Re: Un fenomeno...

From: Tommaso Russo, Trieste <trusso_at_tin.it>
Date: Mon, 08 Mar 2010 00:18:31 +0100

marcofuics ha scritto:
> On Mar 4, 1:25 am, "Tommaso Russo, Trieste" <tru..._at_tin.it> wrote:

> Non so ma e' come se percepissi una sorta di acidita' nelle tue
> parole, mah....

Per carita', non ne avevo la minima intenzione. Semplicemente cercavo di
capire da dove nascesse l'equivoco, visto che quello che scrivevi non
aveva nulla a che vedere con quello che avevo scritto io. Per esempio:

>> marcofuics ha scritto:
>>> Per te la "casualita'" dei fenomeni <<a venire>> si deve ad una
>>> incompleta conoscenza "del fenomeno in se'" oppure delle regole
>>> (diciamo le relazioni di causa-effetto) che legano tra di loro gli
>>> eventi?
>> Non credo di aver capito la domanda.
>> Prima di tutto: hai scritto casualita' pensando caUSalita'? (Non che mi
>> chiarisca molto, ma mi sembra piu' appropriato).
> No no, volevo proprio scrivere quello che ho scritto.
> Secondo te cosa significa <<casuale>>? Che cosa comporta e da cosa si
> origina questa <<casualita'>>

Ma io non avevo minimamente accennato ai problemi del "veramente
casuale", che penso anzi in questa discussione facciano bene a restar
fuori; ho parlato invece di "fenomeni noti" e di "fenomeni (ancora)
ignoti". Avevo piuttosto dato un'idea embrionale di come si genera nella
mente *pre*scientifica (umana ma anche animale) il concetto di
causalita', scrivendo: "Le teorie scientifiche sono ipotesi (...) che
stabiliscono relazioni fra fenomeni in modo tale da riuscire a
prevederne alcuni una volta noti altri".

(E nota bene che non sto mettendo alcun limite verso il basso a quanto
si possa dire "teoria scientifica", ne' tantomeno ne chiedo una
formalizzazione: secondo la definizione sopradetta, un riflesso
condizionato *e'* una teoria scientifica).

>> L'accezione comune per "evento" e' "qualcosa che accade".
> Intendevo comune ai fisici.... evento.
...
> Se dici che <<evento>> e' qualche cosa che accade non mi stai dicendo
> niente.

Ok, evitero' di indurre questa confusione: lasciamo stare il termine
"evento", impiegato per definire un punto (xyzt) nello spaziotempo. Sto
parlando di "accadimenti", cose che succedono.

>> Cio' che lega l'evento del parlare comune con l'evento nello spaziotempo
>> e' che l'evento del parlare comune avviene in un intorno connesso e
>> ragionevolmente limitato di un evento "li' e in quel momento".
>
> 1) Chi sceglie le dimensioni di quell'intorno ragionevole?
> 2) Chi si occupa di interpretare se quel fenomeno puo'considerarsi
> finito in se' stesso oppure parte inscindibile di un intorno piu'
> esteso? Sostanzialmente voglio dire che nella definizione che ne dai
> del fenomeno ci sta molta arbitrarieta'
...
>> che merita la nostra attenzione.
> Merita !!!! E' come dire che gia' sai quello che non sai!!! :)
> Io studio i fenomeni per capire cosa ci sta dietro... perche'
> evidentemente non lo so. Allora come posso <<discernere>> sulla
> qualita' di quell'evento?? Cioe' dire :
> Questo e' un nevento che merita, quest'altro no?

E' una conoscenza innata. Chi determina se un fenomeno o accadimento e'
interessante per noi (e anche cosa sia e quali limiti abbia) e' la
nostra biologia. Di fronte ad un insieme di percezioni inattese le prime
domande che si pone un essere vivente sono: "posso mangiarlo?", "mi puo'
mangiare?", "e' pericoloso anche se non mi vuole mangiare?", "posso
generarci prole?".


L'equivoco e' chiaro: io stavo affermando che i concetti di "fenomeno"
ed "accadimento" (ma anche di scorrere del tempo" e di "relazione
causale") sono concetti *primitivi* (e prescientifici, e comuni con
altri enimali che non hanno sviluppato un sapere scientifico
formalizzato): tu ne stai cercando una *definizione*.

Ma guarda che non potrai mai definire *tutti* i termini che usi per
assiomatizzare una teoria, ti scontreresti comunque con definizioni
circolari o regressioni all'infinito. Neanche in matematica: alcuni
concetti devono essere dati per primitivi e non possone essere definiti,
tutt'al piu' *descritti*, ipotizzando che il destinatario (che si
suppone li conosca gia') riconosca cio' di cui si sta parlando: "un
insieme contiene degli elementi; questi appartengono a quello (M. Dolcher)".

E' un'ipotesi sempre necessaria alla comunicazione: la condivisione *a
priori* di un universo del discorso.

> Sostanzialmente (se ho vera-mente capito dove vuole andare a parare
> Giovanni Lagnese)

ero curioso anch'io, ma sarebbe meglio lo dicesse lui :-)

> mi vorrei chiedere cosa conosciamo noi degli eventi?
> Cosa e' per noi la
> Casualita' (e quindi, contestualmente) la causalita'?

Cognitivamente per me distano anni luce. Causalita' e' un concetto
primitivo (in quanto utile alla sopravvivenza), casualita' e' un
concetto oltremodo sofisticato: assenza di qualsiasi causalita'
rilevabile. In mezzo ci sta il mare magnum dei fenomeni irrilevanti.

> Ad esempio:
> La ennemilionesima cifra dello sviluppo decimale del Pi Greco, e'
> casuale o no?

Direi proprio di no, ma in un generatore di numeri pseudocasuali userei
senza troppi timori di un responso negativo del test le cifre che la
seguono.

Pero' qui penso non c'entri proprio per nulla.

ciao


-- 
TRu-TS
Conoscenza non e' ricordare le cose,
ma ricordare in che libro cercarle.
Beniamino Placido
Received on Mon Mar 08 2010 - 00:18:31 CET

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