"Elio Fabri" ha scritto nel messaggio
news:atqoipF90lnU2_at_mid.individual.net...
mi scuso con tutto il gruppo, ho spedito il mio precedente post senza
cancellare la parte del post di Elio al quale stavo rispondendo.
Questo sarebbe il post corretto:
> Per� ho un'altra domanda: a che ti serve la risposta?
Ti ringrazio intanto per la risposta. Mi pare di capire che, ai fini di cio'
che "mi serve", sia non necessaria una trattazione esatta, cioe' mi pare ci
si possa accontentare della trattazione classica che metto sotto.
Trattazione che pero' mi pare non risponda alla domanda che mi ponevo.
La questione e' nata dalla domanda che mi ha posto recentemente cometa
luminosa.
Nel thread "Velocita' massima" io avevo fatto presente che non capivo per
quale motivo in RG si ipotizzasse che le onde gravitazionali avessero la
stessa velocita' della luce. Cometa Luminosa mi ha risposto:
"Ma allora e' come chiedere perche' la costante c entra nelle equazioni
della RG, oppure perche' E = mc^2, non credi?"
al che mi sono posto la domanda se cio' che chiamiamo massa in RR, cioe'
l'energia contenuta in un certo corpo, ha un qualche legame fisico con cio'
che chiamiamo velocita' della luce.
Non so se sto esprimendo correttamente la domanda. Non sono nemmeno
sicurissimo di avercela ben chiara io stesso.
Nella sostanza, la E=m*c^2 e' solo un altro modo di esprimere cio' che
chiamiamo massa, oppure, "dentro E", c'e' qualcosa di piu' e in quel "di
piu'" entra una qualche *misura* legata a cio' che chiamiamo velocita' della
luce?
Per rispondere a tale domanda ho pensato all'esperimento ideale che ho
presentato in questo thread.
Pero', come dicevo, mi pare non necessaria la trattazione esatta. Procedendo
classicamente (quindi ipotizzando piccole le due masse rotanti, e lontane
tutte le altre masse), direi che il problema, dal punto di vista operativo,
si riduca a questo:
mettiamo le due masse in modo tale che seguano un moto circolare uniforme di
raggio d (cioe' ipotizziamo che, in qualche modo, sia possibile sparare le
due masse in modo tale che la loro orbita sia circolare di raggio d); quando
una massa passa per il punto (d,0), dal punto (d,0) parta un fascio luminoso
che va a riflettersi su (2d,0) per poi tornare in (d,0) proseguendo il moto
all'infinito (orologio a luce lungo d).
Si verifica che l'orologio a luce avra' contato un numero n di rimbalzi (in
andata e ritorno) quando vedra' la massa tornare per la prima volta in
(d,0). Tale n e' ovviamente una misura ed e' legato a d da
n = Sqrt [dm / d]
cioe' l'esperimento ideale descritto permette di definire una certa
lunghezza dm tale che, se il raggio d si pone uguale a dm ogni giro che fa
la massa la luce fara' un solo viaggio di andata e ritorno.
Si verifica inoltre che dm e' inversamente proporzionale alla massa dei due
corpi.
Ora, ipotizzando un mondo ideale in cui la velocita' della luce raddoppia e
il resto che non sia direttamente legato alla velocita' della luce rimanga
inalterato, mi verrebbe da dire che, nelle condizioni dette sopra, lasciando
inalterate m e d (posto che i loro valori non siano direttamente legati alla
velocita' della luce), la n raddoppierebbe. Ma dire che n raddoppierebbe mi
pare sia come dire che dm quadruplicherebbe (quindi non possiamo dire che
dm, quindi m, sia indipendente dalla velocita' della luce?) cioe' m
diverrebbe un quarto, cioe' m*c^2 rimarrebbe inalterato.
In questo casino mi perdo, non saprei nemmeno dire se abbia un qualche senso
tutto il discorso posta la sua base ("ipotizzando un mondo ideale in cui la
velocita' della luce raddoppia"). Dobbiamo concludere che quello che
chiamiamo E non dipende da cio' che chiamiamo c? Ci dipende invece cio' che
chiamiamo m?
Ciao.
--
Bruno Cocciaro
--- Li portammo sull'orlo del baratro e ordinammo loro di volare.
--- Resistevano. Volate, dicemmo. Continuavano a opporre resistenza.
--- Li spingemmo oltre il bordo. E volarono. (G. Apollinaire)
Received on Thu May 02 2013 - 00:21:24 CEST
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