"Neo" <Neosharp_at_gmail.com> wrote in message
news:1185169159.134087.289260_at_k79g2000hse.googlegroups.com...
> Ciao a tutti
>
> mi sfugge il motivo del perch� un vettore di tipo spazio pu� violare
> il principio di causalit�.
Ti dico subito che, nella forma scritta sopra, io ritengo sbagliata la
proposizione da te riportata: il principio di causalita' *non* viene violato
dalla pura esistenza di un vettore di tipo spazio. Viene violato
dall'esistenza di un vettore di tipo spazio + "qualcosa" ... ma andiamo con
ordine.
Sia R il nostro riferimento e siano (c*tin,xin), (c*tfin,xfin) due eventi,
cioe', all'istante tin (cioe' quando l'orologio fisso in xin segna l'istante
tin) avviene qualcosa (Q) nel punto xin e all'istante tfin>tin (cioe' quando
l'orologio fisso in xfin segna l'istante tfin) avviene qualcos'altro (QA)
nel punto xfin (scegliamo la direzione dell'asse x in maniera tale che sia
xfin>xin).
Potremmo anche immaginare che Q sia la causa di QA (ad esempio: Q=spariamo
un certo proiettile, QA=il proiettile colpisce il bersaglio), nel qual caso
potremmo immaginare che un qualche "messaggero" (il proiettile) abbia
viaggiato da xin verso xfin per "comunicare" che, essendo avvenuta la causa
Q, deve avvenire l'effetto QA (essendo stato sparato il proiettile, deve
essere colpito il bersaglio).
I due eventi definiscono un vettore di tipo spazio se
v/c = (xfin-xin)/(c*tfin-c*tin) > 1
cioe' se il "messaggero" ha viaggiato a velocita' maggiore di c (sorvoliamo
su quali caratteristiche deve avere, o non avere, il "proiettile" per poter
viaggiare a velocita' maggiore di c).
Descriviamo ora i due eventi nel riferimento R' che si muove a velocita'
beta*c rispetto a R (-1<beta<1).
Le trasformazioni di Lorentz ci danno le coordinate dei due eventi in R' e
ci danno, conseguentemente, il legame fra la velocita' v' del "messaggero"
in R' e la stessa velocita' in R (cioe' v), ovvero dalle trasformazioni di
Lorentz otteniamo la ben nota legge di composizione delle velocita':
v' = (xfin'-xin')/(tfin'-tin') = (v+beta*c)/(1+v*beta/c).
Anche in R' abbiamo scelto la direzione dell'asse x' in maniera tale che sia
xfin'>xin'.
Si ottiene facilmente, dall'ipotesi v>c,
v+beta*c > 0 per ogni beta compreso fra -1 e 1,
1+v*beta/c > 0 per beta > - c/v
e
1+v*beta/c < 0 per -1 < beta < - c/v.
Questo significa che esiste una infinita' di riferimenti R' (tutti quelli
associati a beta con -1 < beta < - c/v) che danno v'<0.
Essendo xfin'-xin'>0, dire v'<0 equivale a dire tfin'<tin'.
In R' la descrizione dei due eventi e' la seguente:
quando l'orologio fisso in xin' segna l'istante tin', nel punto xin' avviene
Q,
quando l'orologio fisso in xfin' segna l'istante *tfin'<tin'*, nel punto
xfin' avviene QA.
In R' l'effetto QA avviene "prima" della causa Q.
Questa e', per quanto ne so, la prima versione dei "paradossi" causali
legati all'esistenza dei tachioni.
Einstein presenta tale argomentazione in un articolo del 1907, Ann. der
Phys. 23, 371, chiudendo piu' o meno cosi':
"Questo risultato significa che dovremmo ritenere possibile un
meccanismo di trasmissione col cui impiego l'effetto ottenuto preceda
la causa (magari accompagnata da un atto di volonta').
Anche se cio' non comporta, a mio modo di vedere, alcuna
contraddizione da un puro punto di vista logico, tuttavia contrasta in
modo cosi' assoluto col carattere di tutta la nostra esperienza, che
ne riesce dimostrata a sufficienza l'impossibilita' dell'ipotesi v>c."
Il "paradosso" viene presentato in forma analoga anche da altri autorevoli
fisici, ad esempio Pauli "Relativitastheorie" (1921) e M. von Laue "La
Theorie de la Relativite'" (1922).
Il paradosso in questa forma e' chiaramente sbagliato in quanto il confronto
fra gli istanti segnati da orologi lontani e' privo di significato fisico.
Un orologio lontano segna l'istante che segna perche' siamo stati noi a
fissare, nel processo di sincronizzazione, il suo istante iniziale. Avremmo
anche potuto scegliere, in R', di sincronizzare in altro modo e avremmo
potuto ottenere tfin'>tin'. Avremmo anche potuto scegliere di sincronizzare
in altro modo in R, cosi' da rendere tfin<tin. In sostanza, come dicevo, il
confronto fra gli istanti segnati da orologi lontani non ha significato
fisico essendo convenzionale il processo di sincronizzazione (in
particolare, l'arrivo del proiettile sul bersaglio e' comunque l'effetto,
quale che sia l'istante tfin' segnato dall'orologio fisso in xfin'; cioe' la
direzione causa-effetto ha significato fisico, il segno della differenza
tfin'-tin' non ha significato fisico).
Sul fatto che il paradosso in questa forma sia sbagliato personalmente ho
pochi dubbi, pero', al momento, non mi e' ancora capitato di leggere scritti
nei quali la cosa viene affermata con fermezza. Il fatto che scritti piu'
recenti presentino il paradosso in una forma diversa (vedi sotto) mi fa
comunque pensare che ci sia un consenso abbastanza diffuso nel non ritenere
paradossale quanto esposto sopra.
Veniamo dunque all'altra forma, quella che viene anche detta "paradosso di
Tolman" (Tolman "The Theory of Relativity of Motion" Berkeley (1917), pag.
54; Moeller "The Theory of Relativity" Oxford (1952), pag 53; Penrose "La
Mente Nuova dell'Imperatore" Sansoni (1989), pag 279; Rindler
"Relativity-Special, General, and Cosmological" Oxford (2006), pag 56).
Siamo in R' e diciamo:
"Ok, la sincronizzazione e' convenzionale, e accettiamo che non ci sia
alcunche' di paradossale nel dire che Q e QA siano associati alle coordinate
(c*tin', xin') e (c*tfin', xfin')
con tin'>tfin'.
Immaginiamo che il "messaggero" trovi all'arrivo un orologio che segna un
secondo meno di quanto segnava l'orologio che aveva lasciato alla partenza
(cioe' immaginiamo che sia tin'-tfin'=1 secondo).
Ma lo spazio e' isotropo, la direzione xin'->xfin' non ha niente di
privilegiato rispetto alla direzione opposta, xfin'->xfn'.
Quindi,
cosi' come e' possibile che un messaggeroA (andata) viaggi da xin' verso
xfin' trovando all'arrivo un orologio che segna un secondo meno
dell'orologio lasciato alla partenza,
sara' anche possibile che un messaggeroR (ritorno) viaggi da xfin' verso
xin' trovando al suo arrivo (cioe' in xin') un orologio che segna un secondo
meno dell'orologio lasciato alla sua partenza (cioe' in xfin').
Questo significa che
se
messaggeroR partisse esattamente nel momento in cui arriva messaggeroA
allora
messaggeroR arriverebbe in xin' 2 secondi prima della partenza di
messaggeroA.
Questo e' chiaramente paradossale:
la partenza di messaggeroR e' stata causata dall'arrivo di messaggeroA, e
l'arrivo di messaggeroR avviene in xin' (cioe' nel punto in cui parte
messaggeroA!!!) prima della partenza di messaggeroA. L'arrivo di messaggeroR
potrebbe attivare un qualche processo avente come effetto la non partenza
messaggeroA, ma se non partisse messaggeroA non partirebbe nemmeno
messaggeroR ..."
Questo paradosso viene ritenuto insuperabile, al punto che, ad esempio
Moeller, conclude con "in nature no signals can exist which move with a
velocity greater than the velocity of light relative to any system of
inertia" (conclusioni analoghe si trovano in Penrose e in Rindler).
Come accennavo in apertura io ritengo sbagliata questa conclusione.
Bohm "The Special Theory of Relativity" Routledge 2006, pag 189, dice:
"We see that as long as we accept Einstein's theory of relativity it leads
to an absurdity to suppose that there is any action through physical contact
capable of costituting the basis of a signal that is transmitted faster than
light. In other words, either we have to assume that no physical action
faster that light is possible, or else we have to give up Einstein's form of
the principle of relativity".
Alla pagina 88 Bohm aveva detto:
"The principle of relativity may be summed up in term of more intuitive
notions, by considering a rocket ship moving through empty space with no
windows or other contacts with the external environment [versione
tecnologica del "gran navilio" di Galileo nel quale ci si rinserrava "sotto
coverta"]. According to the principle of relativity the phenomena observed
by an observer *whitin such a ship* should not depend at all on the speed of
the ship."
A me pare abbastanza evidente l'errore che fanno Moeller e Bohm (come anche
gli altri autori di cui non ho citato esplicitamente le conclusioni).
L'eventuale esistenza di segnali superluminali non impone certo la rinuncia
al principio di relativita'.
Il "paradosso" di Tolman ci insegna semplicemente che segnali superluminali
*soggetti al principio di relativita'* danno luogo a paradossi causali. Ecco
cosa e' il + "qualcosa" che dicevo all'inizio.
L'eventuale esistenza di fenomeni superluminali non soggetti al principio di
relativita' non da' luogo ad alcun paradosso (non necessariamente almeno).
E ipotizzare l'esistenza di un qualche fenomeno non soggetto al principio di
relativita' non costituisce alcun problema per la teoria della relativita'.
I fenomeni sonori *non* sono soggetti al principio di relativita' e non
costituiscono alcun problema per la RR.
> Ciao Neo
Ciao.
--
Bruno Cocciaro
--- Li portammo sull'orlo del baratro e ordinammo loro di volare.
--- Resistevano. Volate, dicemmo. Continuavano a opporre resistenza.
--- Li spingemmo oltre il bordo. E volarono. (G. Apollinaire)
Received on Tue Jul 24 2007 - 02:02:44 CEST