Giorgio Pastore
> Omega
>> Giorgio Pastore
>>> Omega ... Dissento su tutta la linea. Insegnamento e' una cosa,
>>> divulgazione e' un' altra.[...]
>>
>> Ti ho risposto su it.scienza.divulgazione per non turbare lo
>> spirito di questo gruppo. Lì ci sono anche alcuni miei vecchi
>> articoli, che però sulle news di fastweb non vedo. Si vedono però
>> su google gruppi, e probabilmente su altri server news più seri di
>> fastweb.
>
> Io, da server tin vedo solo 4 messaggi, tutti e 4 tuoi e il penultimo
> risale a 6 mesi fa.
Il server Tin è fra i più tirchi, proprio come fastweb (che però ne
mostra 6). Ho già detto: vai a vedere su google se davvero sei
interessato al problema. Il mio primo articolo sul tema è lì.
> A questo punto diventa uno quasi uno scambio privato.
Non per colpa mia evidentemente. Non darmi anche le colpe di Tin, oltre
a tutte le altre che hai cortesemente sciorinato qui.
> Ma oprattutto, nella tua risposta hai infilato delle affermazioni che
> non sono esclusivamente pertinenti la divulgazione ma piu' in
> generale la ricerca e quindi preferisco rispondere qui.
Difficile separarle. Divulgare che cosa, se non l'oggetto di qualche
ricerca? E non solo di quelle concluse e date per verità acquisite, ma
proprio anche di quelle in corso, che avranno sicuramente una ricaduta
su tutti - interessati o no a saperne qualcosa.
> On 2/6/14 11:06 PM, Omega wrote su it.scienza.divulgazione: ...
>> A parte il fatto che 'divulgare' non va interpretato come concedere
>> al volgo dall'alto (come qualcuno ancora crede),
>
> Fai un' etimologia maliziosa e rispondi a qualcun altro, visto che
> non ho scritto nulla del genere. Ma si sa che la retorica richiede i
> suoi pedaggi.
Non hai letto il primo articolo in materia. Perciò ti avevo rinviato a
google, che è disponibile per tutti e ha ben altro archivio che Tin.
>> ma va capito come diffusione della conoscenza a chi ha il diritto
>> di riceverla,(*) in sostanza stai dicendo che la differenza fra
>> divulgare e insegnare sta nella responsabilità.
>
> Di nuovo rispondi a qualcosa che non ho scritto. Io non ho messo da
> nessuna parte la parola responsabilita'.
Ma lo hai fatto intendere. Il che rientra ancora nel concetto
"aristocratico", cioè sostanzialmente spregiativo, di divulgazione.
> Ho fatto un discorso legato al peso relativo di conoscenze e
> competenze.
E io a questo riguardo ti ho riferito come l'Unione Europea infila fra
questi due termini quello di 'skill' o abilità, senza la quale le
conoscenze sono solo carta e alla competenza non si arriva di sicuro.
Insomma ho criticato l'associare immediatamente conoscenza e competenza,
che è un fraintendimento tipico della nostra cultura sulla formazione.
Io ho creduto ingenumente che parlando di competenza tu ti riferissi
alla responsabilità, perché è così che l'Unione intende la competenza.
Del resto, 'competenza' che non implichi immediatamente la
responsabilità personale su ciò che si dice e si fa in una certa
professione, è una parola senza senso.
> Sul ruolo degli esercizi non cerco neanche di rispondere. E' un
> discorso molto lungo e articolato e non si puo' liquidare con poche
> frasi fatte.
È chiaro che è un discorso lungo e articolato. E nessuno ti ha chiesto
frasi fatte. Dovresti invece dire a quali condizioni, in quali contesti
e quali esercizi sono realmente utili. Devi cioè parlare di metodo.
> ...
>> La differenza sostanziale, in favore della divulgazione come io la
>> intendo, è che apprendere per un adulto è una scelta e non un
>> obbligo: non serve per ripetere la lezione o per un voto, ma serve
>> per il suo pensiero, per la sua vita.
>
> E quindi secondo te la divulgazione serve solo per gli adulti. Mah!
Ti sembra che io abbia detto questo?
Oppure ti contraddici e sostieni che anche l'infanzia e l'adolescenza
devono fruire della divulgazione??? Per sentire le stesse cose che
sentono a scuola, dato che, ripeto, ai ragazzini non si sottopongono di
sicuro sistemi di equazioni ma sintesi che sono le stesse della
divulgazione, se è seria come dovrebbe???
Certo che la divulgazione è utile agli adulti, non solo in termini di
continuing education, ma anche nei termini di mantenerli informati di
ciò che accade nel mondo e in particolare nel loro paese su argomenti su
cui gli adulti stessi pur non essendo professionisti possono capire (del
resto se fossero professionisti a che servirebbe la divulgazione? E
possono essere professionisti in tutto?) e su cui possono prendere una
posizione politica, se non avevi capito il concetto.
Come diavolo fa chi deve votare - magari in un referendum - a prendere
posizione se non sa di che cosa si parla non essendo un professionista
del settore? Dimentichiamo forse la questione/farsa del nucleare? E se
un politico propone un certo orientamento della ricerca che potrebbe
essere utile per il paese - ossia essere coerente con una politica
industriale (che poi significa occupazione ecc.) - come diavolo fa a
farsi un'idea l'elettore che non è stato informato non solo su quella
ricerca, ma anche sulle alternative possibili?
Tu parli più sotto di "background": dunque con quale background possono
prendere posizione politica i cittadini che non sono stati seriamente
informati? Me lo spieghi?
Ecco perché la divulgazione è ***necessaria*** e non una gentile
concessione dell'accademia a chi paga le tasse solo perché paga le
tasse. Ma che hai capito o voluto capire?
Ed essendo necessaria la divulgazione deve essere di qualità, ossia
anche strutturata secondo l'articolo che non ti sei degnato di leggere.
>> Perciò insisto che la divulgazione dovrebbe essere presa molto sul
>> serio, invece di essere snobbata da chi insegna per professione.
>
> Continui a confondere non solo insegnamento e divulgazione ma anche
> ricerca e insegnamento. Non coincidono in generale. La divulgazione
> la puo' fare anche un ricercatore di un laboratorio privato che non
> ha la minima idea su come si fa a insegnare.
Sbagliato: se non sai insegnare, allora non sai divulgare nel senso di
cui ho detto. Sei tu a confondere ancora la divulgazione con qualcosa di
poco serio, qualitativamente pubblicitario. E questo è l'atteggiamento
decisamente snob dell'accademia che io critico.
> Mi sembrano ovvieta' ma tu tendi a mettere tutto insieme sulla base
> di non so che esperienza.
Sono ovvietà solo in un'interpretazione snob della divulgazione.
> ...
>> (*) Chi ne ha il diritto? Presto detto: chi, dando una fetta del
>> suo reddito allo stato, cioè pagando le tasse, mantiene la ricerca.
>> Poi uno può scegliere di non fruire delle conoscenze rese
>> disponibili ai vari livelli, ma gli devono essere disponibili.
>
> Ecco, questo e' il piu' mistificante dei discorsi che si possono fare
> sull' argomento. Non ho nessuna speranza di convincerti ma intervengo
> perche' in tempi di populismo neanche troppo strisciante e' un
> discorso che ho gia' sentito fare.
Ah, è populismo pensare che pagando le tasse si ha il diritto di sapere
che cosa si fa nell'amministrazione dello stato, di cui fa parte la
ricerca nelle università pubbliche?
Ti rendi conto che i cittadini vanno a votare su chiacchiere "politiche"
e non sulla conoscenza di ciò che in realtà accade nell'amministrazione
dello stato? E la ricerca è un'attività fondamentale - anche e
soprattutto sul piano etico - nell'ambito dell'amministrazione.
Poi tu magari fai tanto d'occhi quando in televisione ti dicono che in
questa o quell'altra branca dell'amministrazione c'è tanta corruzione da
far invidia all'acido muriatico! Ma intanto neghi tassativamente il
dovere di trasparenza della ricerca che si effettua nelle istituzioni
pubbliche!
Sai che cosa significa 'trasparenza'?
Ecco quale è il dovere della divulgazione se non lo avevi ancora capito
e non ti fossi sterilmente esercitato in snobismi accademici e in
inutili ironie ad personam.
> Giusto per iniziare con una battuta: allora siccome io pago il
> biglietto ferroviario, trenitalia o ntv dovrebbero organizzare dei
> seminari per spiegarmi quello che fanno ? No grazie. Preferisco che i
> treni funzionino e a costi non eccessivi.
Ma come è possibile secondo te un simile risultato? Accusi me di
populismo e poi ci fai discorsi da scioperanti sulle banchine di
trenitalia??? Stai dicendo: chissenefrega purché funzioni e mi costi
poco??? Ma è da cittadini questo, o da ragazzini viziati?
Che cosa si sta facendo come struttura generale dei trasporti in Italia,
e in particolare come trasporti su rotaia? Quali sono i vincoli, le
necessità oggettive, gli investimenti possibili, i costi. Che cosa di
concreto è possibile nella situazione oggettiva e con le risorse
disponibili?
Ehi! Sono queste le cose che i cittadini devono sapere, invece di
pretendere la luna senza voler neanche sapere quanto costa un razzo per
arrivarci!
Il cittadino o è responsabile o non è affatto cittadino ma suddito.
Ed è responsabile se sa quello che fa, cioè se è correttamente
***informato*** da chi le cose, nei vari settori, le sa di prima mano
(questa è divulgazione, mica la pubblicità del mentadent!)
Chiaro il concetto adesso? Parlo di trasparenza e di informazione, senza
nascondersi dietro ottocentesche definizioni di 'divulgazione'.
> Il senso della battuta e' che la divulgazione e' un' utile *ricaduta*
> della ricerca ma non e' il fine della ricerca.
Devi essere un ricercatore, infatti hai scoperto l'acqua calda :))
> E neanche il metro per giudicarne la bonta'.
Su questo sarei più cauto. Cattiva divulgazione - oggi non nell'800
della scienza aristocratica - è cattiva informazione.
Hai forse dimenticato il significato e il peso dell'informazione oggi?
> Se il tax-payer non ha le conoscenze per capire il significato di
> una certa ricerca e' follia pura pensare che i ricercatori coinvolti
> debbano *direttamente* rendere accessibile al tax-payer Omega, che
> capisce poco di fisica liceale,
... e magari ha superato gli esami di fisica che hai superato tu, ma con
spirito critico ...
> la spiegazione di quanto vanno facendo, a livello Omega. Puo'
> benissimo funzionare un sistema a piu' livelli in cui la
> divulgazione a Omega-livello la fa qualcuno che ha maggiori capacita'
> per rapportarsi con i punti di partenza di Omega.
Il livello Omega, se proprio vuoi insistere inopportunamente su questi
snobismi, è il livello di chi vuol sapere che cosa accade là dove il
cittadino deve essere informato per sapere come indirizzare la politica
con il proprio voto.
E se vuoi sapere come si può costruire una struttura della divulgazione
senza oberare i poveri ricercatori, prova a pensarci. Si tratta di avere
un po' di senso dell'organizzazione (organizzazione mentale che uno
scienziato deve avere). Nell'articolo che non hai letto e nei suoi link
lo avevo spiegato, con riferimento procedimenti ben noti.
> Ma in nessun caso un Paese sano lascerebbe la decisione su che
> ricerche finanziare in Fisica a Omega.
Se 'Omega' è sinonimo di cittadino e non di suddito, allora la tua
dichiarazione è peggio che snob. Ragionano così gli stati totalitari. Ti
comunico che adesso siamo in democrazia, e che nella democrazia italiana
ci sono oltre 60 milioni di Omega di cui una cinquantina di milioni con
diritto di voto.
E se non sono loro - opportunamnente informati - a effettuare la scelta,
chi ha il diritto di farlo? Qualche migliaio di accademici neanche tutti
d'accordo e neanche tutti esperti nelle stesse discipline? Altro che
Repubblica platonica! Almeno quelli erano tutti filosofi, qui fisici,
chimici, medici, economisti, ingegneri ecc. ecc. e magari anche
musicisti, e tu mettile tutte d'accordo queste accademie!
> Cose del genere si sono viste in passato solo in paesi in cui l'
> ideologia ha oscurato per anni la ragione (p.es. la Cina di Mao all'
> epoca della Rivluzione Culturale).
Sbagli malamente (in buona fede?): confondi grossolanamente democrazia
con populismo, e divulgazione con concessione dall'alto di qualcosa di
"riservato" agli addetti ai lavori.
Nossignore, in democrazia nessuno manda gli accademici a zappare i
campi, ma il cittadino pretende da loro la massima ***trasparenza***.
Tu credi che quando la scienza va a chiedere soldi nelle piazze per le
sue ricerche, offrendo fiori e cose simili, non si senta tenuta a dire
perché chiede quei soldi? Ti sembra populismo quello dell'Airc che
chiede soldi per la ricerca sul cancro, e perciò dice ai cittadini che
cosa sta facendo? Non lo dice in termini strettamente tecnici, ma lo
dice in modo chiaro.
A me sembra che questa tua presa di posizione manifesti il timore che la
trasparenza mostri quello che sta dietro, e che dietro non ci sia gran
che rispetto ai costi.
> Nessuno dei Paesi con cui ci confrontiamo (e men che meno le
> industrie private che investono nella ricerca) operano in questo
> modo.
Le industrie private hanno il diritto della riservatezza per ovvie
ragioni di concorrenza (comunque i brevetti sono già una protezione).
L'università pubblica non ha affatto questa giustificazione.
Quindi non mettiamo privato e pubblico sullo stesso piano, che è sbagliato.
> Ma, di nuovo, qui stiamo parlando di divulgazione. L' insegnamento e'
> un' altra storia.
>
>> E per rispondere alla tua prevista lagnanza per la mancanza di
>> finanziamenti, sei certo che non dipenda dalla mancanza di
>> risultati utili? Io, come al solito, ne sono certo - e lo so per
>> esperienza di decenni qui da noi e altrove.
>
> ROTFL Esprienza dove ?
Industrie pubbliche e private, con tanto di tentativi di collaborazione
con l'università. Se ti bastano GE, privatissima, e Alenia, un po'
ambigua ma sostanzialmente pubblica. Ti bastano? Fammi sapere se non ti
bastano.
>> Tu prova a brevettare un nuovo tipo di batteria per trazione, con
>> capacità doppia delle attuali, con costo inferiore e durata
>> maggiore, e vedrai se non verrai sommerso dai finanziamenti
>> (persino la fiat tornerebbe in Italia). Finché si produce solo
>> carta, di finanziamenti non se ne ricevono di sicuro.
>
> A si? Ma tu sai quanti brevetti produce l' industria italiana in un
> anno ? (industria, non universita')
Pochi e poco significativi, altrimenti sarebbe competitiva, e non lo è
fino a prova contraria, sennò non parleremmo di crisi.
> E sai quanti ne produce quella tedesca ?
Quanti ne bastano per essere la locomotiva dell'economia europea.
Non è questione di numero di brevetti intesi come carta, ma di loro
efficacia concreta in termini di qualità e di costi dei prodotti.
> E hai idea di quanti siano i finanziamenti alla ricerca dell'
> industria italiana ?
Saranno proporzionati ai risultati concreti utili all'economia del
paese. Quindi temo molto pochi. Altrimenti per la ricerca in medicina
non si andrebbe mendicando per le piazze.
Leggevo la scorsa settimana una dichiarazione di Tor Vergata rispetto a
nuovi materiali (molto economici), usciti da una sua ricerca, per i
pannelli solari: in nessuna parte dell'articolo si parlava di vantaggi
in termini di efficienza, a fronte del risparmio. Che era la prima cosa
da dichiarare. Allora che credito dài a una simile dichiarazione quando
le ricerche del mondo intero sono orientate all'efficienza (il Mit
dichiara l'80% di rendimento nelle sue recenti esperienze)?
> Come dicono gli inglesi ? You get what you pay. E questo per restare
> al "terra-terra" comprensible anche per gli "onniscienti" consulenti
> delle aziende italiane.
Quello degli inglesi che citi è solo un discorso da bottegai: ottieni
per quello che paghi.
No, nell'industria non è affatto così: prima dài i risultati e poi
ottieni i riconoscimenti e i finanziamenti. Come diavolo faccio a
fidarmi di te e a metterti nelle mani dei milioni per le tue ricerche se
non mi mostri dei risultati che mi dicono quanto vali? Non solo: se non
mi mostri anche con dati e programmazioni precise, quali sono gli
obiettivi, allora non ti dò neanche un centesimo. Altro che "you get
what you pay (for)"!
E nelle università private Usa (tipo il citato Mit) è esattamente così,
ma si stanno adeguando anche quelle pubbliche.
> A livello decisamente superiore ci sarebbe poi il discorso sulla
> gerarchia tra livelli di ricerca diversi. Per cui, in paesi sani, e'
> proprio l' humus della ricerca di base (quella che non porta a
> brevetti in modo diretta) che permette di far decollare ricerche
> industriali competititive e di diretta applicabilita'.
In paesi sani esiste una struttura in questo senso, decisa dalla
politica, a partire dalla politica industriale - che traina perché
riguarda direttamente il Pil.
Con ciò voglio dire che senza un orientamento politico la "ricerca di
base" è fuori di ogni controllo, e se produce solo carta oppure dei
riferimenti per la ricerca applicata chi diavolo lo controlla?
Forse un'amministrazione dello stato che così distante dai cittadini non
è mai stata? Bene: questa distanza non esisterebbe se i cittadini
fossero adeguatamente informati. E se non si è ancora capito sto ancora
parlando di divulgazione, ma non nel senso snob come tu mostri di
intenderla. Nel senso di doverosa, trasparente informazione.
> Non me lo sogno io. Me l' hanno insegnato persone che lavoravano per
> aziendine come Corning Glass, Eriksson, IBM, Infineon, e altre
> multinazionali che "fanno" ricerca.
Io non so queste cose per interposta persona ma di prima mano. Non c'è
multinazionale che non si comporti come ho descritto sopra: prima mi
dimostri che cosa vali - e non con la carta ma con i risultati, - dopo
ti finanzio (neanche ti assumo se non hai da mostrare concreti risultati).
Non dirmi che esistono multinazionali che prima ti danno i finanziamenti
e dopo vengono a vedere quanto vali. Questa è roba da stato italiano,
non da multinazionali. Non scherziamo, per favore.
>> .... Perché le imprese non trovano vera formazione - cioè
>> formazione di una struttura mentale, la sintesi delle tre
>> dimensioni di cui sopra - ma solo molta informazione alquanto
>> disorganica. Perciò le imprese non possono elevare i loro standard,
>> il che vuol dire non riuscire a competere con paesi che il concetto
>> di formazione lo prendono sul serio: dai dati, in Europa, solo la
>> Germania, e si vede.
>
> Che devo dirti ? I miei colleghi tedeschi continuano a chiedermi
> quando gli mandero' il prossimo laureato che accoglieranno a braccia
> aperte (e con paghe decenti). Sara' che stravedono per il Paese dei
> Mandolini e non si accorgono del basso livello della nostra
> formazione. Omega dixit.
Allora tu che cosa fai qui? :)
I signori tedeschi stai tranquillo che non prenderanno un laureato
qualunque. E sai come sono le braccia aperte dei tedeschi? Sono tali che
o ti adegui ai loro standard o puoi tornare a fare il superlaureato
disoccupato in Italia. Per Alenia ho avuto a che fare con l'industria
tedesca della difesa, quindi so bene chi sono quei signori. Il loro
abbraccio ti stritola :)
E smettila di fare il di più con dell'ironia su Omega ma informati
presso le imprese e i loro selezionatori su come stanno le cose. E
informati su quanti laureati e diplomati sono a spasso o sono precari o
svolgono attività non conformi ai loro studi (non parlo di proposito di
formazione, che è altra cosa dall'istruzione, come sottolinea la stessa UE).
Non è questione di prendere i migliori e metterli in vetrina, soggetti
che sarebbero comunque i migliori solo perché hanno del talento (come
diceva Feynman) ma si tratta di una questione di "humus" - parola tua -
in un paese che non riesce a essere competitivo proprio perché non trova
personale adeguatamente formato.
Mi sembra che tu viva in un altro mondo (accademico evidentemente),
perché la stessa Unione Europea si pone il problema dei livelli di
formazione e dei metodi di valutazione, su cui i paesi membri (tranne la
Germania guardacaso) hanno idee poche ma oscure, gelosamente aggrappati
a tradizioni didattico/formative ottocentesche.
E anche su questo non parlo per interposta persona, essendo stato
coinvolto, mio malgrado, in comitati UE che si occupavano di questi
problemi.
>> La crisi, in Europa, sta precisamente nell'incapacità crescente di
>> produrre ricchezza, cioè di competere. Gli sproloqui sulla finanza
>> e sulle banche servono solo a giustificare salassi fiscali, ma la
>> finanza al collasso e le banche che boccheggiano sono solo un
>> effetto, non una causa della crisi.
>
> Cioe' tu dici che abbiamo regalato soldi alle banche, per salvarle da
> un tracollo che non esisteva ? Interessante.
Non ho detto niente di simile. Ma leggi quello che scrivo?
Ho parlato di competizione. Se il paese non è in grado di competere
ormai neppure col Burundi, e importa tutta la tecnologia di qualche
livello (v. informatica, elettronica, elettricità, ottica)dove diavolo
va a pescare le risorse finanziarie lo stato e le banche?
Il problema delle nostre aziende è il marxiano valore aggiunto, che
ormai hanno solo le industrie della moda. Senza valore aggiunto - che
viene dall'intelligenza e dalla formazione - non si fa finanza, se non
di nuovo solo di carta (cartamoneta).
È certo comunque che i 7 miliardi e mezzo dati alle banche nei giorni
scorsi non serviranno per lo sviluppo (neanche un'impresa riceverà
prestiti),(*) ma solo per ricapitalizzare la banche, in sostanza non per
assicurare i sempre più magri conti correnti, ma per far acquistare
dalle banche fette di debito pubblico e non farlo andare all'estero,
cioè ricapitalizzarle col debito pubblico. Credo che questo sia molto
chiaro.
(*) nota anche che sempre meno imprese chiedono prestiti, ma proprio per
le ragioni di cui sopra: per competere con i cinesi su prodotti il cui
valore aggiunto è ormai quasi nullo?
>> Che sta appunto nel manico: nell'incapacità di generare ricchezza e
>> competere per carenza di formazione.
>
> Vero.
Oh bella, forse ti stai contraddicendo? :)
> Ma dipende dai settori. Statisticamente vero perche' abbamo meta' dei
> laureati per abitante dei paesi del' Europa del Nord.
Non è questione di quantità ma di qualità. Quando le università già
devono abbassare gli standard per poter ricevere i diplomati nostrani (e
ca..o non dirmi che non è vero che qui a Milano è una lagna ricorrente
delle università scientifiche, mentre, come in gran parte del paese, le
università non scientifiche scoppiano), evidentemente il problema non è
la quantità se non come conseguenza della qualità.
> Ma lo sviluppo non si fa solo col numero dei laureati.
Appunto !!! Dove diavolo è questo sviluppo nel nostro paese, se non c'è
più neppure un paio di mutande su cui non ci sia scritto 'made in China' ???
Lo sviluppo si fa con lo spirito imprenditoriale, che però ha bisogno di
idee supportate dalla capacità di realizzarle e da capacità
organizzative. Cioè da formazione in senso proprio. Lo spirito d'impresa
è illusione senza personale adeguato all'imprendere.
> Servono molte altre cose e le ricette seplici e soprattutto quelle
> "gratis" non funzionano. Peccato cche a miglio soluzione escogitata
> sia quela di ridurre il numer delle universita'.
Qui si ritorna a un discorso che non ti piace: prima dammi dei
risultati, poi ti finanzio. Se sforni solo persone "istruite" che
nessuno vuole, che facciamo? Ti manteniamo solo perché ti chiami
'università'? O perché i docenti formano solo altri docenti e così via
all'infinito? Per questa via resterebbero nel paese solo scuole e
università, stabili come atomi vicino allo zero assoluto :)
>> E pensare che la conservazione dell'attuale sistema
>> istituzionalizzato dei mezzi pubblici di formazione possa risolvere
>> il problema è pura illusione, una specie di ritardatario socialismo
>> reale. La sua autoreferenzialità, il suo metodo chiuso
>> auto-osannante e auto-gratificante, impermeabile al mondo di fuori,
>> non può che affossarla del tutto, la formazione.
>
> Ma cosa conosci veramente tu ?
Guarda che queste critiche vengono ormai da mezzo mondo, cominciando
dall'Unione Europea. Sai per quanti anni ho selezionato personale per
attività di ricerca applicata, e quanto ho visto degradare non solo il
livello di istruzione (di nuovo non parlo di formazione, che le aziende
si prendono in carico di costruire se vedono almeno che uno è
intelligente), ma anche il livello di comportamento proprio già durante
le selezioni, come se una laurea o un diploma dessero di per sé dei
diritti di ricche assunzioni e di carriere garantite (tipo you get what
you pay for, come hai citato proprio tu).
>> Ma so bene che nessuno, nella scuola e nell'università, è
>> minimamente d'accordo su questo. Figuriamoci i sindacati, che in
>> quel mondo dettano legge - e non amano né incoraggiano di certo
>> l'autocritica.
>
> Sindacati che dettano legge nell' Universita' ? ROTFL e' da anni che
> non leggevo fantascienza cosi' esilarante.
I sindacati non ci sono nell'università? E come stanno allora in piedi
certi dipartimenti che non riescono a riempire le aule? Chi difende i
posti di lavoro per docenti e non docenti nelle università? Chi impedirà
la chiusura di università ormai quasi vuote? Sant'Antonio? Oppure
sceneggiate come quella della Sapienza col papa in visita? Stai dicendo
cioè che è tale la politicizzazione delle università che praticamente
non c'è neanche bisogno del sindacato? Come per la magistratura?
> Ma seriamente, che contatti hai con l' Universita' ? cosa conosci per
> sparare affermazioni gratuite a questi livelli ?
Quello che ho visto quando le imprese vi hanno cercato collaborazioni
per ottenere investimenti. Tempi infiniti, cumuli di condizioni, e
nessuna affidabilità.
>> PS: circa gli esami, tutte le università dicono quello che hai
>> detto tu "non è vero che si dimostra solo di saper ripetere la
>> lezione". Tutti lo dicono, figuriamoci!, e non è affatto buon
>> segno.
>
> Caro Omega, avere presunte certezze non e' una colpa. Non leggere
> quello che scrivono gli altri e non cercare di informarsi invece
> si'. Io ti avevo chieto se avevi conoscenza di come si svolgono gli
> esami, in media, *a Fisica*. Tu mi rispondi con "tutte le
> universita'*.
Esatto, si svolgono a fisica come in tutte le università. O forse stai
dicendo che le università di fisica sono più serie delle altre, di
medicina per esempio, o di ingegneria, ecc.?
Affermalo e soprattutto provalo, e allora potrò anche darti retta in
questo tuo campanilismo accademico.
> Ne terro' conto per il futuro.
Appunto, vai al San Raffaele di Milano o al Politecnico di Torino(*) a
dire che gli esami si fanno seriamente solo a fisica, poi mi fai sapere.
(*) A proposito, con la scomparsa di fatto della fiat, emigrata come FCA
(F...CA secondo Maurizio Crozza) andrà in ancor peggiore sofferenza
anche quel politecnico.
> Giorgio
Saluti
--
Received on Tue Feb 11 2014 - 13:32:55 CET