Re: fotoni & fotoni

From: Elio Fabri <elio.fabri_at_tiscali.it>
Date: Wed, 03 Jan 2007 21:24:47 +0100

antonio2 ha scritto:
> sentite questa: N osservatori nel vuoto osservano (per l'appunto) un
> punto.
> Ad un certo istante dal punto viene emesso un breve lampo luminoso di
> una certa frequenza. Nessuno degli osservatori se ne accorge. E'
> possibile?
Il thread nel momento in cui scrivo e' gia' lungo, e mi sembra che ci
sia bisogno di piu' di una messa a punto...
Non sara' facile tener dietro ai diversi interventi, e scusate se
attacco questo come risposta al piu' recente post che ho letto, anche
se il thread si e' diramato.

Per cominciare, direi ad antonio2 di lasciar perdere gil
"ossrevatori", che sebrano introdurre nel discorso una dimensione
soggettiva. Lo so che si fa molto spesso, ma io lo trovo sbagliato.
Per rivelare i fotoni ci sono adeguati strumenti, chein sneso generale
si chiamano "rivelatori" (e non "rilevatori", come purtroppo oggi quasi
tutti scrivono :-(
Quindi ritraduciamo il discorso di antonio2 in questi termini:
"In un certo punto dello spazio e' presente una sorgente di luce, che
a un certo istante emette un singolo fotone.
Attorno alla sorgente si trovano alcuni rivelatori, e nessuno di
questi riceve il fotone. E' possibile?"

Risposta: certo che e' possibile.
Sarebbe impossibile solo se i rivelatori riempissero tutta la
superficie di una sfera attorno alla sorgente, e se avessero rendimento
100%. In tal caso uno (e uno solo) dei rivelatori segnalerebbe
l'arrivo del fotoen.

p. es. se la sorgente emette un certo numero di fotoni, un osservatore
per osservare un fotone deve porre l'occhio nella direzione di
propagazione di questo (il fotone si muove su una semiretta). Se
nessuno degli osservatori ha questa fortuna il lampo non viene visto.

> Anche pensando alla luce come onda sferica, se E e' l'energia del
> lampo emesso, supponendo tutti gli osservatori sulla superficie di una
> sfera di raggio R, l'energia ricevuta da un osservatore e' Eo > E/(4piR^2)*A dove A e' la superficie dell'occhio di un osservatore.
Ti correggo: quella che hai calcolato e' l'energia *media* che puo'
arrivare a un rivelatore.
Dato che il fenomeno della rivelazione ha carattere statistico, da
questa energia media puoi ricavare la probabilita' che il rivelatore
segnali un fotone, ma non puoi prevedere con sicurezza se lo
segnalera' realmente.

> Ma comunque E = nhf Eo=mhf e risulta che il rapporto (4piR^2)/A e' un
> numero razionale il che e' piuttosto improbabile.
Ora stai dunque supponendo che la sorgente abbia emesso esattamente n
fotoni; il n. medio di fotoni in arrivo su un rivelatore sara'
m = n*A/(4*pi*R^2), che non ha alcun obbligo di essere un numero
razionale. Puo' anche essere < 1.
In ogni caso la prob. che arrivi un fotone al rivelatore e' m/n, e
formulette di probabilita' ti permettono di calcolare la prob. che il
rivelatore non veda nessun fotone: questa vale (1-m/n)^n.
In modo simile si calcola la prob. che ne venga rivelato uno, oppure
due, ecc.
(Qui ho assunto l'ipotesi che gli arrivi dei fotoni siano tra loro
inipendenti, il che non e' nec. vero, ma non complichiamo cose che
sono gia' abbastanza complicate...)

ivan ha scritto:
> Anche io ho dubbi simili ai tuoi.
> Pobabilmente � perch� non ho chiara la differenza tra onda
> elettromagnetrica e fotone, e nessuno me l'ha mai chiarita.

Caro mio, se avrai vogia e coraggio di seguire i 5 anni di una laurea
in fisica (3+2, perche' non non bastano di certo allo scopo) allora
_forse_ comincerai ad avere idee _un po'_ piu' chiare.
Non ti meravigliare di tuttii miei "forse": su alcune di queste cose
ancora si discute.

Comunque vediamo...

> Infatti: se io faccio oscillare armonicamente una carica, per le eq.
> di Maxwell, genero in tutto lo spazio una onda elettromagnerica che
> ogni osservatore � in grado di "sentire".
> Se la faccio oscillare abbastanza velocemente dovrebbe generarsi luce
> visibile monocromatica, se non ho capito male.
Entro i limiti di una certa approssimazione, detta di "dipolo", e'
cosi'.
Se la tua carica acquista una velocita' comparabile con c, nella
radiazione emessa compaiono anche delle armoniche.
Quello che hai detto va bene finche' v<<c.

> Non so rappresentarmi bene un fotone: di certo non pu� essere
> monocromatico, perch� se lo fosse la sua quantit� di moto sarebbe
> definita perfettamente e non potremmo dire nulla in merito alla suia
> posizione.
Questo non e' vero, perche' la q. di moto e' un vettore, e l'energia
ne determina soltanto il modulo.

> Anche la sua energi� sarebbe definita perfettamente e nulla potremmo
> dire sul tempo di durata.
Infatti, nelle tue ipotesi devi anche dire che la carica e' in
oscillazione da un tempo infinito, e durera' a oscillare per un tempo
infinito...

> Quindi non so bene come stanno le cose. L'onda enmessa da una carica
> oscillante � quantizzata o no?
Certamente.

> Me lo immagino, il fotone, come un onda che ha intensit� distribuita
> come una gaussiana, nello spazio.Ma questa immagine non mi porta
> lontano.
Che tu abbia difficolta' a immaginare un fotone, non mi stupisce. Ma la
gaussiana non c'entra niente.
Leggi piu' avanti.

> Bho!
Si scrive "boh" :-))

antonio2 ha scritto:
> lo so che non � una risposta, ma penso sia entrambe le cose a seconda
> dell'uso che viene fatto dell'onda, se interagisce con la materia si
> comporta come quanto se interagisce con se stessa (penso
> all'esperienza di Young) o con altre onde ha un aspetto ondulatorio
'Nzomma...
Se per "uso che viene fatto" intendi che bisogna specificare come e'
fatto l'apparato sperimentale, siamo d'accordo.

Pero' il fotone che "interagisce con se stesso" non mi piace.
Nell'esperimento di Young c'e' una sorgente, due fenditure e un
rivelatore.
Quello che si vede e' che la prob. che il rivelatore segnali il fotone
quando le due fenditure sono aperte *non e' la somma* delle due prob.
che osservi quando una o l'altra delle fenditure sono chiuse.

Viceversa il risultato dell'esperimento si spiega bene attribuendo al
fotone una _ampiezza_, che si combina additivamente per le due
fenditure.
E per di piu' bisogna ammettere che questa ampiezza non e' un numero
reale, ma complesso (le "freccine" di Feynman, se conosci QED).

Tutto questo nel gergo dei fisici si esprime dicendo che il fotone ha
un "comportamento ondulatorio", perche' la stessa cosa succede quando
si lavora con qualsiasi specie di onde.
Ma da qui a dire che i fotoni sono onde ce ne corre...
Piu' o meno come dire che i delfini sono pesci perche' vivono mel mare
come i pesci :-)

> comunque se la risposta al quesito che ho posto � che nessun
> osservatore vede il lampo luminoso mi sembra un sorta di paradosso
Forse la parte iniziale della mia risposta ti avra' gia' spiegato
perche' non c'e' nessun paradosso.
Se nessun rivelatore ha contato il fotone, esso sara' finito in
qualche posto dove non c'erano rivelatori. Tutto qui...

"cometa luminosa" ha scritto:
> Il problema � che l'onda elettromagnetica e il fotone sono due
> concetti differenti come "tipo": l'onda � qualcosa che esiste nello
> spazio e nel tempo, il fotone no. Il fotone esiste nell' "energia"; �
> una discretizzazione di questa; pi� precisamente � "il quanto del
> campo elettromagnetico".
Qui non sono d'accordo. Francamente non so neppure come interpretare la
tua frase "il fotone esiste nell' 'energia".

A mio modo di vedere i fotoni sono vere e proprie particelle.
Ovviamente non sono il semplice analogo di granelli di sabbia: sono
_particelle quantistiche_, quindi con proprieta' particolari che non
hanno riscontro nel mondo della nostra esperienza quotidiana, sui cui
si e' modellata la fisica classica.

> *Qualsiasi* rappresentazione del fotone come "una particella,
> localizzata spazialmente, che si muove a velocit� c dalla sorgente al
> rivelatore" � destinata a fallire (almeno nell'ambito della teoria
> quantistica attuale).
Il punto cruciale e' il "localizzata spazialmente", of course...
Ma basta togliere questa richiesta, e un fotone puo' benissimo essere
descritto in modo coerente.

> Certo, secondo la classica teoria di Maxwell, in ogni punto dello
> spazio dovrebbero esistere dei campi non nulli, ma non sono sicuro che
> ci� continui ad essere vero nell'ambito della trattazione quantistica
> dei campi (bisognerebbe chiedere a chi ha studiato almeno
> Elettrodinamica Quantistica).
Penso che non sia il caso di addentrarsi in questo discorso...
Mi pare piu' utile segnalare a ivan dove risiede la sua difficolta'
centrale.
Occorre imparare prima di tutto che in fisico coesistono per lo stesso
campo di fenomeni diversi _paradigni_ ovvero schemi interpretativi.

Che in genere non sono compatibili tra loro: i concetti che si possono
usare entro un certo paradigma, sono privi di senso in un altro.

Dato che il campo fenomenico e' lo stesso, o per lo meno ha larghe
sovrapposizioni, si pone un'esigenza di "coerenza esplicativa": ci che
si puo' spiegare con un paradigma deve poter essere spiegato anche con
un altro, se questo comprende il primo come caso limite o caso
particolare.

E' questo il caso tra l'elettrom. maxwelliano e QED: la seconda
permette di ritrovare tutto cio' che si spiega col primo (ma non
viceversa...). Purtroppo pero' la relazione e' di gran lunga troppo
complessa per esporla qui, e non solo per motivi di spazio e di
tempo...

Qunao invece parliamo semplicemente di fotoni, ci poniamo su un livello
esplicativo piu' basso.
Alcune cose si spiegano benissimo coi fotoni, mentre l'e.m. di Maxwell
non ci riesce. Ma e' pure vero il viceversa, e l'esempio e' proprio
quello della radiazione da una carica oscillante.
Intepretarla in termini di fotoni *e basta* e' assai problematico.
Quello che ivan non deve fare e' cercare un'impossibile conciliazione
tra i due punti di vista: fotoni e onde maxwelliane *non possono
andare insieme*.

> Devi specificare cosa significa che "l'onda � quantizzata in fotoni"
> altrimenti puoi fare confusione. Il significato � che "l' *energia*
> del campo elettromagnetico" � quantizzata.
Come ho gia' detto, questo e' troppo riduttivo, per molte ragioni.
I fotoni hanno anche q. di moto e momento angolare.
Possono esistere in stati in cui l'energia non e' ben definita.
Il comportamento di sistemi di due o piu' fotoni presenta
caratteristiche nuove, non riducibili alla semplice interpretazione
come "quanti" (ovvero "granelli") di energia.

davide.vadacchino_at_gmail.com ha scritto:
> ...
> Un esperimento molto interessante che ti potrebbe chiarire un pò di
> cose è l'esperimento di Frank & Hertz, che ti consiglio di cercare su
> google : mostra come gli atomi di un gas assorbano i fotoni di una
> radiazione soltanto per certe frequenze di questa.
Mi sa che stai facendo un po' di confusione...
L'esper. di Franck e Hertz non dice niente direttamente sui fotoni.
Dimostra invece direttamente la quantizzazione dei livelli atomici.

Lo dimostra facendo vedere che l'urto di un elettrone contro un atomo
e' elastico (l'elettrone rimabalza con la stessa energia) finche'
l'elettrone stesso nn ha energia cinetica maggiore di quella
occorrente per portare l'atomo al primo livello eccitato.
In quel caso l'urto e' anelastico: l'elettrone rimbalza con energia
minore, e l'atomo resta nello stato eccitato (dal quael poi puo'
tornare nel fondamentale emnettendo un fotone).

Su questo esperimento esiste anche un film della serie PSSC.
-- 
Elio Fabri
Received on Wed Jan 03 2007 - 21:24:47 CET

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