Re: E se l'osservatore fosse il gatto?

From: Piero da newsland <piero_at_newsland.it>
Date: Fri, 09 Jun 2006 12:10:08 +0200

Guido D. ha scritto:

> So che se ne � parlato fin troppo, ma ho cercato in rete e non
> ho trovato da nessuna parte questa possibile interpretazione
> (soluzione?) del paradosso di Schroedinger. I detrattori della
> interpretazione di Copenhagen evidenziano la (paradossale)
> sovrapposizione fra gatto vivo e gatto morto, e il fatto
> che l'osservatore - che apre la scatola facendo "collassare"
> il sistema in un autostato - determina il destino del gatto.

> Ma l'obiezione pi� semplice che mi viene di fare � che il
> gatto � un sistema macroscopico, non � possibile parlare di
> sovrapposizione, ma � un sistema che interagendo con un
> sistema microscopico/quantistico discrimina fra un autostato e
> l'altro di quest'ultimo (nucleo radioattivo che decade/che non decade).

> Il questo senso � il gatto il vero osservatore! E` il gatto che
> effettua la misura! E la fiala di veleno � il suo (pericoloso...)
> strumento di laboratorio. E' vivo o morto gi� prima che un
> essere umano apra la scatola.

> Qualcosa mi sfugge?

[CUT]

Il mio punto di vista e' che hai ragione: i sistemi classici esistono e il
gatto e' uno di questi. Matematicamente si tratta di porre il confine tra
mondo classico e quantistico nel limite del numero di particelle che va
all'infinito. Puoi trovare dei lavori in proposito su arxiv.org.

Questa pero' non e' la convinzione attuale della maggior parte dei fisici.
Anzi, un premio Nobel, A. Leggett, ha suggerito che i motivi per cui un
sistema perde la sua peculiarita' quantistica e' per via della cosiddetta
decoerenza dovuta all'ambiente, ossia e' l'interazione con attori esterni
(l'aria, i fotoni, etc.) che fanno perdere le proprieta' quantistiche alla
materia e che dunque sistemi genuinamente classici non esistano. La
decoerenza ambientale sembra aver preso molto piede in virtu' di una serie
di esperimenti il primo dei quali e' dovuto al gruppo di Haroche a Parigi
nel 1996.

La situazione attuale e' questa: ci sono ricercatori che propugnano la
tesi di una decoerenza intrinsica, ossia indipendente da qualsiasi ente
esterno non ben definito, e chi invece supporta l'idea della decoerenza
dovuta all'ambiente. Il primo caso implica l'esistenza di sistemi
genuinamente classici (e' il caso del limite di molte particelle che ti ho
citato piu' sopra), mentre il secondo implica che si possano avere sistemi
anche con moltissimi particelle genuinamente quantistici se
sufficientemente protetti da qualsiasi ente esterno. Nel primo caso il
gatto di S. e' genuinamente classico nel secondo e' un oggetto quantistico
ma la sua interazione con l'ambiente lo rende classico e questo lo forza a
stare in uno solo dei suoi stati di vivo o morto.

E' chiaro che se esistono oggetti genuinamente classici, ossia se i
propugnatori della decoerenza intrinsica hanno ragione, possiamo
senz'altro tenerci l'interpretazione di Copenaghen. La decoerenza
ambientale supporta invece piu' una interpretazione a molti mondi. Dal
punto di vista sperimentale il discorso e' aperto.

Per quello che riguarda la quantum computation e' chiaro che la decoerenza
intrinsica sarebbe una iattura. Questo comporta difficolta' per alcuni
autori ad ottenere i propri lavori pubblicati sulle riviste piu'
importanti quando si tratta appunto di decoerenza intrinseca. Una
situazione di questo genere e' capitata per esempio a Castagnino (vedi
sempre arxiv.org) che sullo stesso numero di Physical Review A su cui era
stato pubblicato il suo articolo, ne e' stato inserito subito dopo un
altro che stroncava (impropriamente) il suo approccio!

Piero

-- 
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Received on Fri Jun 09 2006 - 12:10:08 CEST

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