Re: quesito su forza di Lorent e relatività

From: Tetis <713d18ed-607d-481b-9e57-53f3683a681c_at_googlegroups.com>
Date: Tue, 21 Jan 2014 19:20:18 +0100

cdalcin_at_libero.it scriveva il 20/01/2014 :
>>> Tetis ha scritto:
>>
>
>> Piuttosto ti chiedo dove avrei scritto le cose che mi attribuisci qua
>> sopra.
>
> Scusami, evidentemente ho sbagliato qualcosa col copia e incolla.

Sì, nel frattempo avevo visto che stavi rispondendo proprio a Tommaso
Russo.

>> Le informazioni differenziali non bastano, come ti ha spiegato Tommaso
>> Russo, che mi pare hai calcolato poco, ...
>
>
> in effetti sto cercando di capire quello che avete scritto, ma mi ci vorrà un
> po' di tempo, a scuola abbiamo studiato le eq di Maxwell in forma integrale.
> Guardando in rete in questi giorni ho visto le eq in forma differenziale, ho
> visto le formule che definiscono rot, div e grad.

Ok. Chiaro. C'è da fare un piccolo sforzo di traduzione nel linguaggio
delle equazioni in forma integrale. L'idea è semplice però, quello che
ti dice l'equazione di Faraday, cioè che la circuitazione del campo
elettrico è proporzionale alla variazione di flusso del campo magnetico
all'interno del circuito considerato ti permette solamente di calcolare
delle differenze di campo elettrico. Quello che dicevo io si traduce
così: se consideri un circuitino in una regione circoscritta,
all'interno del magnete, in cui il campo magnetico è pressoché costante
per tutto il tempo considerato, allora in quella regione circoscritta
puoi considerare nullo l'effetto delle forze di Lorentz perché il
circuito è fermo, inoltre il campo elettrico si comporta come se fosse
pressoché conservativo. Il problema, ma sarebbe meglio dire la buona
notizia (è una buona notizia dal punto di vista della coerenza teorica
dell'insieme), è che se consideri un magnete reale, con estensione
finita, e consideri un circuito fermo nel tuo riferimento inerziale a
cavallo fra la regione interna e la regione esterna al magnete, avrai
necessariamente una variazione di flusso magnetico che induce una forza
elettromotrice, questa forza elettromotrice non essendo dovuta alla
forza di Lorentz si interpreta come dovuta necessariamente all'azione
di un campo elettrico che ha circuitazione non nulla. In questo caso,
quindi, il campo elettrico non è conservativo. Nella fattispecie il
campo elettrico sarà nullo a grande distanza dal magnete, ne consegue
che la sua insorgenza all'interno del magnete può essere spiegata in
prima istanza in termini della variazione del campo magnetico dovuta al
moto del magnete.

Come dicevo, però la teoria è coerente, e lo è in maggior misura di
quel che ho scritto fin qua. Se infatti si considera oltre
all'equazione di Faraday anche l'equazione di Ampére, che dice che la
circuitazione della forza magnetica H lungo un circuito è uguale alla
somma del flusso della corrente attraverso il circuito e della
variazione del flusso del campo di induzione elettrica, si può
ricollegare la presenza di un campo elettrico all'interno del vuoto fra
le due facce del magnete, all'azione di un campo di polarizzazione
interno al magnete. Questo aspetto è il meno banale della questione,
perché di norma si considerano le equazioni di Maxwell nel vuoto, e la
distinzione fra il concetto di campo elettrico E e campo di induzione
elettrica D, nonché fra campo di induzione magnetica B e campo di forza
magnetica H è un poco trascurato, tuttavia possiamo fare a meno di
questa distinzione se pensiamo al modello microscopico di Ampére. Il
punto chiave è che il campo magnetico fra le due espansioni libere del
magnete può essere pensato dovuto all'azione di una corrente elettrica
sul bordo del magnete, infatti se si immagina di sostiturire il magnete
con un solenoide si ottiene nuovamente il campo magnetico fra le due
interfacce, il fatto che compaia un campo elettrico per effetto
dell'equazione di Faraday richiede adesso una spiegazione nuova, che
non è facile da ottenere nel contesto della fisica galileiana. Fu
questo problema infatti a spingere Lorentz a proporre per la prima
volta quelle leggi di trasformazione che oggi portano ancora il suo
nome e che furono ricomprese in termini fondamentali da Einstein.
Qual'è la novità, allora? La novità consiste nell'assumere che per
effetto del cambiamento di sistema di riferimento alla corrente di
Ampére, che genera il campo magnetico, non possiamo fare a meno,
pensandola in moto, di associare una carica elettrica, più precisamente
si determina una distribuzione di cariche elettriche che globalmente
deve essere nulla (per via della legge di Gauss) si tratta allora di
una distribuzione di polarizzazione, in altri termini alla
magnetizzazione in moto risulta associata una polarizzazione, è questo
stato di polarizzazione, che dobbiamo assumere nella descrizione degli
effetti del magnete in movimento nel laboratorio, il responsabile del
campo elettrico. In termini avanzati la questione si può spiegare in
due modi che sono uno duale dell'altro: se introduciamo le leggi di
trasformazione dei campi elettrici e magnetici in modo coerente con le
previsioni delle leggi di Maxwell in forma integrale ne deduciamo le
leggi di trasformazione delle correnti e delle cariche, viceversa, se
assumiamo il punto di vista di Einstein che le leggi di trasformazione
di Lorentz abbiano una realtà fisica possiamo dedurre la comparsa di
una carica associata al diverso fattore di contrazione per il sistema
di cariche in quiete ed in moto attraverso un conduttore, e da questo
dedurre le leggi di trasformazione dei campi elettrici e magnetici. Su
wikipedia trovi assunto questo secondo punto di vista, mentre Lorentz,
quando introdusse le sue leggi di trasformazione per i campi ne era
ignaro.


 Se guardi le cose dal punto di vista di un sistema di riferimento
solidale con il magnete, cosa succede? Il circuito si muove nel campo
magnetico costante, ed il flusso interno al circuito varia, la forza
elettromotrice indotta su un filo solidale con il circuito non è però,
in questo caso, dovuta ad un campo elettrico, ma è dovuta alla forza
di Lorentz che agisce sulle cariche di conduzione del filo. Come vedi,
nei due sistemi i fenomeni fisici sono i medesimi, ma la loro
descrizione in termini di campi, cariche e correnti è differente.

>> ti occorrono anche le condizioni
>> al bordo. Se del campo conosci la divergenza div(E) = rho(x,t) ed il
>> rotore rot(E) = -dB(x,t)/dt ma non il comportamento all'infinito non
>> puoi risolvere il problema di Cauchy associato...
>
>
> Non so cos'e' il problema di Cauchy associato, ma credo di aver capito il
> succo del discorso, dato che so che le eq. diff. si risolvono a meno di una o
> più costanti, per determinare le quali occorrono delle informazioni ''al
> bordo''.

Esattamente. Il problema di Cauchy associato ad un sistema di equazione
differenziale consiste precisamente nella posizione del seguente
problema:

è dato un sistema di equazioni differenziali, spaziali
è dato un sistema di condizioni al bordo (nel caso di equazioni alle
derivate parziali) che specificano il valore dei campi e delle derivate
necessarie su una superficie, determinare i campi.

esiste un teorema generale che specifica quali sono le condizioni
minime da assegnare perché il problema ammetta soluzione univoca. In
altri termini questo teorema specifica quali condizioni al bordo
occorre imporre per fissare le costanti arbitarie di integrazione.


> Grazie, Ciao.
>
> Carlo

Ciao, Gianmarco.
Received on Tue Jan 21 2014 - 19:20:18 CET

This archive was generated by hypermail 2.3.0 : Fri Nov 08 2024 - 05:10:01 CET