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From: Bruno Cocciaro <b.cocciaro_at_comeg.it>
Date: Mon, 6 Dec 2004 17:41:58 +0100

"Tetis" <gianmarco100_at_inwind.it> wrote in message
news:155Z185Z25Z64Y1102289208X28167_at_usenet.libero.it...
> Il 04 Dic 2004, 16:57, "Bruno Cocciaro"
<b.cocciaro_at_comeg.it> ha scritto:
>
> Ed ora veniamo all'ottimo Bruno Cocciaro. Che fa sempre e bene
> riflettere.

Grazie dell'apprezzamento. Provo a fare del mio meglio, come piu' o meno
tutti qua.

> Non mi sembra che una discussione approfondita
> della convenzionalita' della nozione di simultaneita' lo porti ad una
> migliore comprensione.

Su questo concordo pienamente. Avrei fatto meglio ad introdurre la questione
della convenzionalita' della simultaneita' in tutto altro thread. Per
affrontare il paradosso dei gemelli e' certamente meglio assumere la
sincronizzazione standard e non porsi affatto il problema se quella
sincronizzazione sia necessaria o meno.

> Nota bene: non che questo tema sia estraneo
> al problema. Pero' il mio punto di vista e' che il carattere convenzionale
> della costruzione di un riferimento e' altrettanto evidente quanto la
> convenzionalita' della scelta di un sistema di assi nello spazio
geometrico.

Qua invece dissento. A me non paiono parimenti evidenti le due cose.
Se
misuro una certa distanza L e a tale distanza da me piazzo un bersaglio, poi
sparo un fascio di luce all'istante t, aspetto fino all'istante t+L/c e
proprio in quell'istante (cioe' quando il mio orologio, che segnava t quando
il fascio di luce e' partito, segna t+L/c) dico "esattamente ora il fascio
di luce sta raggiungendo il bersaglio"
faccio una affermazione che fino a qualche tempo fa io non ritenevo affatto
che fosse una affermazione dal contenuto fisico vuoto. E come me tutti
coloro i quali si opponevano alle tesi della convenzionalita' della
simultaneita' credevano che a quella affermazione potesse darsi un
significato fisico non vuoto.

> Quello che c'e' da capire e' che un conto sono i tempi misurati e gli
spazi
> misurati in questo riferimento rispetto agli assi scelti
convenzionalmente,
> un'altro sono i tempi propri che possono essere espressi in termini di un
> invariante funzione di intervalli spaziali e temporali misurati in accordo
> con una scelta convenzionale. Ma non e' distruggendo la convenzione
> che si mostra la sua natura.

Ma io non voglio distruggere la convenzione. Anzi, voglio proprio
sottolineare la convenzione. Voglio sottolineare che le affermazioni che
posso fare sull'orologio di A osservando l'orologio di B sono affermazioni
non "assolute", non soltanto nel senso che, come e' ben noto quasi da un
secolo, cambiando riferimento quelle affermazioni cambiano, ma anche nel
senso che, rimanendo fermi in un dato riferimento, cambiando
sincronizzazione quelle affermazioni possono ugualmente cambiare.
Nell'esempio che dava all l'astronauta arrivava da I quando l'orologio di I
segnava tin+10 anni e l'orologio dell'astronauta segnava tin+2*pochi minuti.
Quello che voglio sottolineare e' che mentre il fatto che l'orologio
dell'astronauta segni tin+2*pochi minuti non e' convenzionale (cioe' una
volta scelto (convenzionalmente) tin allora quando l'astronauta arriva da B
(essendo data la sua velocita') il suo orologio segna tin+2*pochi minuti e
tale fatto non puo' essere convenzionale essendo frutto di una misura) il
fatto che l'orologio di I segni tin+10 anni invece e' convenzionale e lo e'
non solo (banalmente) per aver scelto tin come istante al quale fissare
l'orologio di I quando gli arrivava il segnale proveniente da I', ma anche
per aver assunto che la luce impiegasse lo stesso tempo per percorrere i
tratti I'-B e I'-A cioe' che la velocita' della luce verso destra fosse
uguale alla velocita' della luce verso sinistra. Se non si fosse fatta tale
assunzione quando l'astronauta arrivava da I avrebbe visto il proprio
orologio segnare tin+2*pochi minuti, e l'orologio di I segnare un istante
diverso da tin+10 anni.

> > Che il tempo proprio sia invariante a me
> > pare una semplice banalita', non vedo quali proprieta' pseudo
geometriche
> > dovrebbero essere invocate.
>
> Scusami pero' qui sembri incorrere in malafede o in ignoranza. Esiste
> una forma invariante che possiamo esprimere in qualsivoglia riferimento
> inerziale (costruito in accordo con una scelta convenzionale) come
> dt^2 - dr^2. Assumendo che c = 1. Questa non era una spiegazione
> rivolta ad all, era una spiegazione rivolta a te che stimo capace di
> riassumere i passi di astrazione che dalla formulazione della relativita'
> einsteniana conducono all'esistenza di un invariante. Questo invariante
> e' guarda caso il tempo proprio. Questa non e' una banalita'.
> Questa e' una costruzione degna della migliore scuola euclidea ed e'
> una nozione geometrica operativa.

Provo ad interpretare quanto da te affermato, mi saprai dire tu se interpeto
correttamente.
Un orologio in moto, O, diventa verde quando segna le ore 7 e rimane verde
finche' segna le 8.
Nel riferimento R' l'orologio O, quando segnava le 7, si trovava nella
posizione x' e l'orologio fisso in R' nel punto x' segnava l'istante t'.
Quando l'orologio O segnava le 8 si trovava, sempre nel riferimento R, nella
posizione x1' e fisso in x1' c'era in quel momento un orologio che segnava
l'istante t1'.
Si verifica che (1 h)^2=(c*t1'-c*t')^2-(x1'-x')^2
Nel riferimento R'' l'evento O segna le ore 7 e' associato alla posione x''
e all'istante t''; l'evento O segna le ore 8 e' associato alla posizione
x1'' e all'istante t1''.
Anche in R'' si verifica che (1 h)^2=(c*t1''-c*t'')^2-(x1''-x'')^2.
Non e' banale l'osservazione del fatto che in ogni riferimento inerziale si
avra' sempre
(1 h)^2=(c*t1-c*t)^2-(x1-x)^2.

Se con questo tu vuoi intendere che non e' banale il fatto che si riesca a
trovare una unica formula "buona" per tutti i riferimenti inerziali allora
potrei in una qualche misura anche essere d'accordo con te. Mi pare pero'
che, qualora non si riuscisse a trovare una unica formula buona per tutti i
riferimenti inerziali, ci sarebbero seri problemi con il principio di
relativita'.
Io non riesco ad associare l'invarianza del tempo proprio ad alcuna
proprieta' geometrica. Il tempo proprio e' il risultato della misura
eseguita da O. O dice ai riferimenti R', R'', R''' ... :"io sono rimasto
verde per un'ora, poi voi, utilizzando le vostre coordinate, fate un po'
come vi pare per ritrovarvi il valore che io ho misurato". Se poi le
operazioni che R' dovrebbe eseguire per ritrovarsi il valore misurato da O
fossero diverse dalle operazioni che dovrebbe eseguire R'' allora mi pare
che sarebbe possibile discriminare (eseguendo solo misure interne al
riferimento) un riferimento inerziale da un'altro. R' direbbe "io sono il
riferimento che, utilizzando le proprie coordinate, per ritrovare il valore
misurato da O deve eseguire le operazioni XXX", R'' direbbe "io sono il
riferimento che, utilizzando le proprie coordinate, per ritrovare il valore
misurato da O deve eseguire le operazioni YYY"

Se invece con quanto detto sopra tu volevi intendere che non e' banale il
fatto che la formula sulla quale tutti i riferimenti inerziali concordano
sia proprio quella allora la mia risposta e' che non c'e' nessuna proprieta'
nascosta dentro quella formula (non c'e' nulla da chiedersi "ma cosa da'
origine proprio a quella metrica?") in quanto quella formula e'
convenzionale: assumendo la velocita' della luce one-way pari a c in tutte
le direzioni quella formula segue di conseguenza; ma la assunzione non e'
necessaria, possiamo cambiare assunzione conseguentemente cambiamo la
metrica (sto parlando della metrica della RR).

[...]

> Quello che trovo assurdo
> nella tua risposta non e' la critica della nozione di simultaneita' e' il
> fatto che tu
> sembri non riconoscere il valore oggettivo che questa scelta convenzionale
> puo' avere.

Esattamente!!! Lo contesto. Ed e' il risultato al quale sono arrivato (non
nutrendo ormai piu' alcun dubbio) dopo circa un anno di contorcimenti nei
quali mi sembrava assolutamente necessario che la nozione di simultaneita'
dovesse non essere convenzionale. Cercavo un esempio che tagliasse la testa
al toro, leggevo gli scritti degli oppositori alla convenzionalita' della
simultaneita' e mi convincevano abbastanza, pero' sentivo che non avevano
ancora detto la parola fine. Poi mi e' venuto il dubbio "ma non avranno mica
ragione quelli che sostengono la tesi opposta?" Ho provato a seguire la tesi
opposta e in breve mi si e' chiarito tutto. Mi sono anche messo a scrivere
tutto di botto ... pensa tu che bella soddisfazione quando ho ritrovato le
mie belle formuline tutte gia' pubblicate da almeno 4-5 anni (quando non da
30) :-).

> Tu contesti ad all una costruzione limpida e cristallina con
> l'argomento che e' fondata su una scelta convenzionale, questo non
> aggiunge alcuna comprensione, IMHO.

io contesto ad all che finche' non fa uso di alcuna accelerazione fara'
osservazioni dal contenuto fisico vuoto (la convenzionalita' delle
affermazioni mi parrebbe sufficiente per poter dire che quelle affermazioni
hanno contenuto fisico vuoto). Non nego che la sua costruzione sia limpida e
cristallina (una volta assunta la sincronizzazione standard), pero' voglio
fargli notare che la affermazione che si fa nel paradosso dei gemelli
(quando G1 torna da G2 si ritrova piu' giovane) non e' una affermazione dal
contenuto fisico vuoto, cioe' non e' una affermazone convenzionale.

> Una volta accordata
> questa scelta convenzionale non c'e' alcuna arbitrarieta' e gli intervalli
> di tempo
> proprio e gli intervalli di tempo misurati in un riferimento in moto
> inerziale sono
> legittimamente confrontabili avendo presente che __non__ sono
operativamente
> simmetrici ne' simmetrizzabili. Perche'? Perche' la simultaneita' e' una
> nozione
> relativa, l'invarianza e' una nozione assoluta, cioe' non dipende dal
> riferimento.

La nozione di convenzionalita' della simultaneita' non e' molto conosciuta.
Non che io possa essere citato come esempio di particolare rilevanza,
comunque posso dirti che io proprio non ne avevo mai sentito parlare fino
all'estate del 2003. Allora iniziai a rifletterci sopra e una delle prime
cose che feci fu mandare un lunghissimo post su isf nel quale prima
presentavo il problema (riportando un lungo passo tratto da "Filosofia della
Fisica") poi proponevo una risposta che mi sembrava un po' troppo semplice
perche' non potesse essere gia' stata suggerita da tempo (infatti poi ho
scoperto che era stata gia' suggerita da tempo. Per inciso, ora ho cambiato
totalmente idea sulla questione). Poiche' da quanto scrivi sopra mi parrebbe
che tu non abbia colto il significato del concetto di convenzionalita' della
simultaneita' io ti consiglierei di leggere quel passo. A me pare scritto
abbastanza bene, si capisce bene la differenza fra relativita' della
simultaneita' e convenzionalita' della simultaneita' (che sono due concetti
che hanno ben poco in comune). Il post e' dell'agosto 2003 e si intitola
"sincronizzazione degli orologi e misure one-way della velocita' della
luce". Li' dico che il passo e' tratto dal saggio di Boniolo, ma in realta'
il saggio e' stato scritto a due mani, Boniolo e Dorato.
Poiche' se ne parlava qua recentemente ti avverto che Elio aveva dato un
giudizio abbastanza pesante su quel saggio. Spero non ci siano svarioni nel
passo che ho riportato io. Io certo non ne vedo.

[...]
> > I "problemi di difficolta' ben superiore" di cui
> > parli sopra io non li vedo.
>
> E' perche' sono su un altro piano rispetto a quello della tua risposta.
> Della quale io contesto il modo illogico in cui mescola verita' con,
> scusami, un partito preso, e con concetti confusi. Io ripeto che tutto
> quello che serve per enunciare il fenomeno dell'invecchiamento
> differenziale e' la nozione di invarianza del tempo proprio nell'ambito
> della relativita' ristretta.

Se con "partito preso" intendi il partito dei sostenitori della
convenzionalita' della simultaneita' certo, parlo per partito preso. Come
dicevo ho preso quel partito dopo aver militato per un'anno circa nel
partito opposto.
I "fenomeni di invecchiamento" osservati fra diversi riferimenti, come
dicevo, sono fenomeni privi di contenuto fisico (in quanto convenzionali)
finche' si ha a che fare con riferimenti che sono sempre in moto relativo
uniforme.

> Nulla di piu' nulla di meno. Ripeto che una difficolta' superiore sta nel
> comprendere quale e' l'origine della struttura geometrica della
relativita'
> ristretta, il nesso con la dinamica, l'origine dinamica della struttura
> dello
> spazio tempo. Il nesso con la struttura delle interazioni fondamentali.

Appunto, nel dire che io non li vedo questi problemi voglio semplicemente
dire che, essendo
(dtau)^2=(c*dt)^2-(dx)^2
una relazione convenzionale, quale origine dovremmo mai cercare? A me pare
semplicemente l'unica formula buona a connettere le misure che facciamo nel
riferimento R con la misura effettuata dall'orologio che in R vediamo in
moto. La formula e' quella perche' abbiamo convenzionalmente scelto un certo
modo di settare gli orologi, se avessimo scelto un altro modo avremmo
trovato un'altra formula. Oppure potremmo dire "scegliamo quella formula.
Bene, allora gli orologi dobbiamo sincronizzarli in questa maniera".

> Sono le variazioni di velocita' a produrre il fenomeno. Si tratta di un
> fenomeno. Il solo aspetto paradossole deriva dalla mancanza di
> esperienza quotidiana di questa proprieta' geometrica dello spazio
> tempo. Non e' l'entita' delle accelerazioni il punto chiave. E' la
lunghezza
> delle traiettorie spazio temporali, e' la disuguaglianza triangolare nella
> geometria della spazio tempo il punto chiave. Con questo punto di vista
> il fenomeno si riduce ad un fatto geometrico. E nella relativita'
ristretta
> non
> c'e' nulla di piu' profondo che una rigorosa costruzione geometrica basata
> su assiomi e su osservazioni di sapore genuinamente euclideo.

Io non ho certo detto che il fenomeno non vuoto dal punto di vista fisico
(cioe' il fatto che G1 sia piu' giovane di G2 una volta tornato dopo
andata-accelerazione-ritorno) e' deciso dalla "entita'" delle accelerazioni.



Ho semplicemente detto che senza accelerazioni non si puo' avere a che fare
con fenomeni non vuoti dal punto di vista fisico: l'astronauta arriva da B e
vede che l'orologio di B segna tin+5 anni ma se nel riferimento di I
avessero scelto un'altra sincronizzazione l'astronauta avrebbe anche potuto
osservare l'orologio di I segnare tin+ pochi minuti, cioe' esattamente tanto
quanto segna il suo orologio. Ben diversa (cioe' non convenzionale) e' la
situazione se l'astronauta ad un certo punto, a seguito di accelerazione,
torna indietro; allora si' che si potra' fare una affermazione non vuota. Si
potra' affermare che, tornato in A, indipendentemente dalle sincronizzazioni
scelte nel riferimento di A, l'astronauta trovera' A invecchiato rispetto a
lui.

Ciao.
-- 
Bruno Cocciaro
--- Li portammo sull'orlo del baratro e ordinammo loro di volare.
--- Resistevano. Volate, dicemmo. Continuavano a opporre resistenza.
--- Li spingemmo oltre il bordo. E volarono. (G. Apollinaire)
Received on Mon Dec 06 2004 - 17:41:58 CET

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