Re: Muoni in campo magnetico.

From: Tetis <gianmarco100_at_inwind.it>
Date: Sun, 02 Oct 2005 16:28:03 GMT

                    Il 30 Set 2005, 21:04, Elio Fabri <mc8827_at_mclink.it> ha scritto:
> Tetis ha scritto:
> > Magari saperti aiutare. Forse potrebbe venirne fuori,
> > su questo soltanto, una tesi di laurea, tenuto conto
> > di tutte le sottigliezze. Non ultime quelle legate alla
> > rinormalizzazione. Anche se spero di esser smentito.
> Ma ci fosse una volta che fai le cose facili! :-))
> (Comunque grazie della risposta.)
>
> > Circa la rinormalizzazione:
> > ...
> Io pensavo di scavlacare il
> problema per questa via (ma non ci ho pensato abbastanza per essere
> ragionevolmente sicuro che possa funzionare...).
> Se al posto degli autostati dell'impulso, come si fa in un comune
> problema di scattering o decadimento, si prendessero gli autostati
> della hamiltoniana (e del mom. amgolare, e non so che altro) nel campo
> magnetico uniforme, che succederebbe?

Stai pensando di considerare gli stati di Hall.
So che e' un filone di ricerca molto attivo in
elettronica. Poco sapevo per il muone, finora.
Pero' dubito che questa scelta di base possa
dribblare la problematica della rinormalizzazione,
a limite potrebbe permettere di impostarla in modo
risolubile e coerente. Il punto e' che le simmetrie disponibili
sono differenti da quelle nel vuoto e bisogna
ragiornare su quelle, ma c'e' una difficolta' seria: il
campo magnetico uniforme e' un'astrazione bella e
buona, i campi magnetici concreti sono localizzati, i
campi che costruiscono una particella sono invece
estesi a tutto lo spazio, classico esempio delle conseguenze
di questo arrangiamento e' l'effetto Ahronov Bohm, tuttavia
anche in questo caso occorre poggiare i piedi per terra e
vedere se questa circostanza ha un peso nello studio del
tempo di vita media oppure no. Io sono certo che per arrangiamenti
particolari potrebbe avere un peso, ma da ingenuo mi sarei aspettato
che questi effetti fossero sensibili solo nel caso che l'eterogeneita'
del campo magnetico si spingesse fino ad una scala in cui le
fluttuazioni di vuoto ne risentono. Tuttavia mi sbagliavo perche'
quello che risulta in letteratura e' che gli effetti del campo magnetico
sono sensibili nel caso degli esperimenti sul fattore giromagnetico
ad esempio, ed hanno portato a correggere le predizioni del
modello standard portando alla predizione corretta. Puoi cercare
a proposito dell'esperimento E821.

> Bisognerebbe anche calcolare il propagatore, almeno per il W; o forse
> se ne potrebbe fare a meno, tornando all'interazione debole alla
> Fermi?

Semmai il problema penso sia: dato che la teoria delle interazioni
elettro-deboli ed adroniche funziona bene in molti rispetti, vedere se
per esempio anche il fattore giromagnetico sperimentale, che e' un
parametro di particolare rilievo ed e' facile da misurare, e' ben previsto
dal modello standard? Ma siccome le misure sono difficili, essendo
il muone instabile, la gente si sbizzarriva in varie ipotesi.

Ora da quel che leggo e' un esperimento sugli stati di Hall del muone
e' stato fatto a Brookhaven.
Ed il fattore giromagnetico non era in accordo, fino agli inizi del 2001
con il fattore previsto dal modello standard. Tuttavia le indicazioni che
derivano dalla teoria di stringa e dalla supersimmetria erano favorevoli
ad una impostazione non perturbativa del problema che prendesse
in considerazione una diversa struttura del vuoto per questo specifico
problema.

Come fu messo in evidenza nella teoria degli stati elettronici la struttura
dei livelli di Landau di un elettrone puo' essere compresa sia dal punto
di vista della teoria classica, sia costruendo una teoria dei campi da
questi livelli. Questa teoria dei campi risulta in una struttura non
commutativa per le coordinate spaziali trasversali dell'elettrone.
La classica regola di commutazione:

[x^i,x^j] = 0 viene sostituita da:

[x^i, x^j] = i eps^{ij} hc/eB.

con questo accorgimento, senza dovere andare a scomodare
tutto il pesante apparato della rinormalizzazione con i campi
liberi modificati, ma intervenendo fin dalla struttura spaziale delle
coordinate (interazione fra gauge e simmetrie spaziali che sono
vietate nella teoria dei gruppi di lie ordinari ma sono ammesse nella
schema supersimmetrico), si puo' costruire una nuova teoria dei
campi coerente che comporta diagrammi propri che non sono
previsti nella teoria con vuoto lorentziano.

Emergono quindi nuovi diagrammi: per esempio un fotone che
da' luogo ad una coppia, oppure diagrammi di furry che non risultano
piu' nulli, ed altro. Questi diagrammi che nella teoria degli elettroni
erano trattati a spanne come effetti di massa efficace modificata,
sono a tutti gli effetti diagrammi di Feynman di una nuova teoria:
il modello standard non commutativo. Includendo nel conteggio
della rinormalizzazione i parametri sperimentali di carica e
di massa si ottiene una nuova previsione, stavolta funzionante
a primo tentativo.

Quello che una molteplicita' di signori e' andata a ritrovare
e' che a tutti gli effetti considerando situazioni ideali con campo uniforme
la correzione al fattore giromagnetico rende il modello standard non
commutativo efficace, e permette di ritrovare i risultati a dura fatica
conquistati nel corso degli anni settanta, come per esempio l'esatta
compensazione delle divergenze. Tutto questo senza andare a scomodare
i campi di Higgs ed il settore adronico, ma considerando esclusivamente
il settore elettromagnetico.

Quello che era auspicabile nel 2001 e' che si potesse trovare
uno schema perturbativo del modello standard classico coerente con
questa pittura non commutativa. Effettivamente e' quello che
risulta e dunque a posteriori, ancora una volta, il modello standard
risulta efficace. Per ottenere la predizione corretta e' stato necessario
un miglioramento nella conoscenza di una varieta' di parametri e
nel trattamento delle rinormalizzazioni, nonche' lo sviluppo non
perturbativo del settore elettrodebole e del settore adronico, il che
suona inquietante visto che la scala di energie e' ben al di sotto
della massa del piu' leggero bosone vettore. Ad ogni modo non e'
qualcosa di troppo strano che sia necessario tutto cio' se si pensa
all'enormita' della quantita' di energia presente in un campo
magnetico anche di bassa intensita' ma su un volume ampio.

> Avevo cominciato a risolvere l'eq. di Dirac in campo magn. uniforme,
> ma non ho avuto tempo di procedere.
> Probabile che la soluzione sia gia' nota: dove potrei cercarla?

Onestamente non ho idea a parte quello che si trova in rete sugli
sviluppi di questa tecnica. Penso che esistano soluzioni in letteratura
per gli atomi protone-muone. Mi sembra di avere visto qualcosa, mentre
per gli stati Hall del muone non ho visto granche'. Invece per gli stati
Hall
dell'elettrone esiste molto, ma quasi tutto a livello non relativistico.
Ovviamente anche gli effetti relativistici diventano rapidamente
di interesse pure in stato solido, visto il livello di precisione degli
strumenti disponibili, dove pero' non sono in primo piano, come
possono esserlo in un anello di accumulazione.

> > Un'altra sottigliezza che sospetto di un certo rilievo puo' essere
> > sviluppata dalla considerazione di una accelerazione di origine
> > estrinseca. Non mi riesce facile di apparigliare un'accelerazione
> > gravitazionale ad un'accelerazione prodotta dal campo
> > elettromagnetico, ma potrebbe essere solo un mio limite ed in verita'
> > il problema, chissa', non esiste.
> Questo non l'ho capito.
> L'unica accelerazione del muone e' dovuta al campo magnetico.

D'accordo, ma quello che intendo e' che dopo che uno ha studiato
gli effetti dell'accelerazione di origine magnetica potrebbe essere
tentato di considerare altri tipi di accelerazione. Quello che a me
sembrava plausibile prima di leggere queste cose e' che la
dipendenza dall'accelerazione potrebbe essere stimata
sensatamente a prescindere dalla sua genesi in molti casi.

Ma ovviamente potrei sbagliarmi. Per esempio immagino che
l'analogo della correzione non commutativa apportata nel caso
di campo magnetico potrebbe essere portata nel caso di
coordinate di Rindler, perche' il difetto di commutativita' e'
essenzialmente un effetto ubiquo negli schemi di gauge legato
alla scelta delle coordinate. Tuttavia in questo schema non
c'e' nessuna garanzia a priori che gli effetti importanti siano
legati alla sola accelerazione. Anzi. Confronta con la discussione
qualitativa che segue a proposito di orologi.

> > E' un'obiezione che mi ero posto io stesso, senza trovare il tempo ed
> > il luogo alla caparbieta' di cercare una risposta.
> > Ma a quale esperimento ti riferisci in particolare? Perche' penso che
> > prima ancora di preoccuparsi dei campi magnetici ci sarebbe da
> > preoccuparsi degli effetti interattivi nel fascio stesso.
> Non mi ricordo chi l'ha fatto, ma ricordo muoni di energia di un GeV o
> poco piu', che giravano in un anello di accumulazione e decadevano con
> una vita media 10 o 12 volte piu' lunga di quella canonica.
> Che cosa sarebbero gli effetti interattivi del fascio? Interazione
> coulombiana?

La vita media di un muone e' 2.1970(3+/-4) Hz.
La sua massa e' con ottima confidenza 105.66 MeV.
Allora nel vuoto una energia di 1 GeV comporterebbe
un fattore gamma di 1000/105.66 con un guadagno
di vita media pari a poco meno di 10. Quindi una vita
media di 10 o 12 volte sarebbe un dato eccezionale.

> La vedo cosi'.
> In linea di principio un muone non e' che un particolare orologio.
> Per applicare a un orologio in moto qualunque il calcolo del tempo
> proprio secondo la metrica di L-M, occorre fare la "clock hypothesis":
> che l'orologio non e' imnfluenzato dall'accelerazione.
>
> Ora questo per un orologio reale non e' mai esattamente vero (neppure
> per gli orologi atomici), ma se si conosce il principio di
> funzionamento dell'orologio si puo' dire quanto sara' importante il
> disturbo prodotto dall'accelerazione.
> Per es. nell'esper. di Hafele-Keating il volo degli aerei intorno alla
> Terra equivale per gli orologi a bordo a un cambiamento di g.
> Ci si puo' informare da un fabbricante di orologi atomici di quanto
> grande sia l'effetto di una variazione di g, e se costui ci garantisce
> che sta sotto l'effetto atteso, si sta tranquilli...

Aiiiuuut non sono certo di avere inteso quello che stai dicendo.
Se la metrica non e' di L-M: c'e' accelerazione (anche solo
apparente nel caso che sia un effetto delle coordinate)
ed e' chiaro che esiste un effetto della metrica, che non e'
lorentziana, da prendere in considerazione. Ora generalmente
questo effetto dipende, in prima stima, dalla differenza di potenziale e non
dall'accelerazione. Quindi se parli di un effetto dell'accelerazione
penso che tu stia parlando di un effetto dovuto ad una ipotesi
di variazione lineare del potenziale che ha effetti sul funzionamento
dell'orologio in quanto l'orologio medesimo ha un'estensione spaziale.


Questo in prima approssimazione, in seconda approssimazione
vanno considerate le forze di marea che non dipendono solo
dall'accelerazione, ma dalla sua variazione locale, sperabilmente questi
effetti sono di gran lunga piu' deboli. E' di questo che stai parlando
oppure
pensi ad effetti ulteriori. Io penso che, per esempio nel caso di un
orologio
meccanico l'accelerazione ha un effetto sulle forze dissipative, ma quello
che va tenuto d'occhio e' anche la variazione di accelerazione nel tempo.
Se e' adiabatica rispetto ai moti interni dell'orologio di solito non c'e'
da
preoccuparsene e magariconta solo il valore medio dell'accelerazione.

Ora per come la conosco la clock hypotesis e' piu' generale e consiste
nell'ipotizzare che l'orologio sia capace di misurare l'intervallo di tempo
proprio della linea di universo su cui si muove, e non importa che siamo
in uno spazio di L-M oppure no. Ma per stimare queste caratteristiche
degli orologi atomici non basta la meccanica quantistica in supporto
piatto, occorre considerare in prima approssimazione la meccanica
quantistica
in coordinate generalizzate. Usare i path integral puo' essere indicato, ma
non garantisce da errori di principio: occorrono salvaguardie di tipo non
perturbativo.
 
> La stessa cosa va fatta per i muoni: si chiede a un esperto (teorico)
> di decadimenti muonici quale sara' l'effetto non di una generica
> accelerazione, ma del campo magnetico presente, e si prende il
> risultato.



> (Tieni presente che nell'esperimento che ho accennato l'accler. dei
> muoni e' dell'ordine di 10^17 o 10^18 g.)

Non capisco come si possano ottenere simili
accelerazioni in laboratorio. Faccio questa stima:

(eB/mc)*v = 10^17 g

questa formula e' relativisticamente esatta.
Se uso beta= sqrt(1+1/gamma^2) trovo beta ragionevolmente
prossimo ad 1. Quindi un campo magnetico espresso in unita'
di sqrt(4 pi/ mu_0) pari a: 10^26 V*m/sec^2.

Infatti 105MeV /e vale circa 10^8 V, e g circa 10 m/sec^2.
Ora per fare la conversione alle unita' del MKSA occorre
moltiplicare per sqrt( mu_0 / 4pi) che vale sqrt(10^-7) in unita'
MKSA ovvero circa .3 10^-3. Quindi un campo di .3 *10^23 Tesla.

E' piuttosto inusitato: e' vero che ho usato formule classiche
guardando l'accelerazione di laboratorio e che l'accelerazione
nel riferimento solidale sara' diversa, ma l'ordine di grandezza
non cambia di tanto dato che il gamma e' dell'ordine della decina.
Stai parlando di hypernovae? ho sbagliato i conti?
 
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> Elio Fabri
> Dip. di Fisica - Univ. di Pisa
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Received on Sun Oct 02 2005 - 18:28:03 CEST

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