Bruno Cocciaro ha scritto:
> In breve la situazione sarebbe questa:
> facciamo delle assunzioni, non ci preoccupiamo troppo di definire
> operativamente le nostre assunzioni, tanto sappiamo che e' impossibile
> basare la conoscenza interamente sull'esperienza, cioe' sappiamo che
> qualcosa dobbiamo accettare di assumerlo. Allora assumiamo, facciamo un
> po' di conti, viene fuori qualcosa che e' in parte legato all'esperienza
> (secondo regole che esplicitiamo), poi facciamo gli esperimenti e finche'
> la natura ci da' conferma sperimentale prendiamo per buona la nostra
> descrizione (comprese le sue assunzioni) alla quale diamo il nome di
> teoria fisica.
Sono d'accordo con questa descrizione generica della costruzione delle
teorie scientifiche, tuttavia ritengo utile analizzare i dettagli di quella
costruzione, per mettere in evidenza alcuni aspetti che mi sembrano
interessanti.
Come dici tu, senza alcuni presupposti accettati non � assolutamente
possibile interpretare i fenomeni che osserviamo. Anche il semplice fatto
di osservare l'indice di uno strumento, richiede strati e strati di
presupposti pi� o meno espliciti.
E sia, ma qual � la natura di questi presupposti?
Proviamo a tornare alle origini dell'osservazione "esatta" dei fenomeni,
ovvero alla misura delle distanze spaziali. Come sappiamo, tutto cominci�
con la misura degli appezzamenti di terreno, e ampie tracce di quelle
origini sono rimaste nelle unit� di misura pi� antiche e persino nel termine
"geometria", con cui denotiamo quella disciplina.
UN APPROCCIO INGENUO
I testi di fisica per gli studenti dei primi anni si affrettano a sbrigare
la faccenda in poche pagine, affermando che una definizione operativa delle
distanze spaziali richiede l'uso di un regolo e la reiterazione di certe
operazioni. Ad esempio si dice che per misurare il lato di un tavolo bisogna
vedere quante volte il regolo "ci sta" nel lato del tavolo, e poi - quando
non "ci sta" pi�, bisogna suddividerlo in frazioni, vedere quante volte una
frazione "ci sta" nella parte rimanente del lato del tavolo, eccetera.
Con un po' di impegno possiamo rendere pi� rigorosa questa definizione
operativa, ma a comunque sia ci accorgiamo presto che essa d� per scontato
che uno sappia benissimo gi� dall'inizio (verrebbe da dire "a priori") cosa
� un "regolo". Come facciamo a distinguere un "regolo" da ci� che non lo �?
Ad esempio una goccia d'acqua e un pugno di sabbia non lo sono, ma perch�?
Ce l'abbiamo una definizione operativa, qualcosa che possiamo fare per
discriminare gli oggetti che possono essere considerati "regoli" da tutti
gli altri?
Qualche testo di fisica, un po' ingenuamente, dice che come "regolo" si pu�
usare qualunque "corpo rigido", dopodich� quest'ultimo viene definito come
un corpo i cui punti si mantengono *a distanza costante* nel tempo.
Gi�, ma qui c'� un problema: infatti noi stavamo usando il "regolo" per
definire operativamente la misura di una distanza, e ora salta fuori che per
saper riconoscere un regolo dobbiamo proprio misurare la distanza fra tutti
i suoi punti!
Come se ne esce?
UNA CLASSE DI EQUIVALENZA "SEDICENTE QUALCOSA"
Volendo adottare un approccio un po' meno ingenuo, potremmo procedere
nel modo seguente:
1) Cerchiamo un modo per "marcare" le parti di un oggetto. Ad esempio, se
� possibile farlo, potremmo marcare con un pennarello due punti di un corpo.
Oppure il corpo, a prescindere dal fatto che sia rigido o meno (il che �
ancora da definire e dimostrare) potrebbe avere delle parti in qualche modo
riconoscibili, come ad esempio i vertici e gli spigoli della sua superficie.
(Certo, anche qui si potrebbero avanzare delle riserve sui presupposti
impliciti, noi per� qui non vogliamo scendere ai fondamenti ultimi della
fisica - il che sarebbe impossibile - ma ci accontentiamo di procedere
a ritroso un passo alla volta, e per ora abbiamo deciso di mettere
"fra parentesi" - alla Husserl - il problematico concetto di "rigidit�"
e limitarci a prendere per buono il fatto che esistono dei corpi sui quali
- in qualche modo - possono essere disegnati dei punti colorati con un
pennarello.)
2) A questo punto accostiamo un secondo oggetto al precedente, in modo tale
che le parti marcate del primo vengano a coincidere con delle parti del
secondo, e marchiamo le parti del secondo oggetto che si trovano in
corrispondenza delle parti marcate del primo. Se, ad esempio, abbiamo
marcato con un pennarello due punti di un oggetto, dovremo accostare un
secondo oggetto al primo e marcare con un pennarello i due punti del secondo
oggetto che coincidono con i due punti marcati del primo. Ripetiamo poi la
cosa per un insieme di oggetti, sicch� alla fine otteniamo un insieme di
oggetti di cui alcune parti in un certo istante di tempo erano
sovrapponibili.
3) A questo punto separiamo tutti questi oggetti, e li lasciamo interagire
con altri. Li potremo rigirare fra le mani, o farli rotolare su un piano, o
scagliarli in aria per poi farli ricadere. Ebbene, se nel corso di queste
interazioni torniamo ogni tanto a confrontare tutti quegli oggetti fra di
loro, e in particolare cerchiamo di sovrapporre le parti che erano state
marcate in quanto soprapposte, in alcuni casi troveremo che quelle parti
si lasciano ancora sovrapporre, mentre in altri casi la sovrapposizione non
sar� pi� possibile.
4) Ora, l'insieme dei corpi le cui parti resteranno sovrapponibili nel
tempo, costituiranno una classe di equivalenza fra tutti gli oggetti.
Infatti si osserva che se le parti di un corpo A restano sopvrapponibili nel
tempo a quelle di un corpo B, e quelle di B restano soprapponibili a quelle
di C, allora le parti di A restano soprapponibili a quelle di C. � ovvio
poi, per l'operazione stessa di sovrapponibilit�, che se le parti di A sono
sovrapponibili a quelle di B allora anche quelle di B sono sovrapponibili a
quelle di A. Infine ogni corpo � evidentemente sovrapponibile a se stesso.
Dunque - come dicevo - otteniamo una classe di equivalenza di oggetti,
ognuno dei quali pu� essere utilizzato per mostrare che tutti gli altri sono
"rigidi". Volendo romanzare la cosa, potremmo dire di avere un l'insieme
di corpi che hanno tutti la pretesa di essere insigniti del titolo onorifico
di "corpo rigido", e per ottenere tale titolo si presentano "dandosi ragione
l'uno con l'altro". Ecco, possiamo dire che la classe di equivalenza dei
"corpi rigidi" � l'insieme di quegli oggetti che sono capaci di
"riconoscere" come tali tutti gli altri.
(Questo, a ben vedere, capita in moltissime circostanze. Ad esempio,
come facciamo a stabilire se un certo stato � "legittimo"? Un modo per
stabilirlo consiste nel prendere atto che tutti gli altri stati sono
disposti a riconoscerlo come tale. Dunque possiamo dire che c'� una
istituzione che proclama il proprio diritto di esercitare la sovranit� su un
certo territorio e un certo popolo, e tutte le istituzioni che avrebbero i
mezzi - cio�, la forza - per impedirglielo, sono concordi per riconoscere
quel diritto a quella istituzione. A sua volta quella istituzione si rende
disponibile a riconoscere lo stesso diritto a tutte le altre, ed ecco che ci
ritroviamo con un insieme di instituzioni che - per definizione - esercitano
"legittimamente" il monopolio della forza su certi territori e certe
popolazioni.
Altri esempi di questo stato di cose capita con certe comunit� di studiosi.
Ad esempio noi diciamo che uno � un "fisico" se appartiene ad una certa
comunit� di individui disposti a riconoscersi come tali l'uno con l'altro,
dopodich� quella comunit�, in quanto tale, ottiene delle risorse di vario
genere - borse di studio, strumenti di ricerca, eccetera - da quelle
istituzioni "legittime" che nel capoverso precedente avevo mostrato essere a
loro volta una classe di equivalenza. In questo caso abbiamo una classe di
equivalenza i cui mezzi dipendono dal riconoscimento ottenuto da un'altra
classe di equivalenza che disponde di mezzi pi� fondamentali, come sono
appunto i vari monopoli della forza. D'altra parte anche la classe di
equivalenza dei sedicenti "corpi rigidi" a loro volta non potrebbero mai
trovare lavoro come "regoli" se la classe di equivalenza dei sedicenti
"fisici" non fosse disposta a concedere un qualche riconoscimento alla
capacit� di quei corpi di presentarsi belli compatti come una unica classe
di equivalenza, ch� se quei corpi si presentassero in forma disomogenea e
caotica accusandosi l'uno con l'altro di essere "molli" o "flessibili", e
proclamando ognuno per s� di essere l'unico vero corpo "rigido", i "fisici"
scrollerebbero la testa e direbbero a tutti quegli aspiranti "regoli":
�grazie, vada pure, le faremo sapere�, come fanno certi registi quando non
sono convinti del provino di un aspirante attore.
E la cosa potrebbe essere estesa indefinitamente. Ad esempio, come facciamo
a dire che uno � uno "psicanalista freudiano"? Lo � se � in grado di
presentarsi con tanto di analisi personale, analisi didattica, supervisione,
eccetera, tutte condotte con membri della sedicente comunit� degli
"psicanalisti freudiani", i quali sono tali in quanto, per l'appunto, sono
in condizione di "darsi ragione l'uno con l'altro", e presentandosi come
comunit� costituita da una classe di equivalenza ottengono anche dei
riconoscimenti e delle concessioni dalle solite istituzioni di cui sopra,
nella forma di cattedre universitarie, iscrizioni agli albi professionali,
eccetera.)
A questo punto tutto questo discorso pu� essere ripetuto sostanzialmente
immutato anche per i sedicenti "orologi", sicch� alla fine ci troviamo con
due classi di equivalenza: quella dei sedicenti "regoli" e quella dei
sedicenti "orologi", che abbiamo deciso di assumere come tali, in mancanza
di meglio.
Basta questo per mettere a punto una definizione operativa di "distanza
spaziale" e "intervallo temporale"?
Prima di affrontare questo problema (che rimando a qualche altro futuro
post, in quanto salta fuori che nel gruppo dei "sedicenti qualcosa
reciprocamente" bisogna metterci anche la *luce*) dobbiamo cercare di capire
quanto sia "oggettivo" ci� che abbiamo ottenuto. Infatti avendo posto la
cosa in questi termini, cio� avendo definito i "corpi rigidi" e poi gli
"orologi" come l'insieme dei corpi che attestano l'uno con l'altro la
propria "rigidit�" e "isocronia", si potrebbe avere l'impressione che
abbiamo rinunciato a qualunque pretesa alla "oggettivit�". Ma non � cos�.
OGGETTIVIT� DEL "SEDIRE QUALCOSA RECIPROCAMENTE"
� vero che abbiamo rinunciato a qualcosa, ma bisogna capire bene se abbiamo
buttato via il bambino assieme all'acqua sporca. Ad esempio a Newton dover
rinunciare al concetto di spazio e tempo assoluti sembrava inaccettabile, un
atto capace di minare tutto l'edificio della fisica, quando invece noi oggi
siamo consapevoli che si pu� fare della fisica altrettanto bene - anzi,
meglio! - basandosi solo sui concetti di spazio e tempo relativi. Ecco, nel
nostro caso dobbiamo renderci conto se si pu� dire qualcosa di oggettivo
di un insieme di oggetti (corpi fisici, istituzioni, studiosi, eccetera) che
aspirano a possedere un certo requisito sulla sola capacit� di "darsi
ragione l'uno con l'altro".
Se l'insieme in questione fosse una presunta associazione a delinquere
di individui processati per furto, � chiaro che non potremmo facilmente
riconoscere a quegli individui il diritto di scagionarsi l'uno con l'altro
fornendosi un alibi a vicenda. Tuttavia le cose cambierebbero se essi
venissero tenuti in qualche modo separati, e ognuno di essi - pur non avendo
altri testimoni oltre agli altri imputati - fosse in grado di descrivere nei
minimi dettagli che cosa ha fatto con alcuni degli altri indagati la sera
del furto, e tutte queste descrizioni dettagliate - anche a fronte di
ulteriori dettagli aggiunti nel corso degli interrogatori - risultassero
perfettamente compatbili fra di loro. Ad esempio se l'imputato A dicesse
di aver passato la serata in compagnia degli imputati B e C, e poi B dicesse
di essere restato solo con D, ovviamente i conti non tornerebbero. Se per�
aggiungendo progressivamente dei dettagli non saltasse fuori nessuna
contraddizione, allora noi dovremmo prendere atto di essere di fronte
a qualcosa di "oggettivo".
Gi�, ma cosa sar� questo qualcosa di "oggettivo"?
Ci sono varie possibilit�:
1) Una possibilit� sar� quella che tutti gli imputati, dimostrandosi capaci
di confermare reciprocamente la propria e altrui "innocenza", siano
effettivamente tali, cio� "innocenti". Nel nostro caso, avendo a
disposizione un insieme di corpi materiali capaci di confermare
reciprocamente la propria e altrui "rigidit�", dovremmo ammettere
di essere effettivamente di fronte a dei corpi "rigidi".
2) Un'altra possibilit� sar� quella di trovarsi di fronte ad un gruppo di
imputati i quali dispongono in qualche modo di un algoritmo comune per
aggiungere dettagli ad una storia inventata, facendola apparire come se
fosse vera. Certo, il fatto di mandare liberi dei ladri solo perch� sono
stati abbastanza geniali da concepire e apprendere perfettamente un
algoritmo condiviso per generare tutti i dettagli di una storia inventata,
anche quando sollecitati nel corso di un interrogratorio, il fatto di
mandarli liberi - dicevo - non corrisponde esattamente al nostro concetto di
"giustizia". Tuttavia anche in questa circostanza noi dovremmo prendere atto
di essere comunque di fronte a qualche cosa di "oggettivo", che in tal caso
sarebbe l'esistenza di quel particolare algoritmo. Dunque, se proprio non li
volessimo mandare liberi come "innocenti", per lo meno dovremmo prendere
in considerazione la possibilit� di mandarli liberi come "capaci di farsi
assolvere per mancanza di prove". Lasciando le aule di giustizia per tornare
al nostro problema di fisica, potremmo convincerci che tutti quei sedicenti
"corpi rigidi" non � detto che siano tali solo perch� lo confermano l'uno
dell'altro, tuttavia dovremmo comunque prendere atto della loro capacit� di
fornire tale reciproca conferma, e assumerli come "regoli" in quanto "capaci
di farsi assumere per mancanza di prove contrarie". Questa magari potrebbe
sembrare una ipotesi remota o inverosimile, tuttavia Einstein ci insegna -
col senno di poi - che forse � proprio questo il caso, e che dovremmo
andarci molto cauti nel proclamare che una classe di equivalenza di corpi
sedicenti "rigidi" siano "oggettivamente" tali. Diciamo che sono
"oggettivamente" capaci di costruire un intreccio di conferme tutte coerenti
fra loro, ma pi� di cos� non possiamo dire.
DALL'OGGETTIVIT� ALLA INTERSOGGETTIVIT�
(Qui possiamo osservare - per continuare la digressione precedente - che
quando noi spostiamo l'attenzione dall'oggetto osservato alla comunit� degli
osservatori, cio� dall'oggetto al soggetto, possiamo dire che ci� che �
"oggettivo" � l'esistenza stessa della comunit�. Cos� se anzich� cercare di
dire che cosa � il "diritto" prendessimo semplicemente atto che esistono
delle comunit� di individui e istituzioni disposte a riconoscersi
reciprocamente dei "diritti" in qualche tali, ecco che l'esistenza oggettiva
di quelle comunit� prodotte oggettivamente da un equilibrio di forze - alla
Nash, per intenderci - diventerebbe essa stessa il contenuto oggettivo
del "diritto". Analogamente l'oggettivit� della fisica starebbe nella
esistenza oggettiva della comunit� dei sedicenti "fisici", e lo stesso si
potrebbe dire dei sedicenti "psicanalisti freudiani" o persino dei sedicenti
"scrittori".
Nella misura in cui la comunit� dei sedicenti "scrittori" fosse altrettanto
oggettivamente coerente di quella dei sedicenti "fisici", poter dire che un
certo scritto � classificabile come "romanzo" non sarebbe meno "oggettivo"
di una cosa come "una bastonata nella schiena".
E cos�, en passant. abbiamo anche ottenuto uno spunto per impostare
su basi radicalmente diverse - dall'osservato all'osservatore, dall'oggetto
allo strumento di musura, dall'oggetto al soggetto - la vecchia questione
epistemolgica, la risposta alla domanda che cosa sia la "scienza",
eccetera.
In sostanza tutto questo discorso che ho condotto fra parentesi come
digressione ci porta a sostituire il problema della "oggettivit�" - che � un
falso problema, di tipo metafisico e mitologico - con quello della
"intersoggettivit�", che � l'unico problema veramente "oggettivo", in
quanto - come � noto - �l'inferno sono gli altri�, non le fiamme o la pece
bollente.)
--
Saluti.
D.
Received on Tue Aug 14 2007 - 18:18:48 CEST