Re: La misura: il problema irrisolto della meccanica quantistica
Il 03/02/2018 19:14, Giorgio Pastore ha scritto:
> Il 01/02/18 09:59, Persio ha scritto:
> .....
>> Si, ma la mancanza di un limite è nella teoria, e probabilmente deriva
>> dai postulati della matematica sui quali la teoria si regge, non
>> deriva da un riscontro sperimentale. Che io sappia nessuna prova
>> empirica conferma che la precisione della misura sia senza limite.
>
> Non è un' obiezione importante. Finché si lavora ad un livello in cui
> non ci sono limitazioni teoriche, si puo' procedere come se la
> precisione fosse migliorabile senza limiti.
Certo, è vero, come è vero che la fisica classica "funziona"
egregiamente entro una certa scala di valori. Ma qui stiamo parlando di
cosa avviene, e perché, oltre quei limiti.
>> La questione riguarda infatti la coerenza tra teoria e realtà fisica,
>> tra la descrizione formale e astratta della realtà fisica e la realtà
>> fisica stessa.
>
> Stai dimenticando un passo intermedio: l'autoconsistenza della teoria.
> Se la teoria mi desse un limite alla precisione con cui posso misurare
> una certa quantità, sarebbe problematico far figurare quella quantità
> nelle equazioni.
Me ne rendo conto, tanto da ritenere come provato che la realtà fisica
non sia *interamente* formalizzabile matematicamente, e che con la
indeterminatezza occorre convivere. Ad esempio riformando gli assiomi
della matematica.
>> E per quanto ne so in Fisica è la teoria a doversi adattare alla
>> realtà fisica attraverso le verifiche sperimentali, non viceversa.
>
> Nel mondo beato degli espistemologi si'. In un laboratorio capire quanto
> affidabile sia la "realtà" può essere un problema. E quindi il rapporto
> teoria-esperimento è solo un po' più complesso della visione semplificata.
Anche di questo mi rendo conto. Per questo ritengo fondamentale rendersi
conto che la realtà fisica la si osserva avendo in mente un "modello
mentale" della stessa, e che in base al modello adottato alcuni aspetti
della realtà possono apparire inspiegabili, o non apparire del tutto.
>> Il punto focale della faccenda è che il principio di indeterminazione
>> può essere interpretato come indicatore del fatto che nella realtà
>> fisica un limite alla precisione esiste, benché la teoria non lo preveda.
>
> Dove lo vedi scritto nelle equazioni? Questa che hai scritto è
> un'affermazione non supportata dal formalismo.
Infatti è quello che sto dicendo: il formalismo non è adeguato perché
poggia su un modello teorico che non corrisponde alla scala dimensionale
che si vuole descrivere.
Ad esempio: se il modello mentale che ha creato il formalismo matematico
comprendesse punti inestesi e rette infinite sarebbe inadeguato a
descrivere una certa classe di fenomeni fisici.
>> Cosa che, del resto, è già stata provata innumerevoli volte dalla
>> impossibilità della precisione *assoluta* di qualsiasi misura.
>
> Che non c'entra niente con il pr. di indeterminazione.
>
> Per cui le considerazioni che fai a valle di questo equivoco non hanno
> fondamento.
Non insisto.
> Anche la domanda. Ma invece di restare fare il cane da tartufi poco
> addestrato che quindi si eccita anche quando sente odor di calzini
> sporchi, perche' non investire tempo per controllare meglio le cose?
> Ricordi quello che la tradizione racconta era scritto sulla porta dell'
> Accademia? C'era un tempo in cui filosofia e scienza erano la stessa
> cosa. Poi i filosofi hanno smesso di studiare scienza e gli scienziati
> filosofia (anche se quasi un secolo dopo i filosofi).
Ed ecco che il rude fisico strapazza il petulante filosofo rompiscatole.
Un classico. :-)
Però ti faccio notare che la quantità e la qualità dei saperi che ai
nostri tempi circolano nel mondo della conoscenza non potrebbero essere
gestiti da un cervello umano individuale, nemmeno se fosse quello di un
genio assoluto come Leonardo da Vinci. Già, il filosofo si pone anche
di questi problemi: i limiti fisiologici del cervello, le capacità della
mente di osservare e rappresentare la realtà, la sostenibilità
psicologica di certi panorami conoscitivi.
La cosa migliore, a mio parere, sarebbe imparare a collaborare in team
multidisciplinari. E non lo dico perché rivendico un posto da filosofo
nei laboratori di fisica, lo dico perché prendo atto di come alcuni
fisici cerchino risposte filosofiche (e a volte perfino teologiche) ai
problemi che incontrano studiando la materia e le leggi che la regolano.
Ciao
Received on Tue Feb 06 2018 - 09:35:58 CET
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