(wrong string) � grande un elettrone?

From: Tetis <gianmarco100_at_inwind.it>
Date: Thu, 15 Feb 2007 17:10:26 GMT

Il 19 Gen 2007, 21:04, Elio Fabri <elio.fabri_at_tiscali.it> ha scritto:
> Valter Moretti ha scritto:
al Perfezionamento in Normale, su questi argomenti e affini.
>
> Ora mi sembra problematico spiegare in poche parole la situazione.
> Accenno che bisogna intendersi sulla definizione di funzione d'onda:
> piu' esattamente, su come si definisce il prodotto scalare.
> Ricordo che avevamo identificato (ci lavoravo con Picasso) tre
> alternative: una ha la proprieta' che dici tu; un'altra e' uno scalare
> di Lorentz; una terza invece e' proprio una delta per t=0.


In un certo modo il problema � che la nozione di simultaneit�
che � implicita nella definizione di una sezione a tempo
fissato dello spazio tempo non � relativisticamente
invariante, la traduzione del vincolo di simultaneit� da
un riferimento all'altro pu� essere ottenuta solo a costo
di trasformazioni globali, la propagazione dei campi
comporta che nel nuovo punto r' al tempo t' = t
(trasformato di r al tempo t) entrano in gioco campi
valutati non solamente in r', ma anche in punti differenti
secondo le equazioni dinamiche. Anche se la questione,
espressa in questi termini � molto semplificata � questa
circostanza la ragione essenziale per cui si rende necessario
adottare prodotti scalari "non locali" quando si ragiona su
oggetti come le funzioni d'onda che si devono riconnettere alle
interpretazione classiche delle funzioni d'onda non relativistiche.

C'� un articolo relativamente recente, 1996
Iwo Birula Bialinicki che coglie i frutti di quegli
argomenti ma li riassume anche tematicamente
in una veste unitaria. Parte dal problema di definire
una funzione d'onda per il fotone, la situazione per il
fotone � certamente differente, a prima vista rispetto
al caso dell'elettrone, ma esistono invece molti aspetti
non solo analoghi ma persino complementari. Il problema
� che si pu� dare una caratterizzazione locale alla funzione
d'onda dell'elettrone a partire dalla classica definizione di
densit�. Majorana, dice Bialinicki, not� una stretta analogia
fra la quantizzazione delle equazioni di Maxwell e l'equazione
d'onda (di cui l'equazione di Dirac � una forma) per il neutrino.
D'altra parte queste equazioni e le densit� che portano appresso
sono invarianti relativistici, mentre la scelta di un riferimento spaziale
tipica della formulazione non relativistica comporta che l'elemento
invariante
sia della forma d^3 p / p_0 nello spazio degli impulsi. Quando si ragiona
con particelle non massive di Majorana, d'altra parte si dispone di un
vincolo, le
condizioni di trasversalit� dei campi, che permette di correlare l'operatore
impulso allo spin, queste condizioni di trasversalit� permettono di
ritrovare,
posto di usare la forma di Majorana dell'equazione d'onda,
le definizioni classiche della teoria non relativistica di particelle
massive,
con la sola accortezza di usare come elemento di volume l'operatore
d^3 r / H. La hamiltoniana nel denominatore deriva dalle condizioni
di trasversalit� ed � c s_z sp dove s � lo spin, p l'impulso, s_z la matrice
di Pauli fondamentale e c la velocit� della luce. Con questa scelta la
funzione d'onda del fotone si
trasforma localmente ed anche l'espressione degli operatori,
pure se fa uso di oggetti non relativisticamente invarianti come
la posizione spaziale, ha un'espressione invariante in forma
rispetto a cambiamenti di riferimento. Va da s� che i valori medi
delle grandezze come l'energia, l'impulso, il momento angolare,
dipendono dall'intero stato anche se la dipendenza � locale.
La trasformata di Fourier tradizionale permette di passare alla
rappresentazione nello spazio degli impulsi e definire una densit�
di fotoni invariante (dividendo per hbar omega il quadrato delle
componenti di Fourier). Questo passaggio allo spazio di Fourier
� suggerito dal modo in cui si contano i fotoni in termini di flusso
di energia. Ad ogni modo se uno vuole pu� ottenere la rappresentazione
dell'operatore numero in termini di valore di aspettazione sulla funzione
d'onda espressa in termini delle tradizionali grandezze locali non
relativistiche, e quello che ottiene � per� un'espressione non locale
della funzione d'onda. Questa non localit� ha un carattere in qualche modo
ineludibile. Nel contesto dell'elettrodinamica quantistica la stessa
espressione
non locale emerge dalla trattazione vincolata della condizione di gauge,
l'invarianza di gauge della elettrodinamica quantistica comporta che i
problemi
che si trovano nello studio dei fotoni emergono dualmente nello studio
degli elettroni. Esiste naturalmente una relazione fra la rappresentazione
di Majorana e la rappresentazione di Dirac. Potrebbe avere a che fare
con le trasformazioni a cui avete accennato. Ricordo infatti che
gli elettroni non sono particelle chirali, nel senso preciso che non esiste
una relazione fra l'impulso e lo spin come nel caso dei neutrini
di Majorana o dei fotoni polarizzati, per questo motivo gli elettroni �
naturale
rappresentarli in termini di una somma diretta di rappresentazioni
chirali, le singole rappresentazioni sono chirali, ma la somma diretta
non � chirale ed � invariante per parit�, mentre le singole rappresentazioni
coinvolte si scambiano per parit� (0,1/2) + (1/2,0) con riferimento ai
numeri quantici J+, J- (lorentziani) che caratterizzano le rappresentazioni.
Per i fotoni sono invece ammesse entrambe le rappresentazioni (0,1) ; (1,0).

Avevo gi� scritto sul ng di questo argomento lo scorso dicembre
ma la e-mail non � arrivata.

Per i neutrini esistono speculazioni circa la possibilit� che una sola
delle due rappresentazioni (0,1/2) e (1/2,0) dia conto della violazione
di parit� dei modelli elettrodeboli.

Ma sapete certamente che il gruppo
di Lorentz potrebbe essere un gruppo incompleto per questo tipo
di speculazioni (mentre secondo Penrose potrebbe bastare ragionare
in termini di fibrati twistoriali, una struttura complessa che rozzamente
potrebbe esser pensata come due fibrati lorentziani entangled).
Da un punto di vista matematico la struttura twistoriale � molto
naturale, seguendo Dirac e se diamo per scontata la struttura
spazio-temporale, ma forse � anche possibile ottenerla in modo pi�
"platonico", dando per scontata solamente l'esistenza degli stati
quantistici e non la nozione di spazio e di tempo. Vediamo come.

 Sappiamo che i fenomeni quantistici
conducono molto naturalmente alla nozione di probabilit� complessa,
per rappresentare i singoli stati. Ma la considerazione di coppie
di stati e molteplicit� di stati in interazione conduce naturalmente
a considerare spazi vettoriali complessi per descrivere i sistemi
quantistici di pi� stati in interazione, lo studio delle variet� complesse
con fibre di tipo vettoriale complesso
conduce a porsi naturalmente il problema di introdurre i vincoli di
conservazione della norma ed emergono naturalmente tre
algebre con privilegio che moltiplicando elementi non nulli fra
loro non si corre il rischio di imbattersi nello zero, una sorta di
principio logico di selezione che rende le propriet� connesse alle
algebre: C, H, O prevalenti sulla scena del mondo. C ha la propriet�
che essendo abeliano � nel centro di H e di O, H ha la propriet�
che essendo associativo, da luogo ad una concatenazione sequenziale
di elementi che agiscono sulle tre dimensioni, diversamente il
carattere non associativo di O fa in modo che l'ordinamento
sequenziale non garantisce un unico risultato, ma molteplici
risultati secondo il modo in cui gli elementi, a coppie, vengono
moltiplicati fra loro, una situazione analoga � responsabile
del cosiddetto confinamento della cromodinamica quantistica.

Studiando
le propriet� di O si trova un'amplissima struttura algebrica in
particolare si trova che O contiene due distinte copie di H,
e quindi supporta, in modo naturale, la rappresentazione
del gruppo di Lorentz, dove H supporta in modo naturale solo
la rappresentazione fondamentale del gruppo di spin,
o per essere pi� precisi dei due gruppi di boost chirali.
La considerazione di coppie di elementi di O si giunge
conduce invece naturalmente ad una complessificazione
che non � un dominio di integrit�. Si tratta dei cosiddetti
sedenioni, che ammettono divisori dello zero. E' a questo
livello che "vivono" le rappresentazioni fondamentali
dei twistors di Penrose.

Ad un livello fisico esiste una sorta di analogia naturale fra
la rappresentazione dello spazio tempo in termini di twistors
e le ampiezze di scattering fra coppie di fermioni in una
teoria di gauge con particelle non massive. (due spin 1/2
costruiscono stati di spin 0 e di spin 1) trovo suggestiva
la circostanza che il diagramma minimo per parlare di
osservazione di una particella richiede un paio di vertici
da cui inizia e termina un fotone, o una particella di gauge,
in qualche modo si potrebbe del tutto fare a meno di
scrivere esplicitamente lo stato dei campi di gauge, nella
misura in cui questo � determinato dalle leggi di conservazione
e dallo stato dei campi spinoriali quasi come se i fotoni e le
particelle di gauge in generale non potessero far altro che
iniziare e finire con due eventi . E' anche suggestivo che
nell'algebra che ha luogo dalla complessificazione di coppie
di "eventi spazio temporali" si trovano per la prima volta
divisori dello zero. Non si tratta certamente di idee organiche,
anzi quasi non si tratta di idee, ma di vaghe intuizioni che
spero un giorno di rivedere in veste pi� concreta e con maggiore
spirito critico.

Riguardo all'argomento originale posto da Cometa Luminosa
esiste un articolo teorico che illustra in che modo � possibile
eludere il problema della creazione di coppie a cui alludeva
Valter ed usare fotoni per localizzare con elevatissima precisione
la posizione degli elettroni e dei positroni in una coppia elettrone
positrone pensata come entangled, la grandezza di cui
parla Landau ha un signifato fisico in relazione alle propriet�
della coppia, ma non della singola particella, come � anche facilmente
intuibile dal momento che mc � l'impulso di un fotone di energia m.

> --
> Elio Fabri
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Received on Thu Feb 15 2007 - 18:10:26 CET

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