Re: convegno sulla Fusione Fredda

From: Tetis <gianmarco100_at_inwind.it>
Date: Mon, 13 Jun 2005 17:32:09 GMT

                    Il 12 Giu 2005, 18:16, "Massimo Boninsegni" <cimmy_at_shaw.ca> ha scritto:
> > > non c'e' nulla di male. Meno accettabile e' insistere con la propria
> > > posizione anche alla luce dell'irriproducibilita' del fenomeno da
parte
> > > di altri.
> >
> > Nel caso di tecnologie di effetto sofisticato, nel senso che i risultati
> > non si vedono, ma relativamente semplici sul piano costruttivo, e
> > per cui non si ha un controllo teorico completo, tuttavia,
> > la storia non mi sembra quasi mai cosi' lineare. Sono frequenti i
> > casi di effetti complessi ottenuti per caso e non piu' riprodotti per
> > mancanza di teorie adeguate.
>
> Ad esempio ?

Per esempio l'effetto fotoelettrico. Prima che Hertz compisse
gli esperimenti quantitativi che portarono poi ad evidenziarlo
non avrebbe dovuto essere difficile notare che una illuminazione
di catodi con differenza di potenziale poteva produrre una scintilla.
Se pero' questo fatto era stato forse annotato su qualche quaderno,
nessuno aveva mai concentrato ricerche quantitative come fu capace
di portarle avanti Hertz.

In effetti in mancanza di una teoria che connettesse la radiazione
elettromagnetica con le proprieta' elettriche nemmeno Faraday, nonostante
la sua genialita' sperimentale, e la prossimita' a Maxwell aveva mai
registrato
questo effetto. Hertz lo trovo' perche' lo cercava e perche' aveva una
cognizione
teorica solida delle cause e degli effetti. Lo stesso Arago, sulla cui
grandezza non occorrono spiegazioni, lavorando sull'induzione e sull'ottica
non
mostro' mai di dare importanza agli effetti foto-elettrici.

> Non credo di capire a cosa ci si riferisca, io faccio
> ricerca di mestiere ed a me non risulta che esista nemmeno un caso
> del genere. Tra l'altro non so bene che voglia dire che un esperimento
> "non sia riproducibile per mancanza di teorie adeguate". Un
> esperimento, un effetto fisico, esiste indipendentemente dalla teoria.

E' verissimo quello che dici, e pero' essendo un fisico puoi educarmi
certamente a riconoscere quante volte nella realizzazione concreta
di un esperimento i risultati differiscono dalle aspettative. Quanti sono
i fattori che possono avere una influenza sui fenomeni, e come possa
risultare difficile tenerli sotto controllo. Questo e' tanto piu' vero
quando
si considerano materiali in cui non solo gli atomi costituenti, ma anche
la struttura d'insieme hanno importanza. Se ad esempio uno si occupa
dei fenomeni di localizzazione non importa solo quanti, ma anche di che
tipo sono difetti, ed anche la loro distribuzione possono avere importanza,
le storie costruttive del materiale, come le piu' riposte proprieta'
magnetiche
possono essere importantissime, e lo sai meglio di me, nel determinare
la fattibilita' o meno di una misura.

> Non sempre un effetto osservabile e' spiegabile, questo e' certo, ma
> che un esperimento non si possa riprodurre perche' nessuno e' in grado
> di spiegarlo, e' assurdo.

Non e' cosi' assurdo come dici, generalmente parlando ed astraendo
dal caso tanto controverso di cui stiamo parlando. Per esempio gli
effetti di aging di un materiale erano notissimi fin dai tempi antichi.
Ma se la gente provava a riprodurre la
stessa curva di aging in un laboratorio per due vetri, apparentemente
uguali in tutto, poteva trovare delle differenze significative, legate
semplicemente al modo in cui il vetro era stato preparato. Occorreva
allora un controllo delle storie termiche. Ma prima che la gente
comprendesse questo...

I materiali ferro-magnetici sono un'altro campione
paradigmatico di sensibilita' alla storia termo-magnetica. Ma finche'
studi un aspetto per volta i parametri di controllo sono pochi. Una
situazione differente si ha in chimica. Puoi avere situazioni in cui
nonostante i prodotti principali siano quelli che ci si aspetta, si hanno
scorie la cui composizione puo' essere variabile in modo significativo.

La storia della sintesi delle proteine e' ricchissima di esempi di questo
tipo: nei primi tempi l'arte della preparazione delle soluzioni catalitiche
era largamente affidata al caso e si impiegarono circa
due decenni per comprendere che quasi tutte le soluzioni catalitiche erano
in
verita' a base proteica. Esistono casi in cui fra la sintesi di una sostanza
e la
codificazione di un protocollo di sintesi riproducibile sono passati anni.

> > Del resto e' vero anche che
> > i risultati sperimentali possono essere difficili da ottenere anche nel
> > caso di teorie piu' o meno accreditate che li predicono.
>
> Diciamo che le due cose hanno una relazione tenue. La comprensione
> teorica puo' aiutare a creare le condizioni sperimentali in cui il
> fenomeno sia osservabile piu' facilmente, ma in generale, per essere
> presa seriamente, l'osservazione sperimentale di Tizio dev'essere
> riproducibile, in modo sistematico e controllato, anche da Caio. In
> mancanza di cio', il fenomeno non puo' essere considerato tale,
> significa solo che (per il momento) non e' investigabile. Ripeto, cio'
> puo' cambiare nel momento in cui si trovi un modo per riprodurlo in
> modo univoco.

Sono d'accordo in buona parte con questa affermazione se si limita ad
essere una scelta terminologica. Il fatto di ottenere sporadicamente un
fenomeno, come produzione di neutroni, o alterazione delle abbondanze
relative in ambiente chiuso, pero', sarebbe di per se un fatto. A
prescindere
dalla riproducibilita' e del nome di "fenomeno". Ma e' certo che in queste
questioni non ci si puo' affidare al contrasto sulla parola fra gruppi
di scienziati: occorre un protocollo ed una discriminazione attenta
delle possibili concause.


> > Per esempio: http://www.iet.unipi.it/labradar/radar.html
> > L'invenzione del radar ha un percorso alquanto accidentato. Predetto
> > teoricamente, riscoperto varie volte per caso, fu realizzato su larga
> > scala solo sotto la pressione dei finanziamenti militari
anglo-americani.
> > Storia analoga per le onde radio. Prima
> > che la gente credesse a Marconi ed alla fattibilita' della trasmissione
> > radio passarono diversi decenni dalle esperienze di Hertz.
>
> Non c'entra niente, secondo me qui si sta confondendo la scoperta
> scientifica con l'applicazione tecnologica.

Non stavo confondendo, in effetti, ho rimarcato anch'io, mi sembra,
l'esistenza di questa distinzione. Mi limitavo a rilevare che esistono
gradi di differenza fra:

a) un fenomeno osservato al di fuori di un quadro teorico:
il vento elettrico associato ad un arco elettrico, ad esempio.

b) la riproducibilita': dei fenomeni di induzione, stando in tema, la loro
sistematizzazione e la loro spiegazione.

c) il controllo: ad esempio l'abilita' di produrre moto
dall'elettricita' ogni qual volta si voglia.

Inoltre mettevo in evidenza che:

pure in presenza di teorie consolidate la riproduzione
di una misura e' problematica. La tecnologia del radar
ne e' un esempio. Il problema non era sapere se le onde
elettromagnetiche lunghe esistono o meno, era sapere
se era possibile misurarne la riflessione da parte di un
metallo.

Ora il collegamento e' come dici, tenue, ma innegabile:
se pur sapendo che le onde elettromagnetiche lunghe esistono
e sono osservabili, non si riesci' per lungo tempo a riprodurre gli
esperimenti di trasmissione, riflessione e misura, realizzati e brevettati
da un signore tedesco, ne risulta quanto sia relativamente incerto
il test di riproducibilita', per negare l'esistenza di un fenomeno.

Esiste un altro punto in cui le due vicende possono essere
confrontate e che, almeno in parte: l'utilita' strategica
a fini militari. Le specifiche ricerche anglo americane e quella di
Marconi sul radar non erano ricerche "trasparenti" all'intera comunita'
scientifica, e non esiste ragione per pensare che le cose debbano stare
diversamente per il caso in questione.

L'esistenza delle onde
> radio, predetta teoricamente da Maxwell, venne sperimentalmente
> dimostrata in modo inconfutabile, tant'e' vero che sia Marconi che
> Hertz presero il premio Nobel.

Vero.

 Che poi ci siano voluti decenni prima
> dell'avvento della radio e' un altro paio di maniche. Stesso discorso
> per il radar, e per tutti gli altri esempi forniti, e' chiaro che c'e'
> sempre un lasso di tempo tra la scoperta e l'invenzione, oltre che tra
> l'invenzione ed il suo utilizzo in grande scala.

Convengo, e lo avevo gia' sostenuto, sul fatto che sia una situazione
distinta. Non sono pero' del tutto d'accordo sull'asserzione che sia
un altro paio di maniche, limitatamente ad un punto: il punto e' che
esiste un'orizzonte di stabilita' strutturale delle osservazioni, legata
alla capacita' di controllo delle cause dei fenomeni. Cio' che e'
esterno a questo orizzonte e', per definizione, non riproducibile.

Se le cause sono ignote un fenomeno non per questo non esiste, ma
e' possibile che la sua osservazione sia esterna all'orizzonte di stabilita'
strutturale, ovvero che elementi imponderati possano determinare il
fallimento di una misura ed il successo di un'altra apparentemente
condotta secondo lo stesso criterio. Ora quello che sostengo e'
che questo problema persiste identicamente se le cause sono note,
ma la loro interazione e la contigneza dei mezzi utilizzati per
ottenere una misura non e' perfettamente sotto controllo.

> La fusione fredda, a differenza delle onde eletrtomagnetiche, non e'
> stata ancora dimostrata sperimentalmente in modo altrettanto
> inconfutabile.

Infatti ritengo che occorra, piu' che coraggio, un certo
spregio del pericolo per intraprendere un'attivita' di ricerca
in quella direzione. Mentre nel caso del radar e della
radio, esisteva un ombrello teorico che per lo meno
forniva dei margini di garanzia ai ricercatori sul campo.

E lo stesso esiste una teoria consolidata che prevede
la fusione nucleare, nulla di simile esiste nel caso della
fusione fredda, ma questo e' tuttavia il caso di molti fenomeni
dal potenziale applicativo praticamente immediato eppure
non predetti da alcuna teoria. Stando all'analogia di prima:
i fenomeni di induzione elettromagnetica al tempo di Arago.

Prima che Arago fosse in grado di riprodurre ed estendere le ricerche
di Oersted, altri si erano cimentati con minor successo. E prima
di Oersted vari erano stati i tentativi per portare la fenomenologia
elettromagnetico fuori del si dice e della sfera superstiosa del
pensiero magico. Esemplare precedente la diatriba Galvani-Volta.
Il punto non e' che mancassero scienziati a quel tempo, che avessero
una cognizione sia pur vaga della fenomenologia elettrica
ma che le, invero poche, nascenti scuole di chimica e fisica si
concentravano su temi piu' sicuri e tradizionali, mentre la scuola
francese, e quella russa vivevano nel solco di una tradizione
di ricerca dei fenomeni termici e meccanici. Ben pochi nel resto d'europa
si sarebbero cimentati a quel tempo con l'elettricita' animale.

Tuttavia c'e' un ulteriore punto di differenza in questo: l'ambito in cui
avvenne la scoperta della pila era un ambito in cui non era ancora
dominante l'idea che la scienza di base avesse un potenziale
strategico. Quegli scienziati italiani erano mossi da un genuino culto della
scienza, in accademie che erano nate per lo scopo delle arti liberali.

Diversa dall'atmosfera delle capitali del nord Europa:
Parigi, Berlino, Pietroburgo, Londra, Amsterdam, ed in altri tempi
Venezia, Padova e Firenze. Dunque le ricerche di Volta e Galvani erano
motivo di dispute molto aperte e non confinate nelle mura di un
politecnico o di una collaborazione con un arsenale, come lo erano
ad esempio le ricerche sperimentali di Eulero, o come lo saranno
negli anni immediatamente successivi alcune delle ricerche sui fenomeni
elettrici, ricerche a lungo protette da un'aura di stranezza e di
misticismo.

Basti riflettere sulla circostanza che fra la prima intuizione di una
deflessione
magnetica da parte di correnti e la pubblicazione dell'esperimento chiave
di Oersted passarono nove anni. Che fra le prime ricerche di Oersted e
quelle
di Arago passarono vent'anni, quanti ne erano passati dall'invenzione
della pila: in quell'arco temporale l'unico a fare passi avanti
nella riproduzione del fenomeno e nella sua spiegazione fu Faraday, che
ci dedico' dodici anni. E, ripeto: l'interesse dei governi per quel tipo di
ricerche era di gran lunga piu' basso e meno interferente di quanto
potrebbe essere nel caso della fusione nucleare. In base a tutto questo io
personalmente confermo la sospensione del giudizio.

> Quindi il paragone non regge.

Non volevo costruire un paragone, e quindi
di certo l'accostamento non regge, quello
che cercavo era un esempio illustrativo delle
difficolta' di controllo che si hanno nella pratica
sperimentale, per evidenziare che non esistono
solo difficolta' di principio nella realizzazione di
una misura. E che l'interesse strategico puo' esercitare
un effetto ritardante sull'avanzamento della ricerca
in un campo, perche', di necessita', abbassa il
livello del volume di comunicazione su quel tema,
almeno finche' le chiavi dell'argomento non siano
in mani sicure.

> La fusione fredda non
> puo', allo stato attuale delle cose, essere considerata come
> "tecnologia in fieri", alla stregua delle onde elettromagnetiche o
> della fusione "calda" tradizionale,

Assolutamente d'accordo! Ammesso che sia un problema e
non una fantasia ben orchestrata e' un problema di fisica di
base, ma con ricadute tecnologiche estremamente importanti.

Tuttavia mi permetto di rilevare un'altra distinzione: la problematica
della fusione calda non puo' nemmeno essere paragonata con
quella associata alla costruzione di un radar. Infatti nel caso della
fusione a
confinamento magnetico non si era capaci, almeno fino alla fine degli
anni ottanta nemmeno di un avvio, pur se instabile. Nel caso del
radar, si avevano le sorgenti si sapeva cosa succedeva, ma
si avevano problemi di riconoscimento del segnale riflesso e
di calibrazione delle sorgenti, problematiche molto piu' connesse
con quelle della univocita' dei risultati. Inoltre la popolazione
scientifica
coinvolta nei progetti era molto differente dal punto di vista numerico e
questo fa si' che di radar si senti' parlare davvero relativamente poco
fino alla fine della seconda guerra mondiale e sempre come di una
velleita' perseguita da persone brillanti, in questo modo la ricerca non
ebbe modo di raggiungere la massa critica necessaria ad un successo,
fino a quando l'urgenza bellica non la rese concreta. Diversamente
di fusione nucleare si parla e si scrive a ritmo instancabile.

La differenza piu' significativa del caso del radar, rispetto alla
controversa idea di cui stiamo parlando e' semmai un'altra, e'
quanto avevo gia' evidenziato, e mi sembra in linea con quanto
affermi anche tu: sta nel fatto che l'eventuale fenomeno di
fusione fredda e' esterno ai margini consolidati propri
della teoria dello stato condensato.

> ovvero definitivamente provata
> sperimentalmente, semplicemente in attesa dell'idea giusta per tradurla
> in un'applicazione. La quasi totalita' del mondo della ricerca non
> ritiene che finora sia stato osservato alcunche'.

Tesi al riguardo sono comunque faticose da sostenere
o smentire seriamente: esistono in letteratura quantita' di articoli che
insistono
a descrivere misure positive e quantita' di articoli che dicono il
contrario, e' vero che a volte i finanziamenti o il loro miraggio puo'
far scoprire anche asini che volano, pero' mi limito a rilevare che
se fra l'osservazione della deflessione di un ago magnetico e la
costruzione di un motore elettrico ad induzione passarono
cinquantanove anni e' possibile che sia passato poco tempo
per dire che non esiste alcun fenomeno di fusione fredda.
E che io personalmente nei panni di uno studente seguirei
un percorso piu' tranquillo, limitandomi a sospendere il giudizio.


> Saluti,
>
> Massimo Boninsegni
> --
> Massimo Boninsegni
> Professor and Canada Research Chair
> Department of Physics
> University of Alberta
> http://www.ualberta.ca/~massimob
>
          

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Received on Mon Jun 13 2005 - 19:32:09 CEST

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