Temo di ripetermi, ma comincio esprimendo la mia difficolta' a tener
dietro a una discussione a piu' voci e che tra l'altro presenta
interventi non brevi.
Quindi rispondo un po' in disordine, e forse piu' cercando di metter
giu' le mie riflessioni...
Altra premessa: anche se ovviamente ho delle idee sul tema, sto
cercando di capire le ragioni di chi la pensa diversamente da me,
perche' l'argomento e' troppo serio per poterlo avvilire
in un'esibizione di punti di vista preconcetti.
Col che non sto accusando nessuno di far questo; voglio solo
comunicarvi la mia buona volonta' :)
Il primo problema mi pare quello di delimitare carattere e scopi della
divulgazione. Abvete fatto piu' o meno tutti una distinzione tra
divulgazione e didattica, che a me non convince del tutto.
Chiaramente la scuola, coi suoi limiti ben noti, ha dalla sua il
vantaggio del tempo che consente/irebbe(?) un lavoro continuativo su
un dato tema. Poi di solito le cose vanno in tutt'altro modo...
La divulgazione fatta con mostre, TV o altri mezzi occasionali soffre
della discontinuita' e questo puo' giustificare la deriva verso lo
spettacolo. Viceversa respingerei energicamente una delle affermazioni
di Nurom:
> I media inevitabilmente si pongono in piano commerciale, e questo non
> vuol dire che non possano essere sfruttati pi� utilmente per la
> divulgazione della fisica.
Il piano commerciale non puo' essere messo in gioco: non possiamo
diventare in tutto e per tutto sudditi di Mediaset.
Qui si aprirebbe il discorso che cosa e' e che cosa dovrebbe/potrebbe
essere un serivizio pubblico, su come funzionano le cose in altri
Paesi...
Sempre di Nurom non capisco la seguente affermazione:
> No, ad un telespettatore questo non interessa, interessa il rapporto
> che intercorre tra lui e il fenomeno e che stimola la sua
> immaginazione a livello di associazioni immediate. Il ragionamento che
> porta alla scoperta, pi� profondo del fenomeno manifesto, se lo andr�
> poi ad imparare a scuola o sui libri quando ne avr� voglia.
In primis, non so in che misura tu sia un esperto di sociologia delle
comunicazioni di massa, o di non so che, per poter dire che cosa
interessa e che cosa no.
Poi vorrei capire che cosa concretamente significa quello che hai
scritto: dato che siamo partiti dalla relativita', in che senso
parlando di relativita' ci puo' essere un "rapporto tra il
telespettatore e il fenomeno"? quale fenomeno? La relativita' della
sincronizzazione? :-))
Ma c'e' poi un aspetto essenziale e secondo me irrinunciabile
(con questo rispondo mi pare anche a Giorgio): capire che cos'e' la
scienza non si puo' ridurre alla presa di contatto con qualche fenomeno
piu' o meno curioso.
Sicuramente questo puo' essere un primo passo, spec. per bambini ma
anche per adulti.
E' ovvio che bisogna anzitutto essere informati che certe cose
succedono, che c'e' chi le studia. Ma fin qui siamo al massimo al
livello di Cecchi Paone, neppure di Angela.
Se mi dite che il passo successivo non e' piu' divulgazione, ma
didattica, avete costruito una distinzione secondo me artificiosa,
solo per potere aver ragione ;-)
Ma se uno curioso si domanda "ma che ha fatto 'sto Einstein" che gli
rispondiamo? Lo mandiamo a una mostra? o da Tozzi? o gli consigliamo
Zichichi?
Per inciso, ogni tanto Nurom le spara grosse...
> Se invece di dire al ragazzo che anche il moto dei pianeti e delle
> galassie si basa su questi fatti (inesatto, qui si tratta di
> relativit� generale), gli si mostrano le trasformazioni di lorentz e
> gli si dice che la forza gravitazionale � una curvatura del continuo
> spazio-tempo in cui � immersa una massa, ed � per questo che si
> muovono i pianeti, questo poveraccio (ricordiamoci, in prima
> superiore) mander� accidenti al professore di fisica e si metter� a
> studiare solo Italiano ed Economia.
Primo: e' assurdo paragonare questa "inesattezza" con quella di Tozzi
da cui e' partita la discussione.
Quella di Tozzi era una pura e semplice c...ata: non spiegava niente,
non aveva niente a che fare col vero problema, dava un'idea del tutto
falsa.
Dire che e' "inesatto" applicare la mecc. newtoniana ai pianeti
perche' invece qui si deve usare la RG e' tutto sommato un'altra
c...ata: la mecc. mewt. per i pianeti va benissimo, a meno che non si
cerchino effetti delicatissimi, difficili da misurare.
Pensare poi di proporre anche solo a titolo di esempio un ipotetico
prof che si mette (in prima!) a fare un discorso sulla curvatura dello
spazio-tempo e' semplicemente ridicolo: dovresti riflettere un po' di
piu' prima di portare degli argomenti che non stanno in piedi...
Ora te lo spiego io che cosa succede in realta', in quarta, non in
prima.
La prof (e il libro) spiegano la legge di gravitazione, le leggi di
Keplero (senza nessuna giustificazione, e passi); propongono qualche
problema su satelliti (magari con soluzione sbagliata) e poi si passa
ad altro.
Cosi' una delle piu' grandi conquiste scientifiche della fisica viene
sminuita, avvilita a poche regolette e qualche esercizio.
Non si fa il minimo cenno al carattere di prima _teoria_ nel senso
proprio, che sia apparsa nella storia della fisica: un nuovo insieme
di concetti e di leggi, la dimostrazione che quelle leggi spiegano una
quantita' di fatti gia' noti; la *previsione* di fatti mai
osservati...
Non la voglio fare lunga, perche' cosi' vado fuori tema, ma a mio
parere e' pressoche' criminale trattare la gravitazione newtoniana
in quel modo.
Si tratta infatti dell'_unico_ esempio accessibile nella scuola
secondaria di una teoria fisica e del suo rapporto coi fatti noti e
ignoti.
Se si parlasse di questo, molti ragazzi si appassionerebbero, e
capirebbero che anche tre secoli fa esistevano grandi problemi (non
meno grandi di quelli che abbiamo oggi) e grandi uomini che li hanno
saputi risolvere.
A questo proposito un'ultima cosa, che riguarda la mia esperienza
personale.
Avete parlato di cio' che vi ha acceso la "scintilla". Nel mio caso,
anche se per anni non me ne sono reso conto, l'evento e' stato leggere
sulla "Scala d'oro" (una serie di libri che negli anni '30-'40
costituivano una notevole fonte di cultura per bambini e
preadolescenti) la storia della scoperta di Nettuno.
Avro' avuto 12 anni: leggere di Galle che scrive a LeVerrier "il
pianeta di cui ci avete indicato la posizione esiste realmente" mi
fece un'impressione profonda, che dura ancora.
Mi e' capitato piu' volte di raccontare questa storia a degli studenti, e
sempre, arrivato a quel punto, debbo fare un sforzo per nascondere
l'emozione che mi prende.
E' chiaro che quello era solo un racconto, senza formule, calcoli,
neppure grafici. Ma la storia del problema, di come era nato e di come
fu risolto, era descritta correttamente.
Ci sarebbe poi da trattare un altro grosso problema, che non ha niente
a che fare con la "scintilla": come dare alla cittadinanza una
ragionevole comprensione di problemi scientifici che li toccano da
vicino, e su cui magari sono anche chiamati a decidere.
Penso ovviamente al recente referendum, ma anche a tutto il campo delle
"radiazioni"; per non parlare di tutto cio' che ha a che fare con la
chimica: l'ultima e' il famigerato ITX (ma che cavolo e'?)
Ma sara' per un'altra volta.
--
Elio Fabri
Received on Fri Nov 25 2005 - 21:29:42 CET