Re: Due domande sul determinismo di Laplace

From: Omega <omega_at_NOyahoo.it>
Date: Thu, 16 Jan 2014 09:52:11 +0100

multivac85_at_gmail.com
>
> Riflettendo di recente sul "saggio filosofico sulla probabilità" di
> Laplace, mi sono riletto più attentamente il celebre passo che narra
> del celebre ipotesi del Demone onnisciente derivata dalla concezione
> deterministica del Fisico e Matematico francese:

La concezione deterministica, come tu stesso hai osservato,è stata messa
da parte dal un progresso immane della scienza dopo Laplace.
Progresso che ha introdotto il Caso come deus ex machina in biologia e
non solo in biologia, anche senza citare la MQ.
Il Caso.
Entità *indefinibile per definizione* (nota l'ossimoro in cui il Caso
giace per sua natura, dichiarandosi cioè da sé contaddittorio).

Dunque il Caso è un'entità per così dire, metafisica, ancorché
contraddittoria.
E introdotta da personaggi che vedevano e vedono la metafisica come il
fumo negli occhi. Altro paradosso dunque: personaggi che accettano il
Caso come una volta si accettava la cosiddetta "volontà di Dio".

Io, pur sapendo di sollevare le ire di alcuni, sostengo invece che il
determinismo è assoluto e necessario (e che l'irreversibilità di alcuni
fenomeni non c'entra per niente: anche una pallottola in fronte è
irreversibile, ma è indubbiamente "deterministica", se non vado errato :))

Quale è l'ingrediente che Laplace non ha sottolineato specificamente a
suo tempo, ma che invece ritengo ovviamente sottinteso, anche se neanche
lontanamente lo si considera nella nostra scientificissima era?
Considera il passo quotato da te qui sotto:


> "Un'intelligenza che per un dato istante conoscesse tutte le forze da
> cui la natura è anima e la situazione rispettiva degli esseri che la
> compongo, se d'altra parte fosse così vasta da sottoporre questi dati
> all'analisi, abbraccerebbe in un'unica e medesima formula i movimenti
> dei più gradi corpi dell'universo e quelli del più lieve atomo;
> niente sarebbe incerto per essa, e l'avvenire, come il passato,
> sarebbe presente ai suoi occhi".

Laplace dice chiaramente "tutte le forze". Dunque c'è dentro tutto ciò
che esiste in natura, non solo le forze del manuale di fisica.
Bene, la forza fondamentale che si manifesta in natura, ma ovviamente
non misurabile, è quella legata al principio d'identità, vale a dire
all'assoluta autonomia, in termini di esistenza, degli enti - parlo per
ora di quelli elementari tuttora sconosciuti e verosimilmente non
conoscibili se /realmente/ elementari.
Che cosa significa "autonomia"?
Che tali enti esistono come entità passive? Se fossero entità passive
dovremmo innescare un percorso a ritroso all'infinito per (non) trovare
ciò che le muove, o magari per dover introdurre un qualche motore primo
ancor più metafisico del dio Caso.

È dunque necessario che tali enti siano autonomi non solo nel senso del
principio d'identità, ma nel senso di essere *autonomamente attivi*.
Che cosa significa *autonomamente attivi*?
Significa *indipendenza comportamentale* prima ancora di contrattare con
il contesto i propri autonomi comportamenti. (In metafora, come pesci
che nuotano per conto loro ma devono fare i conti con gli altri pesci
dell'oceano.)
Ebbene, il meccanicismo come interpretato dai critici di Laplace era
solo questa attività "contrattuale" di superficie, attività che è invece
solo costituita da /effetti/ di comportamenti autonomi degli enti di cui
sopra.

Detto in modo grezzo ma credo abbastanza chiaro: gli enti in questione
sono dotati per loro natura di "potere decisionale" non solo in termini
di decisione davanti ad alternative ambientali, ma soprattutto in
termini del proporsi come autonomamente attivi nel loro contesto - che è
la loro realtà esistenziale, cioè il loro comportamento necessario
comnnesso al loro stesso esistere per quello che sono.(*)

(*) ciò che ho detto per gli enti elementari vale per ogni ente
esistente che non sia un semplice agglomerato di enti elementari (cioè
di fatto privo di identità).

Bene, se si mette nel conto dell'idea di Laplace anche questa autonomia
attiva degli enti, allora non c'è dubbio: Laplace ha ragione.
E se si tiene conto di tale proprietà degli enti non c'è alcun bisogno
del dio Caso, che finisce per essere una pezza su una realtà che mi
sembra evidente: che sull'autonomia esistenziale e comportamentale degli
enti elementari non si può e non si potrà mai, evidentemente, fare alcun
conto. Lo potrebbe fare però - attenzione - «Un'intelligenza che per un
dato istante conoscesse tutte le forze da cui la natura è anima e la
situazione rispettiva degli esseri che la compongono ...» Laplace lo ha
detto chiaro, e non alludeva di sicuro a qualche laboratorio di fisica
particolarmente attrezzato.
Intelligere non è misurare, altrimenti Laplace avrebbe usato
'laboratorio' e non 'intelligenza'.

Tale "autonomia comportamentaqle" è per definizione imprevedibile per
una ragione ovvia: appunto per la sua totale autonomia, condizionata sì
dal contesto, ma non generata dal contesto come è idea tanto diffusa
quanto contraddittoria.

Un saluto
Omega
Received on Thu Jan 16 2014 - 09:52:11 CET

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