Re: [MATH] significato della linearizzazione

From: Tetis <gianmarco100_at_inwind.it>
Date: Thu, 15 Sep 2005 09:26:07 GMT

                    Il 13 Set 2005, 12:37, mancheesNOSPAM_at_SPEMtiscali.it (Michele Ancis) ha
scritto:

> Ora, quello che non mi torna, � la seguente affermazione, che cito:
> "Nasce cos� quello che sar� chiamato calcolo infinitesimale, che in
> definitiva � una linearizzazione di un fenomeno complesso, al fine di
> rimanere (sia pure al limite infinitesimo) nel campo dei numeri
> razionali". E poi aggiunge, come a chiarire: "un numero reale irrazionale
> o pi� generalmente non razionale, � espresso da infinite cifre non
> esprimibile con frazioni di numeri finiti".
>
> Ci� che non capisco �: perch� dice che si rimane nel campo dei razionali?
> Sembra voler affermare che "dx" e "dy" siano "numeri finiti", giacch� solo
> cos� il loro rapporto pu� essere considerato un numero razionale. A me
> pare per� che il concetto di "infinitesimo" sia possibile solo
> ammettendo di essere nei reali, il che non ci d� alcuna assicurazione che
> dx e dy siano razionali...Anzi, direi che � proprio il contrario!

Cosi' senza leggere gli appunti e' un poco problematico, ma
da quello che scrivi condivido la perplessita', a meno che non
sia mitigata da considerazioni contestuali piu' precise, l'asserzione
e' falsa. Si puo' dimostrare che se la derivata della funzione e' un numero
irrazionale ed il valore della funzione in zero e' un numero
razionale, allora per ogni valore razionale non nullo delle ascisse
l'ordinata assume un valore irrazionale. E' vero solo che si puo'
approssimare con precisione arbitraria questo valore della derivata
con un numero razionale e limitarsi di conseguenza ai valori razionali,
ma e' una delimitazione della nozione di numero che riporta la
matematica ad un tempo precedente ad Euclide. Anche l'affermazione
che un numero irrazionale e' espresso da infinite cifre sembra non
tenere conto dell'edificio dei numeri algebrici. Quando si
scrive sqrt(2) e' vero che la rappresentazione decimale di questo
numero e' un allineamento infinito, ma e' falso che per lavorare con
questo numero occorra ricorrere alla rappresentazione decimale.
Basta un numero finito di interi per caratterizzare qualsiasi numero
algebrico, pure se in generale uscendo dal campo degli algebrici
quadratici l'elaborazione diventa molto difficile. Ad esempio sappiamo
che dati due algebrici pure il loro prodotto e' un algebrico,
e pure la loro somma e' un algebrico, ma costruire le rappresentazioni
dei prodotti e delle somme di algebrici dai numeri e' problematico.
Quello che probabilmente Brogi ha in pensiero e' che la linearizzazione
riporta, sia pure per riguardo agli infinitesimi, nel campo della
proporzionalita'
diretta. O piu' semplicemente e' possibile che questa fosse la lezione del
suo maestro il matematico fiorentino, di origine siciliana, Giovanni
Sansone.
C'e' da tenere presente infatti che Brogi si e' formato da autodidatta e
spesso
con un'attenzione molto pratica ai problemi, ed ha avuto piacere di mettere
a disposizione degli altri quello che ha imparato. Questo non garantisce
sulla
perfezione dell'apprendimento. (che non e' mai garantita in generale).
 
> Cosa vuol dire, poi, "finiti"? E' sinonimo di "finite cifre decimali,
> oppure periodico"? E anche in questo caso, come posso attribuire a dx e dy
> queste propriet�?

Circa il fatto che questo tema abbia dato molto da riflettere al Brogi puoi
andare a consultare le pagine della medesima enciclopedia che riguardano
gli Eleati. In quel contesto viene riportato uno scambio di battute con il
suddetto Giovanni Sansone. In cui Sansone sancisce che infinito non e'
un numero a differenza dello zero. Il mio docente di analisi, un matematico
pisano di origine indiana
mi aveva insegnato i numeri mettendoci dentro l'infinito, chiamava questi
numeri R*, e certamente sarebbe stato d'accordo a meta' con Sansone.
Il dibattito sul tema delle operazioni che riguardano lo zero e l'infinito
fu
come noto molto aperto e sottile nella matematica indo-persiana.
Bashkara e Brahmagupta avevano, riguardo sia allo zero che all'infinito
posizioni molto sofisticate e non sempre in accordo fra loro. Dopo la
rielaborazione
di Dedekind della teoria delle proporzioni di Euclide, la scoperta delle
proprieta'
dei numeri algebrici, e trascendenti, che al tempo di Brogi erano argomenti
ancora relativamente freschi, l'elaborazione di Cantor della teoria
dell'infinito
la questione non e' stata pienamente risolta ma avviata su un piano ancora
piu' sofisticato. E la dialettica fra costruzionisti (Kronecker, Kneser,
Graham),
finitisti (Brogi, almeno in parte Wolfram, ed altri algoritmisti) ed
infinitisti
(Cantor, Bernstein, Simpson) e' molto articolata. C'e' da dire che
nonostante
l'evidentre sproporzione di calibro il partito dei finitisti non e' quello
che vanta
le origini peggiori. Al contrario, se riflettiamo sulla circostanza che una
parte degli elementi di Euclide, segnatamente quella che riguarda i
problemi che oggi vanno sotto il nome di problemi diofantini e tutto quello
che sappiamo dell'opera di Diofanto, uno dei piu' alti esponenti del
pensiero matematico ellenistico, aveva fra gli scopi
quello di costruire approssimazioni razionali con precisione
arbitraria di numeri irrazionali. Ma tutto questo forse esulava
dalla semplicita' del pensiero di Brogi ( o no?)

Per molti fans dei bit la questione del problema dell'infinito si riduce ad
una
battuta: esiston 10 tipi di persone quelli che capiscono il binario e quelli
che non lo capiscono.

> Vorrei da voi qualche delucidatio ;-)

Speriamo bene, di non avere aggiunto confusione.

> M
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