Re: La velocita' della luce

From: Bruno Cocciaro <b.cocciaro_at_comeg.it>
Date: Sun, 3 Dec 2006 11:10:24 +0100

"cometa luminosa" <a.rasa_at_usl8.toscana.it> wrote in message
news:1165084239.730560.83920_at_79g2000cws.googlegroups.com...
> Bruno Cocciaro ha scritto:

> > pare che ci sarebbero seri problemi per tutta la relativita'. E, ancora
> > peggio, andremmo comunque a finire in problemi come quelli prospettati
> > all'inizio. Se cF1>cF2 (velocita' della luce a frequenza F1 maggiore di
> > quella a frequenza F2) in un certo riferimento R, si dotrebbe forse
> > immaginare l'esistenza di opportuni riferimenti inerziali in cui i
fotoni
> > che in R hanno frequenza F2 siano in quiete. E cosa sarebbero questi
fotoni?
>
> Particelle a riposo, come tante altre. Non capisco la domanda.

In tal caso perderebbero quella che a me pare essere una caratteristica
specifica dei fotoni che e' quella di essere mediatori delle interazioni fra
gli atomi, cioe' i costituenti i corpi rigidi. Si potrebbe comunque
immaginare l'esistenza in quel riferimento dei corpi rigidi (le interazioni
fra i loro atomi sarebbero mediate da altri fotoni), pero' mi pare proprio
che la relativita' in questo caso subirebbe un colpo che direi mortale.
Ad ogni modo, il problema era se pensavo si potesse dire che la velocita'
della luce di andata e ritorno e' non misurabile in quanto assunta per
definizione, anche nel caso in cui si osservasse una massa a riposo non
nulla per i fotoni. La mia risposta principale e' che in quel caso si
aprirebbero problemi di fondo talmente grandi che anche solo cercare di dare
un senso alle parole "velocita' di andata e ritorno della luce" sarebbe
problematico. Ad esempio la legge di composizione delle velocita' non si
capirebbe piu' tanto bene cosa diventerebbe (siccome ho visto che ne parli
in altro post rispondendo a Dalet, riprendo la questione andando a
commentare quella tua risposta).

> Ok. Allora: tu prendi un tavolo (il che significa che il tavolo esiste
> gi�!) e lo misuri.
> Poi: tu prendi un fotone e lo...un momento! Ma che cos'� che prendi?
> Se tu definisci la parola "fotone" come: "la misura effettuata su un
> fotone" devi gi� avere un fotone per poterlo misurare, ma non puoi,
> perch� il fotone � la misura stessa!

Cometa, mi spiace ma mi pare proprio che su questo punto ci stiamo ripetendo
da un po' di post le stesse cose. Insisto ancora una volta in quanto mi pare
che nei tuoi interventi tu risponda non cogliendo il cuore del punto da me
sollevato (il che mi fa sospettare che io non abbia ancora esposto il punto
con chiarezza, almeno non con una chiarezza tale da renderlo chiaro a te).
Quando dici "prendo un tavolo" stai dicendo che esegui delle operazioni sul
tavolo. Tali operazioni le puoi eseguire in quanto il tavolo ha mostrato
avere delle proprieta' tali da permettere a te di poter eseguire su di esso
quelle operazioni.
Gia' nella proposizione precedente io faccio uso della parola "tavolo"
assumendo una posizione realista, sto assumendo che il tavolo esista, quale
che sia la sua "reale essenza". Ma uno scettico avrebbe tutte le ragioni nel
dire che io assumo tale esistenza semplicemente sulla base del fatto che le
operazioni che io eseguo su di esso mi danno delle risposte. E' solo su
questo che baso la mia convinzione che il tavolo esista, e non vedo proprio
su cosa altro potrei basarla.
Per il fotone e' qualitativamente la stessa identica cosa. Si potra' dire
che sono poche le operazioni che posso eseguire sul fotone, per il tavolo
sono molte di piu', ma questa e' semplicemente una differenza quantitativa.
E' per questo che ti dico che non capisco dove tu "metti la barriera". Come
fai a stabilire che un certo ente esiste veramente mentre un altro e'
semplicemente una nostra ipotesi? A voler essere precisi in fisica tutti gli
enti sono sempre introdotti come ipotesi, poi, se un fisico assume una
posizione realista, tratta quegli enti come se esistessero veramente, ed e'
pronto a decretarne la morte (come per il calorico) qualora gli eventi
mostrassero risultati non compatibili con un certo ente ipotizzato.
Con cio' non voglio dire che un realista debba considerare "realmente
esistenti" tutti gli enti ipotizzabili in qualche maniera. Si fanno delle
ipotesi sulla base di alcune evidenze sperimentali, poi, piu' aumentano le
evidenze sperimentali, piu' il realista rafforza la sua convinzione che
quell'ente ipotizzato "esista veramente" (quale che sia il significato della
parola "esistere").
Einstein probabilmente ha iniziato a credere nell'esistenza "reale" dei
fotoni gia' dal 1905. La stragrande maggioranza dei fisici ha continuato a
non credere in tale esistenza fino alla scoperta dell'effetto Compton. Dopo
l'effetto Compton direi che la stragrande maggioranza dei fisici creda
nell'esistenza reale dei fotoni (almeno quelli di estrazione realista).
Pero' direi che sia abbastanza discutibile stabilire quale dovrebbe essere
il "corretto" attegiamento: quello di Einstein, quello dei fisici post
effetto Compton, o quello di chi ancora oggi volesse mantenere i fotoni nel
limbo delle ipotesi?
Con questo voglio dire che se tu ritieni che le evidenze sperimentali a
sostegno dell'ipotesi del fotone siano ancora troppo poche per poter
decretare il fotone come "realmente esistente", sei ovviamente libera di
farlo. Anche Mach riteneva le evidenze sperimentali a sostegno dell'ipotesi
atomica non sufficienti per poter decretare l'atomo realmente esistente.
Ma tu mi pare che la metta in termini diversi. Tu mi pare che vorresti
sostenere che il fotone non va considerato realmente esistente in quanto
esso non mostra alcune proprieta' (lunghezza, larghezza ...- per la
precisione andrebbe detto che il fotone non ha "ancora mostrato" di
possedere quelle proprieta', potrebbe anche darsi che un giorno si scopra
una qualche misura che buona parte dei fisici concorderebbe nel chiamare
"misura della larghezza del fotone"). Qui si va a toccare un altro punto,
come se un qualsiasi ente "realmente esistente" dovesse necessariamente
mostrare almeno un minimo di proprieta'. Ci sarebbe da stabilire con
esattezza quali dovrebbero essere queste proprieta' (ad esempio, l'uccellino
stabilisco che esiste veramente perche' lo *sento* cantare e lo *vedo*
volare. Il tavolo lo *vedo* poggiare sul pavimento ma *non lo sento*
emettere alcun suono!!!! Che faccio? Stabilisco che la proprieta' di
emettere suoni e' essenziale o no?). Sarebbe una impresa abbastanza ardua e
questa si' decisamente piu' da filosofi che da fisici. I fisici direi che
abbiano un atteggiamento decisamente pragmatico. Vedono alcune proprieta' e,
senza stare tanto a chiedersi se sono proprieta' "essenziali" o meno,
ipotizzano degli enti associati a quelle proprieta' (questo mi pare faccia
Einstein riguardo ai fotoni nel 1905). Poi se si riescono ad osservare altre
proprieta' associate a quegli enti (effetto Compton), l'ente ipotizzato
aumenta il suo "grado" di reale esistenza (cioe' aumenta la convinzione del
fatto che quell'ente esista veramente). Permane il fatto che il grado
"assoluto" non si avra' mai, ne' per i fotoni ne' per i tavoli. Ma
l'assoluto riguarda eventualmente i filosofi, non i fisici.

> Ciao.

Ciao.
-- 
Bruno Cocciaro
--- Li portammo sull'orlo del baratro e ordinammo loro di volare.
--- Resistevano. Volate, dicemmo. Continuavano a opporre resistenza.
--- Li spingemmo oltre il bordo. E volarono. (G. Apollinaire)
Received on Sun Dec 03 2006 - 11:10:24 CET

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