Re: Il paradosso dei gemelli

From: Pipitone Esp. Claudio <athanor_at_x-xtin.it>
Date: 1999/05/16

In data 14 May 1999 20:50:08 +0200, Frengo ha scritto sul newsgroup
it.scienza.fisica:

>
>Caro Claudio,
>mi sembra che tu abbia troppa poca fiducia nei confronti degli
>sperimentatori. E' chiaro che avranno preso tutte le precauzioni del
>caso per escludere o ridurre al minimo gli effetti delle accelerazioni
>sugli orologi. (Tipo non prendere orologi a pendolo :-))

Riprendo piu' innanzi la questione delle precauzioni, nei termini che
hai precisato nel proseguo del tuo messaggio.

Per quanto riguarda questa prima parte, ti ringrazio moltissimo per
riprendere la questione del "pendolo".
Approfitto subito per spezzare una lancia sulla questione
dell'orologio e del suo principio di funzionamento; purtroppo tutti
parlano di orologi dando per scontato un sacco di presupposti, una
buona parte dei quali secondo me sono errati e prima di tutto e'
errata la convinzione che i pendoli siano un tipo di orologio con
caratteristiche diverse da qualsiasi altro orologio costruto in forma
differente da quella dell'asta oscillante attorno ad un centro di
rotazione dell'asta stessa!
Infatti e' proprio il principio del moto di oscillazione costante,
caratteristica specifica del del pendolo, che forma e costituisce la
sua qualita' di "orologio" e non importa invece quale sia
l'ingegnerizzazione di tale principio (cioe' l'apparenza fisica
costruttiva dell'orologio).

Ti prego ora di seguirmi ancora un momento: saro' schematico e piu'
conciso possibile.
PREMESSA
^^^^^^
Dovrebbe essere pacifico il fatto che il pendolo, prima di essere
considerato un orologio, sia innanzi tutto da considerarsi un
meccanismo idoneo a scandire un moto periodico costante.
Cioe' specificamente il pendolo e' innanzi tutto un generatore di
cicli costanti di moto oscillatorio; il contatore di tali cicli di
moto oscillatorio, qualora ogni singolo ciclo rappresenti una
prefissata frazione del ciclo del moto di rotazione della terra sul
suo asse, si chiama orologio.
Ed il principio del pendolo utilizzato in funzione di "orologio" e'
proprio quello del ciclo di moto costante (specificamente un moto
oscillatorio costante), a cui tradizionalmente si attribuisce il
significato del tempo.
Un "ciclo", infatti, costituisce un "periodo" ed il periodo e' proprio
una tipica caratteristica temporale...
Un "ciclo" e' un'unita' di "frequenza" e la frequenza e' proprio una
caratteristica tipica della successione temporale...

CONCLUSIONE
^^^^^^^^
Tutti gli orologi sono dei pendoli, nel principio del loro
funzionamento.
Infatti dall'orologio a molla, che e' un contatore di cicli di moto
del proprio oscillatore interno mosso dall'energia sviluppata dalla
molla pretensionata, al diapason che e' un contatore di cicli di moto
costituito dall'oscillazione elastica di una struttura normalmente
metallica che oscilla attorno alla propria configurazione di
stabilita' (memoria dello stato iniziale), alla struttura di un
cristallo (il quarzo, ad esempio) che anch'essa oscilla attorno alla
propria configurazione di stabilita' (memoria dello stato iniziale),
alla struttura di un atomo (il cesio 133, ad esempio) che anch'essa
oscilla attorno alla propria configurazione di stabilita' (memoria
dello stato iniziale), tutti questi esempi di moto oscillatorio
costante di aste o configurazioni di strutture, sono detti "orologi" e
sfruttano il principio del pendolo e quindi del principio del
contatore di cicli di moto oscillatorio costante proporzionali al
ciclo del moto di rotazione terrestre, convenzionalmente definito come
il trascorrere del tempo e convenzionalemnte definito come dimensione
fisica temporale.

Per tornare quindi all'augurio che tu facevi dando per scontato che
non si usassero degli orologi a pendolo
>..................... (Tipo non prendere orologi a pendolo :-))
debbo avanzare delle forti riserve in merito, in quanto tu mi potrai
certamente ed a ragione dire che vi sono pendoli e pendoli, alcuni dei
quali (tipo gli orologi atomici) hanno strutture oscillanti talmente
insensibili alle forze esterne da potersi trascurare gli effetti di
tali forze esterne sul funzionamento interno dell'orologio, ma in ogni
caso la forzatura dei risultati e' ancora piu' evidente.

Pensa quale errore tremendo, quale colposo errore concettuale si
compie quando si forzano i risultati in questo modo; si usano
artificiosamente forze deboli ed irrilevanti rispetto alla
sensibilita' degli strumenti, per dimostrare degli assunti che
sarebbero inesorabilmente falsati se si avesse cura di valutare la
congruita' delle grandezze delle forze che entrano in gioco
nell'esperimento relativamente alla sensibilita' degli strumenti di
misura utilizzati!

Passo alla parte seguente del tuo messaggio, restando comunque in
attesa delle tue osservazioni su questa mia parte preliminare e le sue
conclusioni.

>Non � difficile pensare a dei modi per aggirare le tue obiezioni, tipo
>portare due aerei alla stessa velocit� con le medesime accelerazioni,
>fermare dopo un certo tempo uno dei due, e dopo un certo intervallo di
>tempo fermare il secondo sottoponendolo alle stesse accelerazioni del
>primo. A questo punto la differenza di tempo misurata non potrebbe
>essere imputata alle accelerazioni, a meno che tu non voglia mettere in
>dubbio l'invarianza per traslazioni temporali della fisica.

Ho sinceramente delle difficolta' nell'accettare la valitita' di un
sistema di aggiramento di questo tipo...
Infatti, anche facendo cosi' cosa dimostri?
Il primo aereo sappiamo gia' che quando atterra avra' il suo orologio
non piu' sincronizzato con quello rimasto a terra e sul quale era
stato tarato prima della partenza, e cosi' pure il secondo...
Cioe' le accelerazioni a cui sono stati sottoposti entrambi gli
orologi in volo sono state sufficienti a starare gli strumenti di
misurazione del tempo...

Anche nel migliore dei casi (dal tuo punto di vista, s'intende) in cui
l'orologio sul secondo aereo rimasto in volo con uno spazio di
percorrenza superiore, segnasse un tempo inferiore (secondo quanto
supposto dalla teoria) ed in ogni caso diverso da quello segnato
dall'orologio portato in volo dall'aereo atterrato per primo, cio' non
dimostrerebbe proprio nulla poiche' e' normale che l'orologio del
secondo aereo (quello atterrato dopo) sia sfasato maggiormente
rispetto all'orologio portato dal primo aereo, dal momento che il
secondo e' stato sottoposto a maggiore centrifugazione in volo, alla
quale maggiore centrifugazione verrebbe a corrispondere
conseguentemente una sfasatura superiore...

Non dimentichiamoci che le accelerazioni conseguenti al volo di un
aeromobile, si scompongono nelle sue due componenti verticale e
tangenziale rispetto al suolo; quindi anche supponendo perfettamente
equivalenti e compensate (come le definisci tu: "traslate") le
accelerazioni perpendicolari al suolo, rimane sempre il fatto che
quanto piu' l'aeromobile percorre dello spazio in volo, tanto piu' si
sottopone all'effetto delle accelerazioni tangenziali, anche volando a
quota costante su di una rotta costante...

Anziche' utilizzare degli aerei, costerebbe certamente meno e sarebbe
forse piu' probante l'esperimento utilizzando una centrifuga circolare
in cui inserire in un'apposito alloggiamento uno dei due orologi e poi
centrifugarlo, con accelerazione prefissata, ad altissima velocita' di
regime per 10 ore, ad esempio, dopodiche' fermare la centrifuga
secondo una prefissata decelerazione, inserire il secondo orologio
mantenendolo in cetrifugazione, con le stesse modalita' di
accelerazione ed alla stessa velocita' di regime per 20 ore,
riportandolo poi ancora in quiete con le modalita' di decelerazione
prefissate per il primo orologio.

Quand'anche il secondo orologio segnasse una sfasatura doppia rispetto
al primo non avresti dimostrato altro che il secondo orologio, essendo
stato sottoposto alla forza centrifuga per uno spazio di percorrenza
doppio del suo moto rispetto al primo, ha subito una perturbazione
proporzionale del suo moto interno.

Rimane sempre un abisso fra questo risultato e la possibilita' di
concludere che effettivamente il tempo sia scorso in misura inferiore
per l'orologio in movimento rispetto a quello campione in quiete o,
peggio, si sia contratto lo spazio percorso...
Al massimo si puo' affermare che il funzionamento interno
dell'orologio in movimento e' stato perturbato dalle accelerazioni
subite ed in questo caso particolare della centrifugazione si puo'
eventualmente dire che il corrretto funzionamento dell'orologio e'
stato frenato, rallentato, dalle elevate accelerazioni subite.

>In ogni caso, ci sono tantissime altre conferme della "dilatazione dei
>tempi" (oltre che prove teoriche indiscutibili una volta ammesse le
>premesse di principio di relativit� e costanza della velocit� della
>luce).
>Basti pensare ai mesoni prodotti dai raggi cosmici, che se non fosse per
>questo effetto relativistico, non "farebbero in tempo" ad arrivare
>"vivi" al suolo, cosa che invece fanno regolarmente. (Beati loro.)
>
Non conosco questi esperimenti; ma non vorrei che fossero anch'essi
viziati dal momento che molto ci sarebbe da dire anche sui moti
ondulatori e sull'apparente spostamento longitudinale delle onde
trasversali (tutte quelle elettromagnetiche, per intenderci...).
Ancora di piu' ci sarebbe da dire sulla liceita' di attribuire energia
cinetica ai fotoni intesi come pacchetto d'onda, dal momento che
l'unico moto reale presente un pacchetto d'onda e' quello relativo ai
suoi cinematismi trasversali ed moto longitudinale del pacchetto
d'onda lungo la direzione di propagazione dell'onda stessa, resta ed
e' esclusivamente apparente e non reale.
Puo' quindi un fotone, considerato onda (e non pallina..., per
intenderci), considerarsi portatore di energia cinetica lungo la
direzione della propagazione dell'onda, essendo questo un moto
apparente e non reale?
E' lecito, secondo te, utilizzare il principio della conservazione
dell'energia:

        E = p*c (1)
        E = h*f (2)
              E = p*c = h*f (3)

da cui concludere che

              p = h*f/c (4)

Non vorrei qui innescare di nuovo il putiferio che a suo tempo si era
scatenato su it.scienza; ho gia' preso atto a suo tempo che la (4) e'
ritenuta lecita da molti ma, personalmente, continuo a non essere
convinto che si possa trasferire in energia cinetica longitudinale,
cioe' lungo la direzione di propagazione dell'onda, il moto apparente
dell'onda stessa e far cosi' esprimere dalla (1) un'energia cinetica
apparente...
A me pare questa una contraddizione nei termini!

L'energia cinetica contenuta genericamente in un'onda (energia
concreta e non apparente) si deve esprimere correttamente, secondo me,
*esclusivamente* mediante la (2), espressione dell'energia cinetica
prodotta dall'onda con il suo specifico moto trasversale alla
direzione della sua propagazione apparente e conseguentemente la (3) e
la (4) sono false, perche' affinche' venga conservata l'energia
cinetica di un moto concreto e reale quale quello trasversale alla
direzione della propagazione dell'onda, occorre che il moto stesso si
mantenga concreto e reale sotto una forma diversa eventualmente
esprimibile attraverso la (1), mentre il moto longitudinale dell'onda
(e dei pacchetti d'onda) lungo la direzione della sua propagazione,
non essendo un moto reale e concreto, rende inapplicabile la (1) che
presupporrebbe l'esistenza di una enegia cinetica prodotta da un moto
reale e concreto nella direzione della propagazione dell'onda e quindi
anche la (3) e la (4) sono false.

Mi scuso per essermi dilungato un po'; spero che i moderatori non
ritengano prolisse e noiose le mie argomentazioni.
Ciao.

Claudio Pipitone
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Received on Sun May 16 1999 - 00:00:00 CEST

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