In data 11 Jun 1999 11:00:29 +0200, Andrea Zaghi ha scritto sul
newsgroup it.scienza.fisica:
>la costanza della velocita' della luce
>intesa come limite massimo di velocita'
>osservabile in sistemi di riferimento
>inerziali e' un postulato.
>Basandosi su questo postulato si
>costruisce la teoria della Relativita'
>Ristretta di Einstein.
>A supporto di tale postulato ci
>sono diversi esperimenti che
>"supportano" la teoria di Einstein.
>
Vorrei porre un paio di domande al riguardo e ringrazio
anticipatamente quanti vorranno portare un chiarimento in proposito.
C'e' qualcuno a conoscenza di esperimenti "di supporto" diversi
dall'usuale accelerazione di particelle cariche (quindi non in
equilibrio elettromagnetico) accelerate esclusivamente mediante forze
propulsive a loro volta di tipo elettromagnetico?
In mancanza di esperimenti condotti al di fuori dell'ambito
elettromagnetico, a me pare che il postulato si possa considerare
dimostrato *esclusivamente* all'interno dell'ambito dell'interazione
elettromagnetica fra forze propulsive di natura elettromagnetica e
particelle a loro volta cariche elettromagneticamente.
In tale caso non si dovrebbe concludere che la velocita' della luce
sia *insuperabile* da qualsiasi corpo dotato di massa, ma solamente
che tale velocita' e' una velocita' *insuperata* nell'ambito della
realta' considerata e trattata dal punto di vista esclusivamente
elettromagnetico; una velocita' critica, dunque, una velocita'
esclusivamente di confine fra l'elettromagnetismo e la parte restante
della realta', ancora tutta da scoprire.
------omissis----
>La costante C poi compare in
>una quantita' di formule soprattutto
>nell'elettromagnetismo.
E' proprio questo il punto che dovrebbe essere chiarito meglio; da
questo punto di vista la relativita' di Einstein dovrebbe definirsi
piu' propriamente una "relativita' elettromagnetica", perche'
sperimentalmente dimostrata solamente nell'ambito dell'interazione fra
forze di tipo esclusivamente elettromagnetico.
Le formule matematiche relativistiche sono infatti effettivamente
appositamente costruite in modo tale che, postulata concretamente
esistente la dimensione fisica del tempo e postulata valida la
relazione di derivazione indiretta
V=S/T (1)
si abbia che per V tendente a "c" sia S che T tendano asintoticamente
all'infinito (trasformate di Lorentz...)
A parte la questione, che peraltro ho gia' fatto rilevare in numerosi
miei precedenti messaggi, che per S e T che tendono all'infinito la
(1) tende in modo indeterminato al valore irrisolto ed irrisolubile
V=0/0
ci sarebbe pero' ancora un'osservazione da fare, a proposito delle
trasformate di Lorentz, relative proprio alla dimensione temporale.
C'e' qualcosa che non quadra a proposito della verifica dimensionale
relativa alla trasformazione temporale
T-(V/c^2)*S
T' = --------------------- (2)
sqrt(1-V^2/c^2)
Infatti se andiamo a verificare l'equazione dimensionale associata
alla formula matematica (2) troviamo la dimensione fisica
(TEMPO)'
al primo membro, a sinistra del segno "uguale", mentre al secondo
membro, alla destra del segno "uguale", troviamo nientemeno che la
dimensione fisica composta
(TEMPO-SPAZIO)
la quale dimensione fisica composta, non e' piu' ulteriormente
riducibile...
Otteniamo cioe' che, dimensionalmente, la (2) non e' corretta poiche'
si risolve in un'equazione dimensionale non definita e non
ulteriormente riducibile del tipo:
(TEMPO)'=(TEMPO-SPAZIO)
Le trasformate di Lorentz sono invece dimensionalmente corrette per
quanto riguarda le dimensioni spaziali, poiche' alle rispettive
formule matematiche sono associate delle equazioni dimensionali del
tipo
(SPAZIO)'=(SPAZIO-SPAZIO)
che, dimensionalmente, si riducono in
(SPAZIO)'=(SPAZIO)
e quindi queste formule appaiono, quanto meno dimensionalmente,
corrette.
Qualcuno saprebbe spiegare come mai la formula matematica (2), invece,
non e' dimensionalmente risolvibile mediante un'equazione dimensionale
corretta?
Claudio Pipitone
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Received on Mon Jun 14 1999 - 00:00:00 CEST