Re: Nelle lande del tempo
Il giorno venerdì 7 marzo 2014 10:11:05 UTC+1, Omega ha scritto:
> Loris Dalla Rosa
> Questo è il punto che ho cominciato a commentare.
> << Nella teoria della relativita' apprendiamo che la
> > > situazione e' diversa: futuro e passato sono separati da un
> > > intervallo finito di tempo la lunghezza del quale dipende dalla
> > > distanza dall'osservatore. Qualsiasi azione puo' propagarsi soltanto
> > > ad una velocita' minore od uguale alla velocita' della luce. Percio'
> > > un osservatore in un dato istante non puo' ne' conoscete ne'
> > > influenzare eventi distand che abbiano luogo tra due tempi
> > > caratteristici. Uno di questi tempi e' l'istante in cui un segnale
> > > luminoso viene emesso dal punto in cui avviene l'evento per
> > > raggiungere l'osservatore al momento dell'osservazione. L'altro tempo
> > > e' l'istante in cui un segnale luminoso, fornito dall'osservatore
> > > all'istante dell'osservazione raggiunge il punto dell'evento.
> > > L'intero intervallo temporale finito fra questi due istanti puo'
> > > considerarsi come il «tempo presente» per l'osservatore all'istante
> > > dell'osservazione. Qualsiasi evento realizzantesi tra i due tempi
> > > caratteristici puo' esser detto «simultaneo» all'atto dell'osservazione.
> Questo punto lo ho commentato in un post successivo che spedisco oggi.
> > E non finirà lì :))
> > Penso di aver ben contestualizzato la citazione proposta da Omega e
> > > osservo quanto segue. Sia al punto 1) che al punto 3) H. si premura
> > > di sottolineare la difficolta' di trattare quella che chiama
> > > "struttura reale" dello spazio e del tempo, in termini che siano
> > > accessibili anche a chi non sia un fisico. Direi (parlando per me)
> > > che *qui*, in questo dialogo tra addetti e non addetti ai lavori, sta
> > > una questione preliminare circa la validita' *logica* di cio' che
> > > Heisenberg fa seguire (ma, piu' in generale, la validita' di tutto il
> > > saggio divulgativo di H.).
>
> Qui ti fermo come ho fermato tutti gli altri: ti sembra che un saggio
> > così pieno di problematiche irrisolte e neppure spiegate nei termini
> > usati si possa definire 'divulgativo'? Ho già riportato espresssioni e
> > addirittura passi che i destinatari di un "saggio divulgativo"
> > difficilmente avrebbero potuto capire: e non parlo della massaia di
> > Voghera, ma avevo fatto uno dei tanti esempi possibili di persone
> > coltivate ma non in grado di comprendere certi termini e certe
> > proposizioni (es. un chirurgo plastico, che pure non è ignorante ma che
> > sfido a dire che cosa significa 'onda di probabilità' o 'onda di materia').
> > > Si puo' benissimo sostenere che "questo modo di esprimersi e' infelice!", come dici tu, Pangloss, parlando da fisico.
> Da fisico di oggi. E con opinioni sue sulla fisica (non ho trovato qui
> dentro una definizione che stesse minimamente in piedi e che non fosse
> personale, e non parliamo dei dizionari).
>
> Ho già detto che questo saggio di H. ha fini diversi dalle formulette
> canoniche e dalla divulgazione, e il fatto che ne sto analizzando qui
> dei passi è proprio alla ricerca di questa motivazione profonda, che non
> è "fisica". E che è "filosofica" con tante di quelle forzature personali
> (vedi cosa dice di Cartesio e di Kant) che fa intuire un'ideologia come
> movente di fondo.
> > Pero' andrei piu' a fondo, per vedere se si tratta di una
> > "infelicita' espressiva" (infelice anche questa mia
> > espressione...:-)) o di una vera e propria carenza di logica
> > nell'argomentazione di Heisenberg. Tale logica va giudicata, secondo
> > me, da due prospettive diverse: 1. Come logica in se', cioe' astratta
> > dalla sua efficacia circa il tentativo di rendere accessibile al
> > profano cio' che e' materia specifica del fisico;
> Ripeto che escluderei questo intento.
> Vorrei sapere quanti "profani" hanno letto questo libro, e soprattutto
> se vi hanno imparato qualcosa di fisica (non dico di filosofia).
> > 2. Come logica, al contrario, applicata al tentativo di cui ho appena detto. Io lascerei al fisico esprimersi sul punto 2., chiedendogli se, secondo lui, la definizione di "passato" e "futuro", data da H. in 2), sia davvero
> "quella piu' conveniente".
> Il fisico ti parlerà di spazio-tempo, di cronotopo ecc., ma è evidente
> che in realtà si tratta di modelli psichici, non di modelli fisici.
> > Ho invece qualcosa da dire sul punto 1., che e' l'ottica sotto cui vedo, Omega, quello che tu consideri un paradosso. Un "paradosso" che puoi far derivare anche senza tirare in ballo complicate argomentazioni di matematica superiore; ma semplicemente dall'affermazione di H. per cui spazio e tempo,
> nell'uso comune, sono <<un'idealizzazione ed una supersemplificazione
> della struttura reale>>:
> Anche questo aspetto, nel suo intento presunto "divulgativo", H. non lo
> > spiega affatto. Si è solo reso conto che esiste il problema di
> > un'interpretazione dello spazio e del tempo al di là dell'uso che
> > *tutti* in concreto ne fanno, fisici o no. Ripeto: *tutti*.
> E Heisenberg sta dicendo che le cose non stanno così, ma sono molto più
> complesse. Come? e' in tale idealizzazione che puoi derivare
> il "paradosso", ereditabile poi da qualsiasi struttura piu'
> complicata, purche' faccia uso del concetto di "intervallo". Continuo
> a usare "paradosso" tra virgolette e ti spiego subito il perche',
> andando al punto con un'unica osservazione.
> Quando fosse detto per bene quale è la "struttura reale", allora si
> potrebbe giudicare se è paradosso oppure no. Ma non viene detto. Si
> parla di relatività e quindi del modello dello spazio-tempo, ma come ho
> detto questo non è un modello della realtà, perché *nella realtà* il
> passato non esiste (lo stesso il futuro), altrimenti sarebbe misurabile.
> Invece è misurabile proprio e solo grazie alla memoria (di ogni tipo).
> > Da un punto di vista fisico, tuttavia necessariamente connesso
> > alla semantica della proposizione (il suo essere relativa),
> > quell'espressione pur molto ambigua afferma che si tratta comunque
> > di 'intervallo', e un intervallo , per quanto breve, ha per
> > definizione un inizio e una fine. E questo è un problema logico non
> > da poco, perché se ci mettiamo in un punto qualunque
> > dell'intervallo, magari escludendo gli estremi per non complicarci
> > la vita, allora rispetto a tale punto (che è temporale per
> > definizione appartenendo all'intervallo temporale) l'inizio è
> > passato e la fine è futuro, quindi l'intera proposizione assume la
> > qualità logica del paradosso, con tanto di ricorsione infinita
> > qualora invece di un punto considerassimo come riferimento un
> > sottointervallo dell'intervallo. (Il paradosso si completa
> > osservando che se l'intervallo temporale è il presente, allora che
> > cos'è un punto o un sottointervallo al suo interno?)
> > Il "paradosso" si nullifica con un "contro-paradosso": se
> > l'intervallo A...B, intervallo *quanto si voglia* breve e definito
> > convenzionalmente come "presente" che separa "passato" e "futuro",
> > contiene il paradosso di un suo qualsiasi sotto-intervallo (p.e.
> > A...C, dove A<C<B), contiene anche il contro-paradosso di due
> > intervalli (p.e. A'...A, dove A'<A, e B...B', dove B<B'), che
> > convenzionalmente definiscono il "presente" come l'elemento
> > intermedio individuato dal "passato" e dal "futuro".
> A' e B' definiscono un sovra-intervallo, e quindi non si fa che ripetere
> specularmente il paradosso se si definisce come "presente" l'intervallo
> A'-B'. Ma H. stesso complica la faccenda in uno dei passi che hai
> citato, e che non commenterò qui.
> > Il paradosso, in definitiva, e' solo apparente e ci si puo' chiedere perche' sembri prodursi se applicato al tempo e non, invece, se applicato allo
> > spazio. Prova, se vuoi, a interpretare gli intervalli di cui sopra
> > come intervalli spaziali, invece che temporali, e a rimpiazzare
> > "passato" con "minore" e "futuro" con "maggiore". Come mai, su queste
> > condizioni, il paradosso non si produce? Un saluto, Loris
> Non si produce perché lo spazio è reale. Quindi la geometria per lo
> spazio ha un senso ben solido. Non certo per il tempo.
> Omega
Credo che il problema dell'intervallo tra A e B sia quello della "durata". Fin da bambino mi stupivo che sollevando un piede quello che stavo per calpestare fosse "futuro" e come lo capestavo dventava "passato". Diciamo quel brevissimo senso del "passato" e quel brevissimo senso del "futuro" per me era la "durata" dell'evento. Ovvio che è un concetto psicologico.
Crescendo e scoprendo la relatività la cosa mi si è complicata perchè quel "senso" di passato e di futuro era davvero solo mia e dei miei compagni inerziali, per gli altri poteva addirittura capovolgersi.
Il fatto poi che muovendomi nello spazio rallentassi il mio tempo rispetto a chi stava fermo è ovvio nelle formule di Einstein ma psicologicamente non sono mai riuscito a capirlo e ho cominciato ad avere l'inquietante impressione che non esistesse nè tempo nè spazio.
Il fenomeno dell'entanglement sembra essere una prova.
Potremmo muoverci in un ologramma statico, dove tutti gli ADESSO sono statici, collegati in serie e ogni ADESSO che sembra venire DOPO è solo perchè comprende il ricordo di quello PRIMA.
Sommando tutte le energie (contando anche le masse come grumi di energia) negative e positive dell'universo quelle che dilatano e quelle che contraggono e probabile che si arrivi a ZERO. Perchè da ZERO è nato TUTTO, quindi TUTTO dev'essere uguale a ZERO, un po' come un'incrostazione staccata dalla parete, se la riporti alla sua naturale aderenza, scompare.
E' solo una mia "sesanzione" ma forse Parmedide aveva ragione....
ernesto
Received on Sat Mar 22 2014 - 16:10:24 CET
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