On Mar 8, 12:18�am, "Tommaso Russo, Trieste" <tru..._at_tin.it> wrote:
> E' una conoscenza innata. Chi determina se un fenomeno o accadimento e'
> interessante per noi (e anche cosa sia e quali limiti abbia) e' la
> nostra biologia.
E come mai , la stragrande maggioranza dei fenomeni risulta
interessante per qualcuno, poco per altri, molto per altri ancora etc
etc? Per individui della stessa specie, ma anche per razza, per
cultura, per specie diverse, e via di seguito? Animali diversi
reputano sempre diversamente i fenomeni.
Non solo... spesso anche uno stesso individuo reputa <<interessante>>
oggi quello stesso fenomeno che aveva reputato <<stupido>> tempo fa,
solo perche' in lui sono maturate delle convinzioni, o sono
accresciute delle conoscenze... o semplicemente perche' e' variato
l'ambiente circostante.
E'come se questa tua <<ipotetica>> qualita' , meritevole di attenzione
esista ma in un Olimpo irragiungibile ove viene deciso come e a chi
attribuirla.
> L'equivoco e' chiaro: io stavo affermando che i concetti di "fenomeno"
> ed "accadimento" (ma anche di scorrere del tempo" e di "relazione
> causale") sono concetti *primitivi* (e prescientifici, e comuni con
> altri enimali che non hanno sviluppato un sapere scientifico
> formalizzato): tu ne stai cercando una *definizione*.
Pero' non cerco di definirlo... cerco se <<sia possibile>> definirlo.
E credo che se posso dire che una definizione di <<fenomeno>> in
quanto tale non ha senso... allora non esiste proprio il fenomeno per
come noi "semplicisticamente" lo crediamo.
> Ma guarda che non potrai mai definire *tutti* i termini che usi per
> assiomatizzare una teoria, ti scontreresti comunque con definizioni
> circolari o regressioni all'infinito. Neanche in matematica: alcuni
> concetti devono essere dati per primitivi e non possone essere definiti,
> tutt'al piu' *descritti*, ipotizzando che il destinatario (che si
> suppone li conosca gia') riconosca cio' di cui si sta parlando: "un
> insieme contiene degli elementi; questi appartengono a quello (M. Dolcher)".
Questo e' vero.
> E' un'ipotesi sempre necessaria alla comunicazione: la condivisione *a
> priori* di un universo del discorso.
Anche questo e' vero.
> Cognitivamente per me distano anni luce. Causalita' e' un concetto
> primitivo (in quanto utile alla sopravvivenza), casualita' e' un
> concetto oltremodo sofisticato: assenza di qualsiasi causalita'
> rilevabile. In mezzo ci sta il mare magnum dei fenomeni irrilevanti.
Ma dopotutto dovrai pur concordare con me che cio' che e' casuale non
e' causale, e viceversa.
Anche senza sapere cosa sia, e' chiaro che queste 2 caratteristiche
dividono il mondo in 2:
-)fenomeni che si susseguono... ed a cui posso appiccicare una
sequenza logica di causalita'!
-)fenomeni che si susseguono... ed a cui NON posso appiccicare una
sequenza logica di causalita'!
> > Ad esempio:
> > La ennemilionesima cifra dello sviluppo decimale del Pi Greco, e'
> > casuale o no?
>
> Direi proprio di no
Dici questo per il fatto che la ennemilionesima cifra (anche se
sconosciuta) e' conosciuta dall'algoritmo che la genera? [se cosi'
fosse... da dove scaturisce l'algoritmo? E' frutto della nostra mente
oppure e' qualcosa che trascende la mente ed e' intrinseco al mondo
che ci circonda?]
Oppure lo dici perche' questa cifra fa parte solamente di una
<<particolare>> rappresentazione della realta'; del cosiddetto FATTO
VERO di cui parlava Lagnese, (rapporto assoluto tra circonferenza e
diametro del cerchio) che noi non siamo ne' saremo mai in grado di
<<Conoscere>> tutto per compenetrazione, ma ne conosciamo solo una
parte per ispezione?
Received on Mon Mar 08 2010 - 14:08:47 CET
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