Il 18/11/19 23:41, Ponentino ha scritto:
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> I campi gravitazionale ed elettromagnetico sono i soggetti più importanti dell’universo.
> Il primo tiene insieme i sistemi planetari e le galassie e il secondo ci portano la luce di stelle e di galassie lontanissime.
Veramente, oggi il campo e.m. da solo non basta. occorre tutta la
zoologia dei campi del Modello Standard.
Non è omissione da poco. Anche alla luce delle conclusioni.
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> Breve traccia storica
.....
Salto, anche se la ricostruzione storica non è particolarmente precisa.
.....
> Conclusioni:
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> Alcuni autori considerano il campo come un puro formalismo grafico-matematico nel nulla del vuoto. Altri, invece, come una condizione dello spazio, quindi come un ente fisico nello spazio. Tra questi il più chiaro è Eugene Hecht che sottolinea che la questione dei campi nello spazio e delle forze a distanza deve essere ancora approfondita.
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>
> Infatti se il campo è un ente fisico nello spazio, come è ragionevole ritenere, a questo punto occorre cercare di capire la sua natura fisica e quella dello spazio che con il suo stato da senso logico al campo. Ed è altrettanto necessario cercare di capire in che modo questo ente fisico nello spazio riesca ad esercitare forze su di un altro oggetto distante dall’oggetto sorgente del campo.
>
>
> Nessuno mette in dubbio l’utilità e la semplicità delle equazioni F = m*g e F = q*E, ma l’omettere di discutere, o almeno di accennare, alla condizione fisica dello spazio come senso logico dell’esistenza del campo, sembra una grave lacuna. Perché nel nulla del vuoto non può esistere proprio nulla, mentre il campo genera forze fisiche, e altre cose.
>
Insomma, tu, come molti altri, stai rimpiangendo l'assenza di una teoria
su cosa *sia* un campo, in termini di entità accessibili attraverso
concetti e descrizioni dell'esperienza quotidiana. Magari mescolati a
concezioni ingenue dello spazio.
Posso capire il bisogno dal punto di vista psicologico. Ma non ne
capisco la ragion di essere dal punto di vista di un atteggiamento
razionale nei confronti della epistemologia. E ancora meno dal punto di
vista della teoria fisica.
Un atteggiamento razionale dovrebbe partire dal chiedersi per quale
ragione i fenomeni osservati dovrebbero essere sicuramente riducibili a
categorie nate per la descrizione ed interpretazione di ben diversa
fenomenologia. Si dà per scontato e si fa passare sotto soglia un
riduzionismo concettuale senza neanche avvertire la necessità di
giustificarlo. Per cui "capire la natura fisica" di un campo dovrebbe
essere un programma scevro da pregiudizi, mentre invece parlare subito
dopo di "natura fisica dello spazio che darebbe senso al campo" è un
pregiudizio. Come è un pregiudizio, assimilare vuoto e nulla. Cosa
peraltro abbastanza lontana rispetto a quanto si trova nella costruzione
concettuale della fisica contemporanea.
Ma il punto più delicato è la contrapposizione tra questa petizione di
principio circa la "natura fisica" e la fisica come sviluppatasi negli
ultimi 400 anni.
Evidentemente la lezione dell' "hypoteses non fingo" newtoniana,
ancorché le citazioni siano abbondanti, non è stata compresa.
La teoria fisica elabora *modelli*. A volte i modelli possono suggerire
modifiche alle nostre idee sull' ontologia ma lo scopo principale dell'
elaborazione teorica è la costruzione di modelli che funzionano. Non di
scoprire l'*essenza* delle cose. E questo atteggiamento *funziona*. Sia
dal punto di vista pratico, sia da quello di risolvere il problema
epistemologico: un lento lavoro di elaborazione di modelli ha portato a
mettere a punto nuove categorie per la descrizione della realtà in
situazioni molto lontane da quell della nostra esperienza sensoriale.
E i lavori sono in corso.
Received on Tue Nov 19 2019 - 01:38:50 CET
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