Vorrei aggiungere qualcosa a quanto avevo scritto 5 giorni fa, per
chiarire meglio il mio punto di vista che mi pare alquanto diverso da
ciò che sto leggendo.
Come premessa, sottolineo che quando ho scritto
> Restando su un livello più primitivo, mi pare che molte controversie
> vengano risolte si si assume un atteggiamento storico.
intendevo qualcosa di molto diverso da ciò che mi pare intenda Jammer.
Non vorrei approfondire questo aspetto perché la mia conoscenza di
Jammer è assai datata: risale alla mia gioventù, almeno 50 anni fa...
L'articolo che Giorgio cita non è accessibile senza pagare e ho potuto
leggerne solo una pagina. Ma ci ho ritrovato lo stesso approccio che
ricordavo oer il concetto di massa, e che avevo fuggevolmente
criticato in un mio articolo sul Giornale di Fisica del 1963.
Quando io parlo di storia in materia di fisica intendo qualcosa di
molto diverso da Jammer: intendo come certe idee sono state usate,
come hanno avuto origine nella *pratica* della specie umana.
Costruzioni, commerci, strumenti, relazioni sociali.
E poi riflessioni *scientifiche* su tutto questo.
Jammer secondo me insiste troppo sulla dimensione filosofico/religiosa.
Ricordo che nel caso della massa arrivava a dire che l'idea di
conservazione della massa abbia avuto origine dal concetto teologico
cristiano di transustanziazione.
Dovrei controllare il libro, dato che ce l'ho ma non l'ho più riletto
da decenni. Ma mi sembra inutile e fuorviante.
Tornando al tempo, il modo migliore per capire che cos'è il tempo per
i fisici sta nel vedere come viene usato.
Ho già ricordato la sistemazione newtoniana e la sua persistenza,
universale fino a circa un secolo fa.
Ma è bene rimarcare che il tempo newtoniano è tutt'altro che "abrogato"
nella fisica.
Al contrario, è di uso larghissimo in tutti i casi in cui il paradigma
relativistico sia irrilevante per le osservazioni, gli esperimenti, il
funzionamento di macchine e strumenti.
Idealmente oggi un fisico che si rispetti dovrebbe avere chiara
familiarità con la visione relativistica (e intendo anche RG).
Ma il condizionale sta a significare che questo nella realtà è
tutt'altro che vero: credo siano moltissimi i fisici che hanno
scarsissima conoscenza col *pensiero* relativistico (non sto parlando
di formule) e che ce ne siano anche molti che usano la relatività
solo come strumento tecnico, per calcolare ed elaborare i dati.
L'allusione tutt'altro che misteriosa è ai fisici delle alte energie,
sperimentali e anche teorici.
Se questa affermazione stupisce qualcuno e sembra esagerata, chieda e
darò maggiori spiegazioni.
Abbiamo qui un esempio di ciò che chiamai (in un altro articolo, del
1975, su La Fisica nella Scuola) la "coesistenza di diversi
paradigmi". Non posso dilungarmi.
Ma è questo complesso di usi, applicazioni, interpretazioni, che
definisce *il tempo per la fisica*.
Da un altro punto di vista (altro, ma altrettanto fondamentale nella
mia filosofia) la prova che una certa interpretazione del mondo
fisico, una certa costruzione concettuale e teorica, sono corrette -
nei limiti che questo aggettivo può avere in fisica, e che non sto a
dettagliare - sta nel fatto che *funziona*, che corrisponde ai fatti,
che ha potere predittivo, ecc.
Niente di più, niente di meno.
E questo non è lo "shut up and calculate" di cui parla Giorgio: spero
sia chiaro.
Non a caso ho parlato di "mia filosofia", dove l'accento non è sul
"mia", ma proprio sulla filosofia.
Non posso riconoscere titolo per parlare di argomenti come il nostro
(il tempo in fisica) a chi non abbia una conoscenza sufficientemente
approfondita di ciò che ho detto sopra: come i fisici usano il tempo,
come sono costruite le teorie, in che misura descrivono adeguatmente i
fatti, ecc.
Posso sbagliare, ma vorrei conoscere qualche filosofo "serio" che
supererebbe questo test.
--
Elio Fabri
Received on Thu Dec 26 2019 - 12:01:30 CET