Il 02 Dic 2005, 20:49, Elio Fabri <mc8827_at_mclink.it> ha scritto:
> smargiassi_at_ts.infn.it ha scritto:
> Certamente ho detto male scrivendo che gli elettroni "sono"
> delocalizzati: in che stato si trovi un elettrone dipende da tante
> cose (molte delle quali io non so...).
E' fuorviante questa locuzione, ma non e' a te che si deve
importare l'addebito. Che significa in che stato si trova un
elettrone? In un conduttore e' un gas di elettroni quello
che occorre. Un gas quantistico, con elettroni indistinguibili,
esiste lo stato dell'insieme di elettroni, non lo stato di un
elettrone. E' pur vero che e' legittimo parlare di single
electron wave function con riferimento a precisi metodi
di approssimazione delle eccitazioni elementari. Eccitare
un elettrone o una lacuna non e' la stessa cosa, ma esiste
una regola di traduzione. E' pur vero che il solo modo di scrivere
bene queste approssimazioni e' la seconda quantizzazione,
ma leggere un qualunque libro di Anderson illumina sulla
efficienza computazionale del metodo a fronte della tortuosita'
della corrispondenza con l'euristica classica. La conclusione
di Anderson e': sebbene questo marchingegno della seconda
quantizzazione renda estremamente semplice, fin troppo semplice,
ogni teoria della conduzione, ivi inclusa questa della superconduttivita',
non di meno voglio confidarvi che non mi sembra che sia un metodo
veritiero. Quello che Anderson intende, se contestualizzato con il
suo libro e' che quello di cui si sta parlando e' eccitazioni collettive
del sistema e che il linguaggio ondulatorio sarebbe il piu' appropriato
se completato con la conoscenza della struttura dei livelli, ma siccome
questo e' troppo complicato occorre arrabattarsi con la seconda
quantizzazione, ma rinunciare spesso a qualsiasi appiglio per
l'intuizione.
> Percio' accetto senz'altro che la f. di Wannier (che conosco solo di
> nome) siano piu' adatte a rappresentare certe situazioni.
>
> Pero' resta il fatto che gli _stati stazionari_ sono delocalizzati,
> nel senso che ho detto: teorema di Bloch, ecc.
> E per parlare di livelli occupati o liberi bisogna pensare agli stati
> stazionari.
Ovviamente non basta, occorre fare anche una ipotesi di validita'
di quell'approssimazione secondo la quale il cambiamento di
configurazione elettronica e', sulle prime, descrivibile come
si descrive l'eccitazione di un elettrone singolo in un potenziale
esterno assegnato, ma in verita' e' lo stato complessivo quello
che cambia. Il problema centrale in questo approccio alla teoria
dei solidi e' proprio quello di individuare la forma di questo
potenziale medio, ed efficace, e poi descrivere gli effetti
collettivi in termini perturbativi rispetto a questo schema
approssimato. Esistono due difficolta': la prima e piu' importante
e' trovare un modo corretto per trattare l'effetto collettivo degli
altri elettroni sull'elettrone oggetto di eccitazione. La
seconda che diventa essenziale nella descrizione di proprieta'
limite e' quella di stimare come l'eccitazione altera la
distribuzione di equilibrio e quale e' l'effetto di questa alterazione.
Ad esempio le correzioni che si schematizzano
come inter-azioni elettrone-lacuna, sono fondamentali nella
descrizione delle proprieta' superconduttive, ma si scopre che sono
importanti anche per una corretta valutazione autoconsistente
del potenziale efficace. Una volta digerito tutto questo
si parte a scrivere un'equazione statistica per la densita' elettronica,
aggiungendo se necessario le correlazioni fra diverse densita',
nella fattispecie si deve parlare di densita' elettronica e densita'
delle lacune.
Ed entrano in gioco le correlazioni, che sono il
vero ente fisico di questi sistemi secondo Anderson, il paradigma
di base e' l'equazione di Boltzmann, che puo' essere impostata
in modo valido per i sistemi quantistici, seguendo le impostazioni
di Bogoliubov, Popov, Anderson, a diversi livelli di approfondimento,
e che, a conti fatti puo' essere raccontanta in termini analogici alla
presentazione dell'equazione di Boltzmann classica, almeno al livello
piu' elementare, quello della stima della risposta di un gas di elettroni
ad un campo elettrico applicato, vedi Huang.
Ma per giustificare rigorosamente queste approssimazioni, nonche'
ottenere equazioni piu' simili al vero delle approssimazioni ad elettroni
indipendenti, del che si ha necessita' nell'elettronica moderna,
occorre ancora completare la costruzione della statistica quantistica,
tuttavia ci si accontenta con un discreto successo di impostazioni
non proprio rigorose ma efficaci.
> > Dipende da dove vuoi partire: se sei disposto ad accettare come
> > ipotesi di partenza - ipotesi giustificabile in molti casi - che un
> > elettrone sia descrivibile come una particella classica avente una
> > relazione di dispersione non quadratica ma data dalla forma E=E(k)
> > della banda cui appartiene, allora se non ricordo male basta il
> > teorema di Liouville piu' il principio di esclusione.
E' la descrizione "analogica" di cui sopra, del metodo a la Boltzmann,
con cui si ottengono le prime rozze approssimazioni delle grandezze
di conduzione nei semiconduttori. Da un certo punto di vista si tratta
di pura fiction. Ovvero quello che si fa e' di introdurre un potenziale
esterno che fornisce la E(k) tale che l'equazione di Boltzmann colga
la fisica del sistema, questo potenziale esterno in generale dipende
dalla temperatura, ma soprattutto non da' garanzie sulle correlazioni
di ordine superiore, per descrivere le quali e' necessario ricorrere a
pieno titolo alla teoria perturbativa per lo stato complessivo del
sistema, per questo si tratta di descrivere eccitazioni collettive.
> Che cos'e' una relazione di dispersione per una particella classica?
fiction, ma di bell'effetto. Non c'e' modo di arrivarci senza un
approccio ondulatorio, nemmeno nel caso che si ammettano
energie cinetiche negative per le particelle, per oggetti classici
in potenziali esterni la dipendenza dell'energia dall'impulso
non mi risulta che sia accordabile con la densita' degli stati
di Bloch, a meno di ricorrere al "bieco" espediente di una
massa che dipende dall'impulso e che nei pressi dell'impulso
zero corrisponde alla famigerata massa efficace. E' vero che
alla fine si ha la sensazione che anche la massa delle particelle
potrebbe essere un effetto di una fiction cosmica, ma in quel
caso occorre inventarsi un piu' improbabile distacco per tirarsi
fuori da quella pellicola.
> Che cosa sono k e w?
> Quello che dici e' un modo certamente efficace e sbrigativo di
> riassumere i risultati della m.q., ma non e' certo autosufficiente...
infatti, ma basta l'umilta' di riconoscerlo e la modesta
spacconeria ;-) di andar gradualmente di astrazione in
astrazione, aggiungendo gli ingredienti uno per volta.
D'altronde e' questione di gusti, si puo' ben preferire di
partire dalla piu' alta astrazione a la Heisenberg, Dirac,
o piu' umilmente Schroedinger e discendere passo passo
nelle approssimazioni secondo il modo originario in cui i
fisici della materia, da Bloch ad Jahn ad Hund a Teller, ad
Anderson, hanno modellizzato questi sistemi. Dipende dal
tempo, dalla competenza individuale, dalla quantita' di fisica
che si ha la possibilita' di dispiegare e sviluppare in prima persona,
stando il fatto che e' un campo in cui ne' la fisica ne' la matematica
sono mai state completate.
> --
> Elio Fabri
>
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Received on Sat Dec 03 2005 - 17:49:46 CET