Re: Fotone, cristalli e polarizzazione

From: Elio Fabri <elio.fabri_at_fastwebnet.it>
Date: Fri, 19 May 2017 15:05:24 +0200

Maurizio Malagoli ha scritto:
> Nel libro di Dirac "I principi della meccanica quantistica" del 1959
Precisiamo: il libro non è del '59. Quella sarà la data della trad.
italiana. Io ho la terza ed. inglese del '47, ristampa fotografica del
'49.
Una curiosità: sulla mia copia c'è scritto il prezzo italiano: £ 2500
+ £ 250 di spedizione.

> vi è scritto: "Il chiedersi che cosa accada a un particolare fotone in
> determinate condizioni non ha in realtà un significato molto preciso.
> Per precisare il senso di tale domanda occorre immaginare qualche
> esperienza attinente al problema e ricercarne il risultato, poiché
> sono realmente significative solo le questioni che riguardano i
> risultati dell'esperienza e la fisica teorica si deve occupare
> soltanto di tali questioni. [...] Le ragioni per cui un dato fotone
> attraversi o no il cristallo, e il modo in cui varia la direzione
> della sua polarizzazione quando lo attraversa, non possono essere
> esaminati sperimentalmente e vanno perciò considerati estranei al
> dominio scientifico."
>
> Oggi è ancora vero questo? Ossia che non sappiamo perché un fotone
> attraversi o no un cristallo e perché varia la sua polarizzazione?
I miei commenti li trovi più avanti.

Marco Giampaolo ha scritto:
> Per prima cosa un'avvertenza.
> Se stai leggendo la versione in Italiano edito dalla Boringhieri, per
> quel che mi ricordo, è tradotto con i piedi.
> Molte frasi sono travisate rispetto alla versione inglese.
Io conosco solo l'ed. inglese, e il sospetto sulla traduzione ce
l'avevo, per esperienza...
Sono andato a confrontare, e non mi pare che ci siano travisamenti
nella parte citata. Al più delle differenze di sfumature, che magari
in questioni così scivolose possono essere importanti.

> Per quanto riguarda le frasi in questione penso che Dirac stia solo
> affermando che la fisica teorica debba fornire modelli atti a predire
> i risultati di esperimenti senza pensare alle "cause prime" dietro
> questi comportamenti.
> Questo non è limitato alla meccanica quantistica ma a tutta la fisica
> (e oltre).
> Ed è ancora completamente valido
Il fatto è che l'OP ha fatto una citazione frammentaria, da cui è
difficile capire che cosa Dirac intendesse.
Leggendo tutta la pagina si ha un'altra impressione: v. dopo.

Camillo ha scritto:
> Un attento lettore si sarebbe accorto che nella descrizione del moto
> di un elettrone libero (par. 69) Dirac afferma che la sua velocita' e'
> pari a +-c .
Vedi più avanti, nella risposta a Tommaso.

> Si trae fuori dall'impasse aggiungendo che la velocita' non e'
> costante ma oscilla rapidamente nell'intorno della velocita'
> effettivamente osservata.
C.s.

> Basarsi sulle affermazioni di un libro la cui prima versione e' del
> 1930, tu hai probabilmente la terza del 1947, anche se scritto da
> Dirac, e' decisamente inutile. Negli ultimi 100 anni la fisica ha
> fatto qualche progresso, converrebbe consultare qualche testo meno
> obsoleto.
Non sono tanto d'accordo.
Non ricordo bene l'ed. del '30, ma so che ci sono profondissime
differenze; in pratica è un altro libro.
Potrebbe darsi che questa parte introduttiva sia rimasta uguale, non
so.
Però non mi pare inutile leggere quelle pagine di Dirac: il suo sforzo
per motivare la struttura matematica (spazi vettoriali,
sovrapposizione) mi sembra ancor oggi molto istruttivo.
Può darsi che in libri più moderni lo stesso problema sia trattato
abbastanza a fondo, ma non ci giurerei.
E non è lì che ci sono stati progressi.

Tommaso Russo ha scritto:
> forse intendevi "fotone"?
No, si tratta proprio di elettroni.
E' la famosa "Zitterbewegung". Un argomento che avevo studiato a fondo,
un bel po' di anni fa...
In due parole: la hamiltoniana del'eq. di Dirac è
H = alfa_i.p_i + beta m (c=1)
dove alfa_i, beta sono le "matrici di Dirac".
(Nota: queste non sono le notazioni di Dirac, ma quelle più moderne
con cui sono più familiare.)

Se calcoli

dx_i/dt = (1/(i hbar) [x_i,H]

trovi alfa_i e gli autovalori delle alfa_i sono +/-1.
Quindi se ne dovrebbe concludere che una misura di velocità può solo
dare i valori +/-c, come ha scritto Camillo.
Dirac fa un calcolo per separare in dx/dt una parte media e una
oscillante, ma non direi che questa strada sia stata seguita nella
ricerca successiva.

Pochi anni dopo (Foldy e altri) fu introdotta un'idea diversa, ossia
che l'eq. di Dirac non è necessariamente la forma giusta per una
particella di spin 1/2.
In altre parole, la x che compare nell'eq. di Dirac non è
l'osservabile fisica di posizione.
L'argomento è parecchio intricato e non posso addentrarmici qui.
Non so indicare testi moderni che ne parlino: qualcuno lo sa?

Ma torniamo alla questione posta dall'OP.
Come dicevo, bisogna chiarire il contesto.
Dirac sta considerando un fascio di luce (quindi di fotoni) di data
polarizzazione lineare, che viene mandato su un cristallo di
tormalina.
(Nota: la tormalina è un residuo ottocentesco. Veniva usata in ottica
in quanto è un minerale *dicroico*, ossia che ha diverso coeff. di
assorbimento (per luce che si propaga in una certa direzione in un
cristallo) a seconda della polarizzazione. Nella tormalina la
differenza è così forte che in pratica uno dei due stati di polar.
viene completamente assorbito.
Ormai da molti anni la tormalina ha ceduto il posto al "polaroid", che
presenta molti vantaggi e ha anche proprietà ottiche migliori.
Ma ai tempi di Dirac il polaroid non esisteva.)

L'esperienza mostra che fotoni polarizzati perpend. all'asse ottico
del cristalllo passano indisturbati, mentre quelli polarizzati
parallelamente vengono assorbiti.
Che cosa succede a fotoni con polarizz. obliqua, diciamo ad angolo alfa
rispetto all'asse ottico?
In termini d'intensità, si sa che questa va come sin^2(alfa).
In termini di fotoni si traduce dicendo che se entrano N fotoni ne
escono N*sin^2(alfa) (i fotoni uscenti sono uguali a quelli entranti
come energia, visto che hanno la stessa frequenza (l. d'onda).
Ma se guardiamo ai fotoni uno per uno, risulta che alcuni passano e
altri no: da che dipende che un determ. fotone passi o no?
Inoltre, se un fotone passa la sua polar. sarà sempre perpend.
all'asse ottico, quindi diversa da quella entrante: come mai? Come fa
a cambiare?

Questo è il contesto, che l'OP ha tralasciato, come se fosse poco
importante...
Qui ci metto una mia malignità :-)
Sappiamo che l'OP non è un fisico né studia fisica: studia filosofia.
Di fisica ne sa ben poca.
Questo in sé non è una colpa, ma è un ostacolo per ciò che si propone:
capire (da filosofo :-) la m.q.

Passiamo ora alla frase finale, che l'OP cita in traduzione.
Come ho detto, ho confrontato con l'inglese, e le differenze ci sono.
(Parentesi personale: quando studiavo il Dirac usavo sottolineare a
matita i passi inportanti. La frase di cui stiamo parlando è tutta
sottolineata.)
Ecco come tradurrei io:

"Domande relative a che cosa decide se il fotone passerà o no, e come
fa a cambiare la sua polarizzazione nel caso in cui passa, non possono
essere investigate con un esperimento e vanno considerate estranee al
dominio della scienza."

Lascio a chi legge scoprire le sottili differenze :-)
Ma il punto centrale è un altro.
Perché Dirac dice che "non possono essere investigate con un
esperimento"?
Questa è una questione fattuale, non di principio.

Il fatto è questo: per quanto ne sappiamo, i fotoni che entrano (data
energia, data polarizzazione) *sono tutti identici* (sono nello stesso
stato).
Quindi non c'è niente nello stato iniziale che spieghi il diverso
comportamento di singoli fotoni.
D'altra parte, lo stato iniziale è la sola variabile sotto il nostro
controllo sperimentale. A parte quella, allo sperimntatore non possiamo
chiedere altro.

Adesso, ossia 70 anni dopo, possiamo aggiungere qualcosa (e questo
dovrebbe rispondere alla domanda finale dell'OP).

Già allora si poteva proporre un'ipotesi: forse non è vero che i fotoni
entranti sono tutti nello stesso stato.
Forse c'è qualche parametro, qualche informazione, che ci sfugge e che
differenzia un fotone dall'altro.
Se due fotoni differissero per queste "variabili nascoste", si
spiegherebbe perché si comportano in modo diverso.
I tentativi fatti in questa direzione non portarono risultati, e nel
1964 Bell dimostrò che una teoria con variabili nascoste di un certo
tipo (realismo locale) deve soddisfare una certa disuguaglianza.

Ci sono stati moltissimi sviluppi, teorici e sperimentali, che mi
guardo bene dal tentare di riassumere (anche per miei limiti).
La discussione è ancora aperta, anche se credo che una piccola
frazione dei fisici se ne interessi.
Se si facesse un sondaggio penso che alla domanda dell'OP (riformulata
come ho cercato di spiegare) la risposta sarebbe ancora quella di
Dirac.
                                                            
                                                 
-- 
Elio Fabri
Received on Fri May 19 2017 - 15:05:24 CEST

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