Re: La velocita' della luce

From: Bruno Cocciaro <b.cocciaro_at_comeg.it>
Date: Tue, 12 Dec 2006 19:41:52 +0100

"Magister P.N." <magisterpn_at_yahoo.it> wrote in message
news:1165484185.533898.147520_at_73g2000cwn.googlegroups.com...

> Innanzitutto in fisica sarebbe forse piu' corretto parlare di
> cronometri, e non di orologi, nel senso che non c'e' un concetto di
> "orario convenzionale segnato dall'apparecchio", ma di "sequenza
> continua di istanti temporali a partire da un arbitrario istante zero".

D'accordissimo. Gli orologi sono semplicemente dei cronometri che possono
essere sincronizzati all'istante voluto. Ma e' certo che la parte fisica e'
costituita dal cronometro, cioe' dal misuratore di intervalli di tempo.

> Dico che due cronometri sono sincronizzati (ovvero "battono lo stesso
> tempo") se la differenza degli istanti segnati dall'uno e dall'altro
> resta costante ad ogni misurazione.

Qua mi sa che stai usando la parola "sincronizzazione" dandole un
significato diverso da quello che le do io. Se ben capisco quanto dici, io
chiamo "cronometri sincroni" quelli che tu chiami "cronometri
sincronizzati". In realta' dicendo "cronometri sincroni" si ripete due volte
lo stesso concetto: due cronometri, cosi' come due orologi, non sarebbero
tali se non fossero sincroni.
Con orologi sincronizzati intendo orologi i cui istanti sono stati settati
ad un dato valore secondo una data procedura.
Mi sembra che la parola "sincronizzazione" venga normalmente usata secondo
il significato che le do io.

> Dal punto di vista galileiano, si ritiene istantanea la trasmissione di
> segnali, quindi la sincronizzazione puo' essere verificata
> semplicemente guardando l'istante segnato dai due orologi.
>
> Dal punto di vista einsteiniano, se teniamo conto della velocita'
> finita di propagazione della luce, io che osservo i cronometri K1 e K2
> da una distanza rispettivamente pari a d1 e d2, dovro' aggiungere d1/c
> e d2/c all'istante che leggo sui cronometri.

Qua mi pare che tu continui a sorvolare sulla "base logica" della
relativita'.
Einstein *non dice* che "dovro'" aggiungere d1/c.
Dice che sceglie *per definizione* di settare l'orologio distante d1
all'istante tin+d1/c nel momento in cui riceve il segnale luminoso partito,
da distanza d1, quando l'orologio fisso li' segnava l'istante tin.
Reichenbach riprende la cosa sottolineando che la scelta operata da Einstein
non e' necessaria, si potrebbero operare altre scelte. Tutto il dibattito
sulla convenzionalita' della simultaneita' verte proprio sulla effettiva
possibilita' o meno di poter operare scelte diverse.

> Per fare questo, finche' gli orologi sono in quiete nel mio
> riferimento, mi e' sufficiente sapere che la luce ha velocita' c *nel
> mio riferimento*, e non e' necessario che valga l'invarianza di c
> rispetto a cambiamenti di riferimento.

No. Non ho bisogno di nulla. Una scelta si opera nella maniera che si
"sceglie".
Il dibattito sulla convenzionalita' della simultaneita' si e' protratto per
quasi un secolo. Io lo ritengo chiuso per quanto sia vero che ogni tanto
ancora oggi compare qualche pubblicazione in cui si sostiene la necessita'
della sincronizzazione standard.
Se tu vuoi sostenere la necessita' della sincronizzazione standard (cioe' se
vuoi sostenere, come fanno alcuni, che, sebbene Einstein abbia detto "per
definizione", in realta' la sua scelta e' necessaria, e' dettata dai fatti)
allora ti pregherei di dirlo esplicitamente.
Come ripeto io ritrengo assolutamente insostenibile tale tesi, pero',
per capirsi, e' importante definire bene le proprie posizioni e capire bene
le posizioni degli interlocutori.

Il punto da cui eravamo partiti era che io sostengo la mancanza di
significato fisico in proposizioni tipo "quando il segnale parte da (0,0,0)
entrambi [gli orologi distanti] segnano l'istante tin".

Per dare un significato fisico non vuoto a proposizioni simili si deve
necessariamente passare per la definizione di una sincronizzazione (nel
senso da me indicato) "assoluta". Io almeno non vedo alternative.

> Ciao
> R.

Ciao.
-- 
Bruno Cocciaro
--- Li portammo sull'orlo del baratro e ordinammo loro di volare.
--- Resistevano. Volate, dicemmo. Continuavano a opporre resistenza.
--- Li spingemmo oltre il bordo. E volarono. (G. Apollinaire)
Received on Tue Dec 12 2006 - 19:41:52 CET

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