Re: Susskind & Friedman - Meccanica Quantistica - Minimo Teorico - Esercizio 3.1

From: Giorgio Pastore <pastgio_at_units.it>
Date: Wed, 4 Oct 2023 16:03:18 +0200

Il 04/10/23 01:04, Pier Franco Nali ha scritto:
> A pag. 51 del libro di Susskind e Friedman, Meccanica Quantistica (Raffaello Cortina, 2015), viene proposto il seguente esercizio:
> <<Esercizio 3.1
>
> Dimostra che, se uno spazio vettoriale è N-dimensionale, è possibile costruire una base ortonormale di N vettori usando gli autovettori di un operatore hermitiano.>>
> Secondo gli autori si tratta di una dimostrazione “facile”, lasciata al lettore.


> Mi chiedo: in che senso secondo gli autori questa dimostrazione è facile?

....

> Tornando all’esercizio, in realtà, a ben vedere, la soluzione è già nel testo, nella discussione sugli operatori hermitiani e basi ortonormali alle pagg. 49-50-51 (che trovate a questi link: https://ibb.co/RDBh9mM https://ibb.co/p2WzLZd

> https://ibb.co/w07v4zk ). C’è l’ipotesi ‘fisica’ che gli autovettori sono linearmente indipendenti, poiché diversamente non potrebbero rappresentare stati diversi. C’è la dimostrazione che due autovettori di autovalori non degeneri sono ortogonali. Questi autovettori si possono normalizzare, e se non ci sono autovalori degeneri la dimostrazione (una volta generalizzata a N dimensioni) finisce lì. Se invece qualche autovalore degenera si possono trovare autovettori ortogonali in coppie, normalizzare, e via.


> In definitiva forse gli autori intendono che la dimostrazione è facile nel senso che è sufficiente mettere insieme (generalizzando a N) pezzi già dimostrati nel testo.


> Cosa ne pensate di questa mia lettura dell’intento degli autori con questo esercizio e più in generale, se conoscete il libro, dell’approccio da loro adottato per l’insegnamento della MQ.

Possiedo il libro ma non l'ho mai letto tutto (principalmente per
mancanza di tempo). Quindi non mi sento di dare un giudizio globale. La
questione che poni (sulla cotruzione della base ortonormale di
autovettori) direi che è "facile" nel senso che ne dai sopra. Non
dimentichiamo che, una volta che ci limitiamo a dimensione finita, vale
esattamente tutta l'algebra lineare su spazi a dim finita e risultati
come quello in questione sono effettivamente ricostruibili con poco.

Più in generale direi che l'approccio è tipico di Süsskind. Ricordo di
aver visto un video su YouTube che mi aveva colpito moltissimo (in
positivo) perché introduceva le nozioni di analisi complessa che gli
servivano in modo diretto, senza fronzoli e andando all'essenziale. In
questo modo riusciva ad essere estremamente efficiente. Se lo confronto
con l'atteggiamento di diversi docenti di mia conoscenza che richiedono
un paio di corsi propedeutici in cui si sviscerano tutti i dettagli fini
di argomenti "accessori", non posso non ammirare la sintesi di S.
Poi, a volte questo atteggiamento rischia di nascondere qualche problema.

In particolare, mi chiedo quanto l'attuale insistere sulla parte più
algebrica e meno analitica del formalismo degli spazi di Hilbert,
privilegiando quelli a dimensione finita, non porti a ignorare tutta una
serie di questioni, forse complesse, ma secondo me importanti (p.es. la
completezza, l'esistenza di operatori non limitati e quindi non definiti
su tutto lo spazio di Hilbert, etc.).

Giorgio
Received on Wed Oct 04 2023 - 16:03:18 CEST

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