Re: Etere

From: Paolo Brini <paolo.brini_at_iridiumpg.cancellacom>
Date: Wed, 28 Mar 2007 11:21:40 +0200

(Nota ai moderatori: il messaggio � gi� stato inviato in data 26/03/07
ma probabilmente � andato perso per problemi con il server che ho
utilizzato; se esso fosse gi� stato pubblicato Vi prego di cestinarlo).

Michele Falzone ha scritto:

> Se ti riferisci alla discrepanza di due parti su mille, devi capire che il
> mio modello, ammesso che sia corretto � un modello molto approssimato.

Ciao Michele. Accetto questo punto in merito alla costante di struttura
fine che rende insensata la successiva obiezione che mi chiedevi di
spiegare meglio.

>> Inoltre: come � possibile che la stragrande maggioranza degli
>> esperimenti, da quello di Michelson-Morley in poi, dia risultato nullo?
>> Come mai non si rileva alcun trascinamento rispetto all'etere? Come mai
>> una grande quantit� di evidenze sperimentali mostrano che non esiste un
>> sistema di riferimento inerziale privilegiato? Domande importanti, le
>> cui risposte portarono all'abbandono del vecchio etere luminifero.
>
> In quel momento storico ci si aspettava una variazione delle frange di
> interferenza per effetto di un moto relativo, ma senza tenere conto che il
> regolo lungo la direzione del moto si contrae realmente.

Va bene, se ci limitiamo a questi esperimenti, assumendo la contrazione
prevista da Fitzgerald e Lorentz, in effetti il moto rispetto all'etere
non � individuabile; la preferenza verso la relativit� speciale (sempre
limitandoci al contesto storico e agli esperimenti in questione, perch�
la preferenza verso la RS, nei decenni successivi, deriva anche da una
potentissima capacit� predittiva e da ricadute tecnologiche di
importanza primaria) deriverebbe da gusti personali (maggiore eleganza
della RS, per esempio), dall'applicazione del rasoio di Occam e da
problemi fondazionali: abbiamo davvero bisogno di postulare l'esistenza
di un'entit� se non c'� modo di rivelarla sperimentalmente?

> Se postulo il vuoto posso ritenere costante la velocit� di propagazione c,
> ma se per ipotesi considero l'etere devo tener conto delle diverse
> velocit� nei due percorsi. Non ho realmente modo di misurare la relt�,
> almeno per ora.

Se non hai modo "di misurare la realt�" alcune o molte previsioni non
possono essere confermate o smentite, e a questo punto � difficile
promuovere il modello da ipotesi a teoria. Quindi sar� indispensabile
ideare esperimenti adatti. C'� da dire comunque che questa visione �
coerente con quella di Lorentz del 1911, quando afferm�, sostenendo che
non era necessario abbandonare l'etere nonostante la relativit�
speciale: "what the theory of relativity has to say [...] can be carried
out independently of what one thinks of the aether and the time". "One
cannot deny to the bearer of these properties a certain substantiality,
and if so, then one may, in all modesty, call true time the time
measured by clocks which are fixed in this medium [l'etere], and
consider simultaneity as a primary concept" (citazioni tratte per
comodit� da Wikipedia). Io scetticamente commento, permettimi una
divagazione che per� potrebbe forse essere pertinente, che tale orologio
solidale con l'etere, che misurerebbe il tempo VERO, andrebbe meglio
definito...

Domanda correlata anche se forse tautologica: � giusto quindi affermare
che il tuo modello prevede sistemi di riferimento privilegiati?

> Se il mio modello � corretto, il concetto di massa pura dovrebbe essere
> legato ad un puro sforzo di taglio e pertanto il fotone � una pura onda di
> pressione, che interferisce solo con onde della stessa frequenza.
> A mediare le forze coulombiane pertanto solo le sole onde di pressione e
> quelle gravitazionali quelle di taglio, infatti cariche opposte a distanze
> sufficientemente grandi appaiono come delle pure onde di taglio o che � lo
> stesso un puro vortice e noi definiamo neutre.

Non ho capito, mi spiace... se ne hai tempo e voglia puoi riformulare?
Forse � solo un problema di interpretazione di linguaggio o di errore di
forma (soprattutto la seconda frase mi risulta incomprensibile).

> Vediamo di dare "ora" una risposta esauriente, visto che solo ora mi �
> stato chiesto educatamente:
> Una particella con una particolare quantit� di moto urta contro una
> cresta di un'onda equivale a dire che due masse di massa met� di quella
> indicata urtano due creste di due onde diverse della stesa perturbazione
> o meglio N masse di pari valore e stessa velocit� in modulo urtano N
> creste, e ti renderai conto che posso fare tendere N all'infinito, e
> considerare particelle di etere che urtano creste di falde successive, con
> la sola limitazione che la velocit� sia inversamente proporzionale al
> quadrato della distanza come realmente si propaga l'onda sferica e la
> massa totale sia quella indicata.
> Praticamente l'etere come un gas ideale, ma non perch� privo di viscosit�,
> ma con particelle tutte uguali e di massa infinitesima e pertanto quella
> portata di massa non perfettamente localizzata in un preciso punto.

D'accordo, in questo senso vedrei un'incertezza nella misura della
posizione una volta data una quantit� di moto misurata con precisione
arbitraria, e sebbene non mi sembra che si tratti di un indeterminismo
di carattere fondamentale equivalente a quello attribuito da molte
interpretazioni della meccanica quantistica, assumiamo pure
provvisoriamente che non sia un problema per il tuo modello.

Tuttavia perch� dici che puoi far tendere N all'infinito? Non c'� una
stima inferiore della massa di una singola particella di etere? Come
puoi assumere che in un volume arbitrario finito di uno spazio
tridimensionale euclideo siano presenti simultaneamente infinite
particelle di etere (questa affermazione mi sembra implicata dalla frase
"N masse di pari valore [...] urtano N creste")? Se la massa della
particella di etere ha un valore finito, per quanto piccolo,
l'indeterminazione mi sembra solo apparente (deriva cio� solo da un
limite del potere di risoluzione o comunque da un limite tecnico degli
apparati rivelatori) e N non pu� tendere all'infinito (rinunciando, come
mi sembra ovvio altrimenti avremmo bisogno di ben altri paradigmi, al
concetto di "particelle virtuali" ecc.). O mi sfugge qualcosa di
fondamentale?

Nota che queste domande poi portano ad ulteriori problemi nella
definizione fisica di una particella di etere. A questo punto faccio un
passo molto indietro e ti chiedo quali sono le propriet� fisiche che si
postulano associate ad una particella di etere.

> Vorrei precisare che a parte il paradigma i risultati non possono che
> essere uguali se il mio modello � corretto, si pu� dare una diversa
> interpretazione dei fatti ma il modello matematico alla fine deve essere
> uguale.
> E qui spero che tu non cada nella banalit� nel dirmi che se il modello
> matematico � identico allora non serve l'etere, visto che se il mio
> modello � corretto si potr� trovare il legame tra la gravitazione "Etere
> dei vortici" con la quantistica "Etere dei microvortici o delle
> perturbazioni" senza dire che talune simulazioni si possono osservare
> nella fluidodinamica.

Certamente si tratterebbe di un forte supporto al tuo modello, ma prima
queste verifiche sperimentali e il formalismo che possa far calcolare
quantitativamente le previsioni, o almeno una parte di esse, dovrebbero
essere esplicitati, visto che parli di modello matematico. Sai darmi
qualche riferimento da leggere in modo da evitare che io ti ponga
domande a cui hai gi� risposto?

Ciao,

Paolo
Received on Wed Mar 28 2007 - 11:21:40 CEST

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