Non prendo "assiomaticamente" libri scritti dagli stringhisti (e suggerisco ai miei studenti di non prenderne) perché ritengo costoro una categoria fuori dal contesto della fisica teorica e dentro il contesto della metafisica. Susskind poi ha fatto rivoltare Landau nella tomba con questa buffonata del "minimo teorico". Susskind sta a Landau in fisica teorica quanto Cicciolina sta a Madre Teresa in verginità....
Ciao a tutti,
Christian Corda
On Wednesday, 4 October 2023 at 08:20:05 UTC+2, Pier Franco Nali wrote:
> A pag. 51 del libro di Susskind e Friedman, Meccanica Quantistica (Raffaello Cortina, 2015), viene proposto il seguente esercizio:
> <<Esercizio 3.1
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> Dimostra che, se uno spazio vettoriale è N-dimensionale, è possibile costruire una base ortonormale di N vettori usando gli autovettori di un operatore hermitiano.>>
> Secondo gli autori si tratta di una dimostrazione “facile”, lasciata al lettore.
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> Mi chiedo: in che senso secondo gli autori questa dimostrazione è facile? Mi spiego meglio. Si trovano in rete diversi svolgimenti di questo esercizio (ne ho contati almeno sei), per la maggior parte non proprio facili, nel senso che fanno uso, in modo più o meno esteso, di risultati dell’algebra lineare, certamente di ordinaria amministrazione per chi conosce questa materia, ma che il libro in questione non presuppone siano nel bagaglio del lettore che si avvicina per la prima volta alla MQ. (Il libro è rivolto a non fisici) Quindi certamente non è facile per il lettore tipo cui si rivolge il libro.
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> Indubbiamente, con l’armamentario dell’algebra lineare la dimostrazione seguirebbe banalmente, ad esempio dal risultato di a.l. che ogni operatore che commuta col proprio aggiunto ammette una base di autovettori o.n. (dato che ciò vale a fortiori per un operatore hermitiano). Ma non credo sia ciò che gli autori intendono. Piuttosto, l’impressione è che il testo di Susskind & Friedman abbia l’ambizione di presentare la meccanica quantistica come qualcosa di “autosufficiente”, e dare al lettore i mezzi per risolvere i problemi indipendentemente dalla conoscenza di un apparato matematico formale ‘esterno’, ricavando i risultati nel momento e nella misura in cui servono. Tanto è vero che nei primi capitoli si introduce l’essenziale di un’algebra dei ket e dei bra, basata su principi e postulati di origine più ‘fisica’ che matematica, senza badare troppo al rigore formale.
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> Tornando all’esercizio, in realtà, a ben vedere, la soluzione è già nel testo, nella discussione sugli operatori hermitiani e basi ortonormali alle pagg. 49-50-51 (che trovate a questi link: https://ibb.co/RDBh9mM https://ibb.co/p2WzLZd
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> https://ibb.co/w07v4zk ). C’è l’ipotesi ‘fisica’ che gli autovettori sono linearmente indipendenti, poiché diversamente non potrebbero rappresentare stati diversi. C’è la dimostrazione che due autovettori di autovalori non degeneri sono ortogonali. Questi autovettori si possono normalizzare, e se non ci sono autovalori degeneri la dimostrazione (una volta generalizzata a N dimensioni) finisce lì. Se invece qualche autovalore degenera si possono trovare autovettori ortogonali in coppie, normalizzare, e via.
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> In definitiva forse gli autori intendono che la dimostrazione è facile nel senso che è sufficiente mettere insieme (generalizzando a N) pezzi già dimostrati nel testo.
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> Cosa ne pensate di questa mia lettura dell’intento degli autori con questo esercizio e più in generale, se conoscete il libro, dell’approccio da loro adottato per l’insegnamento della MQ.
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> Grazie a chi vorrà rispondere.
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> Pier Franco
Received on Thu Oct 05 2023 - 09:24:37 CEST