"Luca":
> "Omega":
>
>>Mi spiace, ma sono la medesima cosa. Insegnare ***�*** divulgare per
>>definizione.
>
> Definizione? E decretata da chi, di grazia?
Se non quoti adeguatamente, ossia tagli la spegazione dell'affermazione,
dopo puoi commentare e anche criticare all'infinito, e fare anche della
sterile ironia.
Ma non � corretto.
Io non ho "decretato" ma ho *spiegato* la mia affermazione, ben consapevole
del fatto che molti tengono a torto queste due cose ben distinte. Io invece
ritengo ottocentesco - diciamo pseudo-aristocratico - pretendere di
distinguerle, anche solo perch� il materiale � lo stesso e il pubblico � il
medesimo (fare delle distinzioni oggi nel pubblico, considerata la cultura
di massa a tutti i livelli, la vacuit� della scuola e la molteplicit� dei
canali di informazione, � solo assurdo).
> Se proprio vogliamo tirare in ballo le definizioni allora
> etimologicamente parlando 'divulgare' significa 'rendere al volgo',
> ovvero rendere noto a tutti, rendere pubblico. Non � richiesta
> preparazione specifica per essere oggetto di divulgazione. Tutti
> possono essere oggetto di divulgazione in quanto tutti siamo 'volgo'
>
> Sempre etimologicamente parlando 'insegnare' deriva da 'signum',
> marchio, sigillo. Significa 'segnare', 'intagliare', 'imprimere nella
> mente'.
>
> Quindi anche solo *per definizione" sono due cose molto diverse fra
> loro.
Nelle tue dotte definizioni con afflato filologico dimentichi alcune cose:
1. Il "volgo" come nella tua definizione � contraddittorio, come mostrer�
ora. Cerchi di rimediare quando dici che tutti siamo tutti volgo, per� solo
in quanto non sappiamo certe cose, che non � affatto nella definizione che
hai riportato. La quale non intendeva affatto il "tutti" che arbitrariamente
tu aggiungi. Volendo proprio fare il filologo, vai a vedere che cosa
significa "vulgus" sul tuo dizionario di latino (se ne hai uno), e vedrai
che � una definizione sprezzante, aristocratica, da cui deriva l'attributo
"volgare", che � inequivocabile. Quindi � evidente la contraddizione fra
"volgo" e "tutti", una specie di scusa per cercare di reggere in piedi un
argomento senza gambe.
1' Il semplice rendere pubblico (in modo onesto ovviamente e non da
sprezzante aristocratico) � far conoscere, quindi insegnare - ovviamente a
chi vuole apprendere. Viene "reso pubblico" anche il valore dei bot, ma tu
li compri (o li vendi) in base a quella notizia appunto "divulgata". Ecco di
nuovo la contraddizione oggi nell'usare il termine "voilgo", seppure
riferito con tanta compiacenza a "tutti".
1''. Divulgazione e insegnamento si sono fusi non solo per via della scuola
di massa, ma per via dei media. Pensa anche solo all'e-learning o anche solo
alla wiki, che non � un fenomeno banale, anche se va presa con le molle e i
guanti e talvolta tappandosi il naso.
2. l'ignaro scolaro, allievo, studente *�* pubblico (lasciamo stare dunque
il "volgo") e non qualcosa di diverso, perch� per definizione non sa, e
spiegare a una o pi� classi � far passare l'informazione da uno a molti. E
quindi � diffondere la conoscenza, cio� divulgarla. Lo scolaro delle
elementari che viene in contatto per la prima volta con la scienza ha forse
quella che chiami "una preparazione specifica"? No. Allora � pubblico come
tutti, anche se seduto in un banco e se dovr� passare un esame (come se
fosse significativo per l'apprendimento :-))) Ma non solo lui: se vai a
scuola � perch� certe cose non le sai, ed � chi insegna a doversi adeguare
alle tue "basi" e non viceversa. Vediamo di non capovolgere questo fatto.
Perci� se costui si deve adeguare sta proprio divulgando per definizione.
3. Rendere pubblico qualcosa (il contenuto e l'esito di una ricerca), fuori
da un'accezione aristocratica ottocentesca, � rendere AL pubblico ci� che
gli spetta, cio� il resoconto di ci� che si fa con le sue tasse, per dirlo
brutalmente ma realisticamente.
4. Forse la divulgazione, essendo rivolta al pubblico, pu� essere un insieme
di balle o di banalizzazioni? No, assolutamente no: allora che differenza
c'� con il testo scolastico che con la sua gradualit� dalla scuola primaria
all'universit� deve procedere a molti passi di sintesi? E s�, mio caro,
perch� lo studente universitario stesso, davanti al testo, non sta vedendo
la ricerca, il suo sviluppo e le sue motivazioni, ma ne vede unicamente una
sintesi della quale, anche se la ripete all'esame con tanto di formule, te
lo raccomando che cosa ha capito! Prova infatti a farglielo applicare! Ho
chiesto di farlo molte volte, specie davanti a tesi megagalattiche che
neanche Einstein ... con risultati grotteschi.
5. Nessuno legge di una ricerca e del suo esito se non vi ha un interesse. E
tale interesse ha un effetto proprio fisiologico preciso: la memorizzazione.
Dopo tale lettura uno sa che tu hai fatto quella ricerca con quelle
motivazioni, obiettivi, metodo e quant'altro. Altrimenti legge la pagina
sportiva. Sei certo invece che l'esito dell'insegnamento nel significato
ottocentesco (cio� attuale) del termine, spesso solo finalizzato ad
agguantare la sufficienza e un diploma/laurea, abbia lo stesso risultato
mnemonico e valore conoscitivo? Sicuramente no, perch� solo l'interesse � il
maglio che imprime le conoscenze nella memoria (non solo l'esperienza, che
pu� essere fatta a sua volta con la testa nel sacco e senza la capacit� di
associarla alla conoscenza).
Queste sono solo alcune osservazioni. Non sono tutte ma bastano.
La distinzione "filologica" ma soprattutto quella che ho trovato in questo
gruppo, ripeto che � inattuale, e soprattutto pseudo-aristocratica.
E siccome io sono volgo non la prendo neppure in considerazione.
Omega
Received on Wed Aug 29 2012 - 09:23:57 CEST
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