Il 02 Ott 2005, 20:36, Elio Fabri <mc8827_at_mclink.it> ha scritto:
> Tetis ha scritto:
> Interessante questione: ti dico brevemente come la vedo.
Non ho trascurato questa e-mail, solo che trovare una
risposta sintetica e ben motivata circa il punto di vista
che ho sulla questione sta risultando particolarmente
difficile. I motivi sono vari nel pensare all'argomento ho
un'esperienza decisamente personale e limitata, mentre
mi piacerebbe avere una competenza anche sui dati statistici
dei modelli di apprendimento per capire se la mia impressione
che la storia della scienza possa avere un ruolo formativo valido
� frutto solo di un punto di vista o ha una rilevanza oggettiva.
Poi c'� la questione complicata della storia dell'istruzione in
Italia con tutti i trascinamenti politici ed ideologici che hanno
pesato e continuano a pesare negativamente sull'elaborazione
di atteggiamenti pratici validi. In particolare siccome la storia della
scienza e' proprio un territorio di confine fra scienze umane e
scienze naturali ne segue che � un argomento che sta nel solco
minato del dibattito Croce-Gentile impugnato dalle avverse parti
politiche nel dopo guerra fino ad oggi, ma la questione si estende
in modo pi� drammatico fuori dei confini nazionali, comportando
un impiccio di dimensioni planetarie perch� la posizione ideologica
della cultura sovietica che ha avuto ed ha un peso rilevantissimo
nella formazione del pensiero scientifico aveva scelto il cavallo
di battaglia della proiezione al futuro, dello scientismo, e la scelta
di campo materialista che stava persino sulle copertine dei libri
russi aveva favorito quell'atteggiamento dogmatico ed apodittico per
cui una proposizione doveva corrispondere ad un fatto.
Sulla questione del dogmatismo in didattica, che hai
sollevato, esiste ancora nel bene e nel male questa proiezione
del passato, ma la questione non � facile da liquidare in questa
prospettiva. Quello che penso � che un atteggiamento dogmatico
non era estraneo nemmeno alla formazione basata sul principio
di autorit� quindi le questioni si mescolano in modo pernicioso.
Ad ogni modo quello che devo riconoscere � che � vero: esiste
un atteggiamento molto diffuso, trasversale direi se la parola
non fosse vaga, che mira a chiudere le discussioni
e negare la posizione problematica delle questioni.
Quindi questo porta molto presto e molto lontano
l'argomentazione e la porta su temi forse indebiti.
Sul principio dei taccuini pure ti devo una risposta e
te la posso dare subito. Leggi pi� in basso.
> 1) Credo inutile proporre sistemi di pensiero "in fieri" o piu' in
> generale questioni critiche a chi non ha gli strumenti (e spesso
> neppure lo sviluppo cognitivo) necessari per capirli.
> E' questa una caratteristica della nostra scuola licelale, nel suo
> lato "umanistico", che io spesso condanno (l'ho fatto anche 9 giorni
> fa) definendola "scuola delle chiacchiere".
>
> 2) Non e' detto che non si possa sviluppoare un pensiero critico con
> un approccio del genere: basta porre quesiti che per es. chiedono di
> scegliere tra due alternative, magari non formulate in modo preciso.
> O in generale non limitarsi a far risolvere problemi, ma chiedere anche
> di spiegare il perche' del procedimento seguito.
> (Ho sperimetato piu' volte che assai raramente gli studenti sanno
> rspondere a richieste del genere, anche quando hanno dato una risposta
> esatta.)
>
> 3) A mio parere (non so come la vedi tu) la tradizione didattica
> universitaria infisica, alemno da noi, e' quanto di piu' acritico
> possa esserci.
> S'impara che e' cosi', e basta.
> Quando mai si discutono problemi "in fieri?"
> Quante volte hai trovato in un libro una frase che dicesse "questo
> punto e' ancora in discussione; la soluzione di questo problema non e'
> nota"?
> In questi casi di regola non si tocca l'argomento, e basta.
> Maestro in un tale approccio e' il "magnifico trattato di Landau e
> Lifschitz" (per citare Arnol'd :-))
>
> > Qui il solo problema che vedo e' che il principio dei taccuini e' piu'
> > forte del principio di relativita' galileiano.
> Credo di sapere perche' dici questo, ma vorrei sentirtelo spiegare
> esplicitamente...
Quello che intendo � che il principio dei taccuini si applica
anche nella formulazione einsteniana della relativit�: pari
pari. Ma � un principio molto potente che va oltre la relativit�
ristretta, con il principio di equivalenza ed in qualche modo
� un prinpio talmente potente da risultare almeno in parte
avolto nel mistero, un poco come lo spazio il tempo e tutte
le categorie che ci sono date dalla percezione. Sappiamo
che ci sono, sappiamo descriverli e quantificarli, non sappiamo
addiruttura pensare a prescindere dalla loro esistenza e
quindi non riusciamo a guardarli con il distacco oggettivo
con cui guardiamo all'essenza di altri fenomeni. Qui torna
in altra salsa il tema del dogmatismo. :-)
> > Pur se e' anti-storico attribuire le trasformazioni galileiane a
> > Galileo Galilei e dunque anche parlare di un principio di relativita'
> > galileiana, e' tuttavia abitudine invalse fra seguire dal principio
> > dei taccuini il principio di relativita' galileiano. Meglio sarebbe
> > per l'eventuale allievo il non saperne nulla.
> No, scusa, qui non capisco proprio...
> Ma la famosa pagina dei "MAssimi Sistemi", sul "grande navilio",
> secondo te che cosa sta a significare?
Una straordinaria affermazione del principio dei taccuini, ma
la questione della legge d'inerzia, la misura del tempo e la
sua natura assoluta sono tenuti da Ga. Ga. su un piano
ulteriore, non mi ricordo se da qualche parte tradisse il
pensiero che non si potrebbe avere la stessa descrizione
dei fenomeni anche se il tempo non fosse assoluto, ma
in qualche modo � un falso problema perch� per Galileo
Galilei la luce era abbastanza veloce da permettere la
sincronizzazione a vista e non c'era difficolt� ad ammettere
che fosse, a tutti gli scopi pratici del suo sistema, infinita.
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> Elio Fabri
> Dip. di Fisica - Univ. di Pisa
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Received on Thu Oct 06 2005 - 20:48:23 CEST