Ancora sul principio di indeterminazione

From: Valter Moretti <moretti_at_science.unitn.it>
Date: 1998/08/27

Nicola Scolari wrote:
>
> Al liceo e in "giro" ho sempre sentito parlare di PRINCIPIO di indeterminazione
> di Heisenberg (si scrive cosi?) e tutti come spiegazione a questo principio
> portavano come esempio la misura della posizione di un elettrone per mezzo di
> un fotone ....
> Quest'anno pero' ho seguito un corso di fisica quantistica e una volta
> arrivati all'argomento il mio sore se ne esce con la RELAZIONE di
> indeterminazione di Heisenberg, specificando che il risultato lo si ottiene
> attraverso dei calcoli matematici (dopo e' seguita la doverosa dimostrazione)
> Adesso io mi trovo un po' spaesato perche' le due definizioni non mi sembrano
> completamente compatibili. In ogni caso do ragione al mio sore perche' la
> prima spiegazione mi sembra riduttiva (non puo' funzionare per altri casi).
> In piu' nella seconda si parla della varianza di due misure qualunque e non
> solamente di posizione e q.d.m.. In piu' il discorso del PRINCIPIO non puo'
> neanche essere generalizzato perche' tutto dipende sempre se il commutatore
> e' nullo o no; mi spiego meglio: nella versione discorsiva si parla di
> posizione e q.d.m., ma questo non puo' essere generalizzato perche se prendo
> altre due misure devo cosiderare il commutatore per vedere se sono compatibili
> o meglio misurabili senza influenzarsi a vicenda.
> Ora chiedo: e' un principio o una relazione di indeterminazione? Se e' una
> relazione perche' tutti continuano a chiamarla principio?
> Non trovate anche voi che sia un po' riduttiva come spiegazione quella del
> fotone e dell'elettrone?
>
> Ciao
> Scola




Allora la questione a mio parere e' la seguente.

Heisenberg formulo' il suo PRINCIPIO dopo aver esaminato
varie situazioni ideali (microscopio di Heisenberg ecc...)
PARTICOLARI. Nella sua formulazione ci sono molte cose
ambigue, per esempio non e' molto chiaro cosa si debba intendere
con delta x e delta p in casi generali.
Tali casi PARTICOLARI non DIMOSTRANO il principio ma CONDUCONO
ad esso (inoltre sono anche inconsistenti alla luce della moderna
MQ perche' gli esperimenti ideali di H. sono stati formulati
quando la MQ non c'era ancora
e si pensava che l'elettrone fosse in fondo una pallina ma che valessero
altre regole di quantizzazione inconsistenti con la visione della
pallina... Un po' come l'atomo di Bohr.)



Una volta costruiti i fondamenti fisico-matematici della meccanica
quantistica da parte di Heisenberg, Jordan, Born, Dirac... e, piu'
importante di tutti in questa fase, Von Neumann, si capi' che il
PRINCIPIO di Heisenberg e' in realta' un COROLLARIO di un TEOREMA molto
piu' vasto che fornisce un limite superiore al prodotto delle varianze
di due osservabili in termini del valor medio del commutatore
 di tali osservabili, questo se si interpretano i vari
"delta qualcosa" come varianze.
Nel caso che le due osservabili siano proprio la posizione e l'impulso
salta fuori l'enunciato del vecchio PRINCIPIO di Heisenberg dove
ora e' chiaro cosa si debba intendere per delta x e delta p:
le varianze delle osservabili calcolate su un gran numero di sistemi
tutti preparati nello stesso stato quantistico.

In questo passaggio si e' perso qualcosa. Per esempio la relazione
di indet tempo energia non puo' essere dimostrata per questa via
perche' il tempo non e' una osservabile quantistica. (In fatti tale
relazione e' una delle leggi piu' ambigue della MQ che puo' essere
interpretata in vari modi caso per caso e non ha lo stesso status delle
altre relazioni di indeterminazione).
in termini statistici

In definitiva io preferisco pensare alle relazioni di Heisemberg
come un teorema (o un corollario), ma per tradizione spesso dico
 anche io "principio di H".




Ciao, Valter


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Valter Moretti
Dipartimento di Matematica
Universita' di Trento e INFN
Received on Thu Aug 27 1998 - 00:00:00 CEST

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