Re: Non mi torna.

From: dumbo <_cmass_at_tin.it>
Date: Sat, 19 Feb 2005 22:31:20 GMT

"Bruno Cocciaro" <b.cocciaro_at_comeg.it> ha scritto nel messaggio
news:37jmt9F5dp2tiU1_at_individual.net...

> "dumbo" <_cmass_at_tin.it> wrote in message

> > no, anticiper�. L'orologio in montagna anticipa rispetto
> > a quello in pianura. Si dice volgarmente che
> > " il tempo rallenta vicino alle masse" .

> Evidentemente avevo capito male: mentre il fotone
> sale aumenta la propria frequenza.

no, diminuisce...in questo senso:
supponi di avere un certo numero di rivelatori
identici disposti lungo il percorso della luce:
rivelatore R1 nel punto 1, rivelatore R2 nel punto 2...
rivelatore Rn nel punto n; ogni rivelatore misura la
frequenza della luce solo quando questa passa nelle
sue immediate vicinanze (sue = del rivelatore).
Supponi che la successione 1, 2, ...n vada dalla terra
(punto 1) alla cima della montagna (n > 1).

Accade questo: l'apparato Ak misura una frequenza
minore di quella misurata dall'apparato Ai se e solo
se k >i (con i, k variabili da 1 a n, estremi inclusi).

Sono pedante, ma spero chiaro :-)

Quindi, tutto accade come se la luce perdesse
energia arrampicandosi verso l' alto, e questo pu�
spiegare come mai il famoso discorso sul fotone
che perde energia lottando contro la gravit� (usato
da Rindler e anche da Feynman) porta alla formula
giusta; in realt�, per�, ci andrei piano con un discorso
del genere, perch� la relativit� presenta le cose in
modo diverso: dalla metrica dello spaziotempo deduce
la mancanza di sincronia degli orologi posti in
luoghi diversi; e siccome un emettitore di luce che
emette vibrando secondo una certa legge � a tutti
gli effetti un orologio, da questa mancanza di sincronia
discende lo spostamento della frequenza della luce
nata in un certo punto rispetto alla frequenza della luce
nata in un altro punto.

Questo punto di vista (che chiamo PV1) essendo
incentrato direttamente sulla metrica e quindi
sulla geometria mi sembra pi� aderente allo spirito
della RG dell'altro (che chiamo PV2) che � quello
della luce " che si stanca andando in salita " . A parte
il fatto che il PV2 soffre di altri difetti gi� segnalati
in un altro thread, non molti giorni fa (non ricordo
quale).

Se proprio vuoi partire da un discorso non geometrico
e solo pi� tardi arrivare a parlare di metrica, puoi farlo
cominciando col dire che la luce perde frequenza
andando in salita (come si faceva nel PV2) ma giustificando
per� questa perdita non nel modo del PV2, ma in uno (a tua
scelta) tra due altri modi seguenti (che chiamo PV3 e PV4):
sono modi pi� raffinati e secondo me concettualmente corretti,
che trovi esposti in molti testi di RG (a differenza di PV2, che
mi sembra abbia una diffusione pi� scarsa, credo a causa dei
difetti di cui parlavamo sopra).

PV3 consiste nell' usare la legge di conservazione
dell'energia (una massa cade da A a B; arriva in B
con energia maggiore di quella che aveva in A a causa
dell'energia cinetica acquistata cadendo; in B si trasforma
integralmente in luce, e questa luce viene riflessa verso A,
dove arriva con energia uguale (per la conservazione
dell'energia) a quella che aveva la massa iniziale nel
momento della sua partenza da A; questo implica che
l'energia e quindi la frequenza dei fotoni ritornati in A
� minore della energia e quindi della frequenza al momento
della partenza da B.

PV4 consiste nell'immaginare un sistema accelerato
in avanti (poniamo, un razzo) con emettitore sul fondo
A e luce che viaggia verso la prua B: la luce raggiunge
B redshiftata a causa della velocit� nel frattempo
acquistata dal sistema. Dopodich� enunci il principio di
equivalenza e ne deduci che nei campi gravitazionali
la luce arriva sul soffitto con frequenza minore di
quella che aveva partendo dal pavimento.

Una volta stabilito questo fatto del cambiamento
di frequenza � facile vedere in almeno due modi
(che chiamo M1 e M2) che la metrica dentro i sistemi
accelerati (o i campi gravitazionali) non pu� avere la
forma semplice

ds^2 = (c dt)^2 - dx^2 - dy^2 - dz^2 ( 1 )

Il modo M1 consiste nel tracciare un diagramma
spaziotemporale (che � semplice ma non te lo posso
disegnare qui: lo trovi per esempio nel libro di

Bernard F. Schutz, " A first course in general relativity "
Cambridge 2001 cap. 5, p. 121,

oppure nel famoso (e mostruoso :-)

Misner,Thorne,Wheeler: " Gravitation ",
Freeman San Francisco 1973 Cap. 7, p. 188,

( anche se non condivido per niente il modo di
parlare di Misner & C: dicono che il redshift
implica la _curvatura_ dello spaziotempo, mentre
questo non � vero, dato che nei campi uniformi c'�
redshift nonostante il tensore di Riemann sia nullo,
o detto in altri termini: nonostante non ci siano effetti
di marea: e come si pu� parlare di curvatura in questo
caso? e infatti puoi tornare alla metrica ( 1 ) in una regione
finita semplicemente cambiando il riferimento, per
esempio mettendoti in caduta libera. Ma lasciamo perdere
questo particolare, una svista in un libro di milleduecento
pagine � comprensibile).

Sottolineo che nel discorso si considera un' accelerazione
(o un campo ) costante nel tempo perch� solo in questo caso
il diagramma � facile da disegnare, ma la limitazione
non � essenziale.


Il modo M2 consiste nell' immaginare che le onde
luminose (che partono dall'emettitore A e arrivano
al ricevitore B) viaggino dentro a un tubo con estremit�
A e B ; mettiamoci in un regime stazionario:
il numero di onde (diciamo, per fissare le idee,
il numero di creste) contenute nel tubo deve essere
costante nel tempo; � chiaro allora che per ogni cresta che
entra nel tubo (cio� per ogni cresta che parte da A) deve
uscirne un' altra dal tubo (cio� dalla estremit� di arrivo
vicina a B), altrimenti col tempo avremmo un progressivo
accumulo di creste nel tubo (oppure una progressiva
distruzione di creste) e la situazione non sarebbe pi�
stazionaria ma cambierebbe nel tempo.

Se ora A manda nel tubo un' onda al secondo (frequenza
misurata con un orologio vicino ad A) e B ne riceve, a causa
del redshift, una ogni dieci secondi (frequenza misurata con
un orologio vicino a B) si deve concludere (per essere
coerenti con la stazionariet� della situazione) che l'orologio
in B ha una frequenza di battiti dieci volte maggiore dell'
orologio in A: non nel senso che una persona vicina a B
pu� accorgersi, con misure locali, che il suo orologio va
pi� in fretta dell'altro in B, ma nel senso che se B guarda
verso A vede le lancette di A girare sul quadrante con
velocit� dieci volte minore delle proprie; tutto questo
� pi� facile da capire se immagini che sia l'orologio in A
a regolare la frequenza delle onde emesse: ogni suo " tic "
spinge una cresta nel tubo.

> Ora si' che mi torna. Mi torna anche che il tempo
> "rallenti vicino alle masse". In sostanza e' piu'
> giovane chi piu' accelera.

Forse non ho capito bene cosa intendi, ma io non
scriverei una frase del genere:
considera il razzo accelerato: tutti i suoi punti hanno
la stessa accelerazione eppure gli orologi nei vari punti
non possono mantenere la sincronia...non � quindi la
diversit� di accelerazone a determinare il fenomeno!
Qui infatti il fenomeno c'�, ma non c'� diversit� di
accelerazione.
Passiamo alla gravit�:

per il principio di equivalenza, " accelerazione di gravit� "
e " intensit� del campo gravitazionale" sono sinonimi.
Quindi se dici che � pi� giovane chi pi� accelera
� come se dicessi "� pi� giovane chi � immerso in
un campo gravitazionale pi� intenso":
in realt� non � cos�: ci� che causa l'effetto della
mancanza di sincronia degli orologi (e la diversa frequenza
della luce) � la differenza di potenziale gravitazionale
tra i due punti in cui si trovano i due orologi (o le due
sorgenti di luce), non la diversa intensit� del campo:
e infatti puoi avere benissimo due punti a diverso potenziale,
ma con identica intensit� di campo: � il caso del campo
uniforme.

Ed � anche il caso del razzo accelerato, che per il principio
di equivalenza poi equiparare a un sistema in quiete
in un campo gravitazionale uniforme.

Se il campo � non uniforme, la cosa sostanzialmente
non cambia: il responsabile della diverso "andamento
del tempo" � sempre e solo la differenza di potenziale,
non la differente intensit� di campo.
A dir la verit� il discorso che ti sto facendo non �
del tutto corretto perch� in RG non esiste un "potenziale"
gravitazionale, o almeno non un solo potenziale (come invece
avviene nella teoria di Newton) dato che il tensore metrico
ha pi� di una componente (a meno che non chiamiamo
queste componenti col nome di "potenziali" come antica-
mente si faceva: lo leggo in un libro di Eddington del
1921) quindi diciamo che se ci mettiamo in condizioni tali
da poter usare l'approssimazione newtoniana, si pu�
identificare il termine - G M / r ( M = massa, r = distanza)
col potenziale newtoniano, e quindi G M / r^2
con l'intensit� del campo gravitazionale.

Ora, sai bene che il redshift (e quindi la mancanza
di sincronia degli orologi lontani) dipende in modo
cruciale dalla componente tempo-tempo del tensore
metrico, cio� da

g_00 = 1 - 2 GM /r c^2 ( 2 )

come � ovvio dato che � questa la componente "attaccata"
al differenziale d t della coordinata tempo t, nel ds^2.

Come vedi in g_00 compare il potenziale
( - G M / r ), e non il campo G M / r^2.
Non c'� nessun termine quadratico in r.

Puoi vederlo in molti altri modi, per esempio
considerando un orologio K* in moto circolare
attorno a un altro orologio K, in quiete in un sistema
inerziale. Il rapporto fra la frequenza (propria)
di K e la frequenza (misurata da K) di K* �

F* / F = sqrt ( 1 - v^2 / c^2) ( 3 )


la differenza di potenziale centrifugo fra K e K*
� Pc = - v^2 / 2 e quindi la ( 3 ) si scrive:

F* / F = sqrt ( 1 + Pc / c^2 ) ( 4 )

ma per il principio di equivalenza lo stesso
rapporto deve valere se K* � immerso in
un campo gravitazionale con differenza di potenziale
gravitazionale tra K* e K Pg = Pc , e quindi

F* / F = sqrt ( 1 + Pg / c^2 ) ( 5 )

come vedi quel che conta � solo la differenza di
potenziale gravitazionale tra i due orologi, non la
differenza di campo gravitazionale.

Ciao,
Corrado
Received on Sat Feb 19 2005 - 23:31:20 CET

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