
fisici in relazione a quello che si puo' misurare in laboratorio, quanto
meno idealmente.
Innanzitutto ci mettiamo in un sistema di riferimento inerziale( cioe',
detto alla buona, in un sistema di riferimento in cui non si provino
accelerazioni),in questo, in una immagine classica, si potrebbe pensare
ad una particella elementare come a un oggetto fisico inscindibile, che
ha una determinata forma e dimensioni, un dato peso e una caratteristica
dinamica che e' lo spin(lo spin e' una quantita' legata alla massa della
particella e alla velocita' di rotazione di questa rispetto al suo
centro di massa); queste sono delle caratteristiche misurabili in
laboratorio.
Nella fisica "vera"(cioe' quella che fino ad ora spiega meglio la
realta'), non si caratterizzano le particelle elementari secondo la loro
forma(si, lo so, dagli esperimenti di scattering si deduce una quantita'
che viene chiamato raggio della particella, ma non corrisponde a niente
di geometrico, ma solo a quale scala siamo riusciti ad arrivare usando
una certa energia) ma solo attraverso la sua massa e un' altra quantita'
che, purtroppo, si chiama ancora spin.
Dico "purtroppo" perche' se si pensa alla particella che ruota su se
stessa, si pensa a qualcosa di totalmente sbagliato; se a questa
quantita' dinamica si da ancora questo nome e' solo perche' gode "quasi"
delle stesse proprieta' di cui gode lo spin classico.
Il bello della meccanica quantistica e' che permette di avere a
disposizione, oltre ai gradi liberta' naturali classici, cioe' quelli
che corrispondono alla possibilita' di muoversi nello spazio in tre
direzioni indipendenti, o di ruotare in tre versi indipendenti, anche di
alcuni gradi di liberta' che sono propri di spazi di stati interni della
particella; se vuoi immaginare a tutti i costi la particella ruotare su
se stessa, devi pensare alla particella che non ruota nell' ordinario
spazio a noi accessibile coi sensi, ma in questo spazio "interno"(non
nel senso che ci sta dentro) che noi non possiamo cogliere. Dirai:
allora se non possiamo cogliere questo spazio, come ci accorgiamo di
questa grandezza dinamica? La risposta e' che anche se non cogliamo
questo spazio, nel momento in cui facciamo interagire la particella
alcuni apparati sperimentali, questa caratteristica interna si accoppia
con alcuni campi classici(da noi costruibili in laboratorio quali per
esempio campi magnetici), dando luogo in questo modo a fenomeni che
possiamo cogliere con i nostri strumenti. Cioe' non vediamo questo
spazio di stati interno alla particella, ma cogliamo indirettamente la
possibilita' della sua esistenza. Dico possibilita' perche' , citando
Valter Moretti, A implica B e B e' vero non vuol dire che A e vero. L'
assunzione dell esistenza di questo spazio interno spiega un sacco di
cose e quindi i fisici si sono messi d' accordo di credere che realmente
esista.
La cosa sorprendente e' che in teoria dei campi ti basta specificare
queste due caratteristiche della particella, la massa e lo spin, oltre
alla richiesta fisica generale che le operazioni di conteggio non
dipendano dall' osservatore, per costruire la struttura di tutte le
grandezze fisiche osservabili relative alla particella che si vuole
analizzare. I valori di queste grandezze dipendono invece da quali
interazioni alla quale la particella e' soggetta, ma questo e'
abbastanza naturale.
La definizione di particella elementare e' dunque piuttosto matematica,
ma e' costruita in modo che in essa intervengano in maniera univoca
quantita' fisiche che possiamo misurare in qualche modo in laboratorio.
Capire poi se una particella che incontriamo in laboratorio e'
elementare o no, non e' mica cosi' semplice: da principio anche gli
atomi si pensava che fossero elementari, ma si scoprirono
successivamente gli elettroni ed il nucleo; per il primo si vide
semplicemente che ha uno spin, e inizialmente si provo' ad ipotizzare
che fosse proprio quello classico; si provo' a pensare dunque anche
anche all' elettrone come ad una particella composta, non elementare,
che ruota su se stessa, ma ragioni teoriche molto profonde, di cui ora
pero' non ti racconto, fecero capire che non poteva essere quello
classico , ma che doveva corrispondere a gradi di liberta' interni(ed e'
cosi che vennero introdotti); per il secondo, si sa ora che ci sono i
quark che lo compongono. Tutto dipende da quali esperimenti siamo in
grado di compiere, cioe' una particella e' elementare fino a quando non
riusciamo a fare degli esperimenti che ne rivelino una struttura interna
e fino a quando questo non succede, si dice che sono degli oggetti con
una certa massa, un certo spin ed eventualmente altre caratteristiche
corrispondenti ad altri spazi di stati interni che ci siamo dovuti
inventare per spiegare gli esperimenti.
So di non averti spiegato bene, ma forse neanche io ho le idee chiare.
Ci vorrebbe per spiegarlo qualcuno che abbia pensato piu' di me all'
epistemologia e alla storia della scienza. Spero che qualcun altro
racconti qualcosa.
Vittorio Barone Adesi
Received on Mon Mar 06 2000 - 00:00:00 CET

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