Re: Nelle lande del tempo

From: Loris Dalla Rosa <loris.dallarosa_at_fastwebnet.it>
Date: Thu, 6 Mar 2014 15:52:00 +0100

"Omega" <omega_at_NOyahoo.it> ha scritto nel messaggio
news:DOIQu.25089$Th2.9973_at_tornado.fastwebnet.it...

> Cito da un libro autorevole:
>
> «... nella teoria classica accettiamo l'assunto che futuro e passato sono
> separati da un intervallo temporale infinitamente breve che noi possiamo
> chiamare il momento presente.»

[Intervengo rivolgendomi sia a te che a Pangloss (in particolare)]

Prima che iniziate a litigare, o dopo che avete gia' iniziato a
litigare...:-)), non sarebbe meglio circostanziare bene questa citazione da
Heisenberg? (Esatto, Pangloss, trattasi proprio di Heisenberg).
Vediamo cosa dice poco prima del passo in questione, dopo aver accennato ai
mutamenti intervenuti dopo l'eliminazione del concetto di "etere" (Per
comodita' di commento spezzo in 4 punti la citazione, che invece e'
continua):

--------------
1) <<Ma il cambiamento decisivo si verificava nella struttura dello spazio e
del tempo. E' molto difficile descrivere questo cambiamento nei termini del
linguaggio comune, senza far uso della matematica, giacche' le parole comuni
«spazio» e «tempo» si riferiscono ad una struttura dello spazio e del tempo
che e' in realta' un'idealizzazione ed una supersemplificazione della
struttura reale.>>

2) <<Ma dobbiamo tuttavia tentare di descrivere la nuova struttura e
possiamo forse farlo nel modo seguente: Quando noi usiamo il termine
«passato» noi comprendiamo tutti quegli eventi che noi potremmo conoscere
almeno in via di principio, dei quali avremmo potuto sentire parlare almeno
in via di principio. In modo analogo comprendiamo col termine «futuro» tutti
quegli eventi che noi potremmo influenzare almeno in via di principio, che
noi potremmo tentare di cambiare o di ostacolare, almeno in via di
principio.

3) <<Non e' facile per uno che non sia fisico vedere perche' questa
definizione dei termini «passato» e «futuro» dovrebbe essere quella piu'
conveniente. Ma e' facile constatare che essa corrisponde con molta
precisione all'uso che facciamo comunemente dei termini. Se usiamo i termini
in questo modo, risulta da molti esperimenti che il contenuto del «futuro» o
del «passato» non dipende dallo stato di moto o da altre proprieta'
dell'osservatore. Questo e' vero sia nella meccanica newtoniana che nella
teoria della relativita' di Einstein.>>

4) <<Ma la differenza e' questa: nella teoria classica accettiamo l'assunto
che futuro e passato sono separati da un intervallo temporale infinitamente
breve che noi possiamo chiamare il momento presente. Nella teoria della
relativita' apprendiamo che la situazione e' diversa: futuro e passato sono
separati da un intervallo finito di tempo la lunghezza del quale dipende
dalla distanza dall'osservatore. Qualsiasi azione puo' propagarsi soltanto
ad una velocita' minore od uguale alla velocita' della luce. Percio' un
osservatore in un dato istante non puo' ne' conoscete ne' influenzare eventi
distand che abbiano luogo tra due tempi caratteristici. Uno di questi tempi
e' l'istante in cui un segnale luminoso viene emesso dal punto in cui
avviene l'evento per raggiungere l'osservatore al momento dell'osservazione.
L'altro tempo e' l'istante in cui un segnale luminoso, fornito
dall'osservatore all'istante dell'osservazione raggiunge il punto
dell'evento. L'intero intervallo temporale finito fra questi due istanti
puo' considerarsi come il «tempo presente» per l'osservatore all'istante
dell'osservazione. Qualsiasi evento realizzantesi tra i due tempi
caratteristici puo' esser detto «simultaneo» all'atto dell'osservazione.>>
(Heisenberg, "Fisica e filosofia", il Saggiatore, MI 2013, pagg. 137-138)
------------

Penso di aver ben contestualizzato la citazione proposta da Omega e osservo
quanto segue.
Sia al punto 1) che al punto 3) H. si premura di sottolineare la difficolta'
di trattare quella che chiama "struttura reale" dello spazio e del tempo, in
termini che siano accessibili anche a chi non sia un fisico.
Direi (parlando per me) che *qui*, in questo dialogo tra addetti e non
addetti ai lavori, sta una questione preliminare circa la validita' *logica*
di cio' che Heisenberg fa seguire (ma, piu' in generale, la validita' di
tutto il saggio divulgativo di H.). Si puo' benissimo sostenere che "questo
modo di
esprimersi e' infelice!", come dici tu, Pangloss, parlando da fisico. Pero'
andrei piu' a fondo, per vedere se si tratta di una "infelicita' espressiva"
(infelice anche questa mia espressione...:-)) o di una vera e propria
carenza di logica nell'argomentazione di Heisenberg. Tale logica va
giudicata, secondo me, da due prospettive diverse:
1. Come logica in se', cioe' astratta dalla sua efficacia circa il tentativo
di rendere accessibile al profano cio' che e' materia specifica del fisico;
2. Come logica, al contrario, applicata al tentativo di cui ho appena detto.
Io lascerei al fisico esprimersi sul punto 2., chiedendogli se, secondo lui,
la definizione di "passato" e "futuro", data da H. in 2), sia davvero
"quella piu' conveniente".
Ho invece qualcosa da dire sul punto 1., che e' l'ottica sotto cui vedo,
Omega, quello che tu consideri un paradosso. Un "paradosso" che puoi far
derivare anche senza tirare in ballo complicate argomentazioni di matematica
superiore; ma semplicemente dall'affermazione di H. per cui spazio e tempo,
nell'uso comune, sono <<un'idealizzazione ed una supersemplificazione della
struttura reale>>: e' in tale idealizzazione che puoi derivare il
"paradosso", ereditabile poi da qualsiasi struttura piu' complicata, purche'
faccia uso del concetto di "intervallo". Continuo a usare "paradosso" tra
virgolette e ti spiego subito il perche', andando al punto con un'unica
osservazione.

> Da un punto di vista fisico, tuttavia necessariamente connesso alla
> semantica della proposizione (il suo essere relativa), quell'espressione
> pur molto ambigua afferma che si tratta comunque di 'intervallo', e un
> intervallo , per quanto breve, ha per definizione un inizio e una fine.
> E questo è un problema logico non da poco, perché se ci mettiamo in un
> punto qualunque dell'intervallo, magari escludendo gli estremi per non
> complicarci la vita, allora rispetto a tale punto (che è temporale per
> definizione appartenendo all'intervallo temporale) l'inizio è passato e la
> fine è futuro, quindi l'intera proposizione assume la qualità logica del
> paradosso, con tanto di ricorsione infinita qualora invece di un punto
> considerassimo come riferimento un sottointervallo dell'intervallo. (Il
> paradosso si completa osservando che se l'intervallo temporale è il
> presente, allora che cos'è un punto o un sottointervallo al suo interno?)

Il "paradosso" si nullifica con un "contro-paradosso": se l'intervallo
A...B, intervallo *quanto si voglia* breve e definito convenzionalmente come
"presente" che separa "passato" e "futuro", contiene il paradosso di un suo
qualsiasi sotto-intervallo (p.e. A...C, dove A<C<B), contiene anche il
contro-paradosso di due intervalli (p.e. A'...A, dove A'<A, e B...B', dove
B<B'), che convenzionalmente definiscono il "presente" come l'elemento
intermedio individuato dal "passato" e dal "futuro".
Il paradosso, in definitiva, e' solo apparente e ci si puo' chiedere perche'
sembri prodursi se applicato al tempo e non, invece, se applicato allo
spazio. Prova, se vuoi, a interpretare gli intervalli di cui sopra come
intervalli spaziali, invece che temporali, e a rimpiazzare "passato" con
"minore" e "futuro" con "maggiore". Come mai, su queste condizioni, il
paradosso non si produce?
Un saluto,
Loris
Received on Thu Mar 06 2014 - 15:52:00 CET

This archive was generated by hypermail 2.3.0 : Wed Sep 18 2024 - 05:10:17 CEST