Sar� anche vero che tutto � relativo, ma come la mettiamo con quanto
scritto da Bruno Cocciaro su it.scienza.fisica il giorno 26-04-06?
> Io sono in disaccordo netto con quanto affermato sopra. Non certo per una
> sorta di maggiore simpatia verso la "democrazia" rispetto alla "dittutatura"
> ma per una questione strettamente pratica: i linguaggi imposti per decreto
> non sono linguaggi.
Non credo che si tratti di imporre un linguaggio per decreto. Ma solo
di difendere una lingua che ha vistosamente calato le brache di fronte
ai termini inglesi.
Tutte le lingue evolvono nella direzione del maggior uso, e
probabilmente tra qualche decennio scompariranno congiuntivi e
condizionali. Eppure non vedo l'insegnamento della grammatica come la
morte di una lingua. Lo vedo come un mezzo per farla rispettare.
Allo stesso modo vedrei bene un archivio che mostri quali sono le
traduzioni _corrette_ in lingua italiana dei termini tecnici pi�
abusati.
Si potrebbero uplodare degli spreadsheet su un server, o magari
scannare i file di un wordprocessor, insomma se si � abbastanza
skillati una soluzione la si trova, magari anche bella performante e
fittante.
> A me pare caratteristica specifica dei linguaggi
> l'evolvere per convenienza pratica, quindi una certa parola si affermera' o
> meno, oppure cadra' in disuso o meno, a seconda che gli utenti riterranno
> opportuno utilizzarla o no.
Non lo nego. Quello che dico �: evitiamo che siano l'ignoranza e la
pigrizia a motivare questa diffusione.
Si pu� fare?
Secondo me s�.
Eppure c'� questa resistenza, secondo me motivata da uno scarso
rispetto per la propria lingua, e forse anche dal fatto che fa pi� figo
infilare qualche termine tecnico nelle frasi. Fa pi� dottore, pi�
commenda.
> Per come la vedo io, parole come crackpot, post, o anche lol, :-), fanno
> parte della lingua italiana "parlata" dalla comunita' virtuale italiana.
Ci sarebbe da fare un distinguo, per�. Un conto � un messaggio
informale quale pu� essere quello che appare in una bacheca virtuale,
un altro � il cotesto formale dei libri di testo e delle dispense
universitarie, nonch�, perch� no?, dei manuali tecnici.
Solo quando quelle fonti forniranno traduzioni italiane potrai dire che
un termine inglese si � imposto per la sua maggior praticit�. Se non
viene fornito un punto di riferimento � ovvio che verr� usato per farsi
capire. Ci sono termini la cui traduzione in italiano � chiara ma non
sempre univoca. Embedded, ad esempio. Parli di spazio embedded e la
traduci in un modo; parli di dispositivo embedded e lo traduci in un
altro.
> A me parrebbe decisamente inopportuno inventare una nuova parola da usare al
> posto di "post", un'altra per "email"
I vocabolari di tutte le lingue sono colmi di corrispondente 1:1, 1:N e
N:1. Non c'� mica bisogno di inventarsi un termine per ogni sfumatua. A
volte basta una perifrasi: "messaggio di posta elettronica", "messaggio
in un gruppo di discussione".
Per dire.
Ma, ripeto, bisogna anche distinguere il contesto formale da quello
informale.
quelllo che io vedo � che da diversi anni a questa parte viene
trascurato il linguaggio su libri, dispense e manuali.
E questo secondo me � male.
saluti,
Peltio
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Received on Fri May 05 2006 - 22:39:18 CEST