"Aleph" <no_spam_at_no_spam.com> wrote in message
news:ev2ata$9jg$1_at_news.newsland.it...
> Bruno Cocciaro ha scritto:
>
> ...
> > Chiudo ringraziandoti per i riferimenti. L'articolo di Poincare' del
1905
> > (cioe' [P2]), non avevo mai avuto occasione di consultarlo.
>
> Contiene chiaramente l'ipotesi delle onde gravitazionali e della velocit�
> di propagazione finita e uguale a c dell'interazione gravitazionale,
> oltrech� la consapevolezza della natura matematica di gruppo delle
> trasformazioni di Lorentz.
> Davvero sorprendente!
Beh ma quelli che sostengono che Poincare' anderebbe ricordato come padre
della relativita' allo stesso livello di Einstein non hanno proprio frecce
totalmente spuntate al loro arco.
Non mi pronuncio sulle onde gravitazionali di cui non so nulla.
Per quanto riguarda la natura matematica di gruppo delle trasformazioni di
Lorentz, Poincare' in sostanza assume che tali trasformazioni debbano
costituire un gruppo, e grazie a tale assunzione arriva a porre il parametro
l=1 (elle=uno), cioe' pone le trasformazioni nella forma oggi nota.
Tale assunzione a me pare non suffragata dai fatti, o, almeno, io non
capisco su quali fatti Poincare' ipotizzerebbe di basare la sua assunzione.
In sostanza, non e' *logico* che le trasformazioni debbano costituire un
gruppo. E' la natura che ci deve dire se e' cosi' o meno.
La stessa critica pero' mi parrebbe possa calzare allo stesso modo ad
Einstein.
Einstein ricava le trasformazioni nella forma gia' data ad esse da Lorentz
(il che fa pensare che non conoscesse il lavoro di Lorentz), chiamando
fi(v), il paramentro che Lorentz e Poincare' chiamano l (elle).
Poi Einstein, in sostanza, dice che se, una volta sincronizzati gli orologi
nel mio riferimento, io vedo il treno andare a velocita' v, allora il treno,
una volta sincronizzato i suoi orologi, deve vedermi andare a velocita' -v.
Da cio' segue fi(v)=1 (il che mi pare, piu' o meno, una maniera piu' fisica
per dire che le trasformazioni vogliamo che costituiscano un gruppo).
Ma anche questa a me pare una assunzione sulla cui validita' andrebbe
interrogata la natura.
In altri scritti (ad esempio, mi pare, in "Il significato della
relativita'") Einstein ricorre in maniera esplicita all' "esperimento" per
porre fi(v)=1. Immagina una galleria e un treno di altezza giusta tale che,
viaggiando a velocita' v verso destra, passa giusto giusto nella galleria.
Einstein dice che lo stesso treno, viaggiando alla stessa velocita' pero'
verso sinistra, deve ugualmente passare giusto giusto nella galleria.
Poiche' una fi(v)>1 darebbe un aumento di altezza per v>0 e una diminuzione
di altezza per v<0, ne segue che il treno non passerebbe giusto giusto nella
galleria in entrambi i casi. Da cio' Einstein ne deduce che deve essere
fi(v)=1.
Pero' questo d'accordo che e' un esperimento, ma e' un esperimento mentale.
Mi pare che anche qua andrebbe chiesto alla natura se il treno ci passa
giusto giusto in entrambi i versi o meno.
Questo e' un punto che non ho mai capito.
In sostanza, uno dei passi centrali per la "nascita" della la RR, cioe'
quello a seguito del quale le trasformazioni passano dalla forma data loro
da Lorentz alla forma data loro da Poincare' ed Einstein, io non capisco su
quali *fatti* sia basato.
Da notare che Lorentz aveva lasciato il parametro l (elle) indefinito
proprio perche' (cosi' almeno mi pare di ricordare) era alla natura che si
sarebbe dovuto chiedere il valore (la dipendenza di elle dalla velocita' del
riferimento).
> Saluti,
> Aleph
Ciao.
--
Bruno Cocciaro
--- Li portammo sull'orlo del baratro e ordinammo loro di volare.
--- Resistevano. Volate, dicemmo. Continuavano a opporre resistenza.
--- Li spingemmo oltre il bordo. E volarono. (G. Apollinaire)
Received on Thu Apr 05 2007 - 19:38:49 CEST