Il 04 Dic 2004, 16:57, "Bruno Cocciaro" <b.cocciaro_at_comeg.it> ha scritto:
Ed ora veniamo all'ottimo Bruno Cocciaro. Che fa sempre e bene
riflettere.
> Io non scommetterei troppo su cio' che era chiaro ad all.
Io non ho scommesso affatto su quello che gli era chiaro.
Non ho fatto un processo alle intenzioni ho letto la sua
rappresentazione e mi sono convinto che ha chiaro il ruolo
chiave di evento. Non mi sembra che una discussione approfondita
della convenzionalita' della nozione di simultaneita' lo porti ad una
migliore comprensione. Nota bene: non che questo tema sia estraneo
al problema. Pero' il mio punto di vista e' che il carattere convenzionale
della costruzione di un riferimento e' altrettanto evidente quanto la
convenzionalita' della scelta di un sistema di assi nello spazio geometrico.
Quello che c'e' da capire e' che un conto sono i tempi misurati e gli spazi
misurati in questo riferimento rispetto agli assi scelti convenzionalmente,
un'altro sono i tempi propri che possono essere espressi in termini di un
invariante funzione di intervalli spaziali e temporali misurati in accordo
con una scelta convenzionale. Ma non e' distruggendo la convenzione
che si mostra la sua natura.
[...]
> > Questa affermazione ha lo stesso sapore di quest'altra: " a me
> > voler trattare la cinematica dei punti materiali senza dire che un
> > corpo deviato dal moto rettilineo uniforme sente una forza e'
> > sempre sembrato un modo per nascondere la sostanza". Cioe'
> > quello che sostengo e' che la proprieta' di invarianza del tempo
> > proprio sia una proprieta' pseudo-geometrica. E' vero che il nocciolo
> > della questione e' cosa da' luogo a questa pseudo-geometria. Ma allo
> stesso
> > modo come il nocciolo della nostra comprensione della geometria e' che
> > cosa da' luogo allo spazio.
>
> Purtroppo non riesco proprio ad associare un significato per me
> comprensibile a quanto dici sopra. Che il tempo proprio sia invariante a
me
> pare una semplice banalita', non vedo quali proprieta' pseudo geometriche
> dovrebbero essere invocate.
Scusami pero' qui sembri incorrere in malafede o in ignoranza. Esiste
una forma invariante che possiamo esprimere in qualsivoglia riferimento
inerziale (costruito in accordo con una scelta convenzionale) come
dt^2 - dr^2. Assumendo che c = 1. Questa non era una spiegazione
rivolta ad all, era una spiegazione rivolta a te che stimo capace di
riassumere i passi di astrazione che dalla formulazione della relativita'
einsteniana conducono all'esistenza di un invariante. Questo invariante
e' guarda caso il tempo proprio. Questa non e' una banalita'.
Questa e' una costruzione degna della migliore scuola euclidea ed e'
una nozione geometrica operativa.
[...]
> Non voglio affatto scardinare il concetto di relativita' della
> simultaneita'. Voglio precisamente discuterlo. Ed e' proprio per
discuterlo
> che voglio mettere bene in chiaro cosa c'e' di convenzionale.
> Posso dirti che quando io sono venuto a conoscenza per la prima volta
delle
> discussioni sulla convenzionalita' della simultaneita' (leggendo il saggio
> "Dalla relativita' galileiana alla relativita' generale" di G.Boniolo e M.
> Dorato in "Filosofia della fisica" a cura di G. Boniolo, Bruno Mondadori
> (1997)) ho avuto, a livello epidermico, una sensazione simile alla tua: mi
> sembravano assurde le tesi dei sostenitori della convenzionalita' della
> simultaneita'.
Uno dei primi libri che aprii arrivando a Pisa fu il libro di Roger
Penrose con il suo approccio alla geometria dello spazio e del
tempo basato sulla nozione di light cone. Per me che arrivavo
dritto dalla lettura delle critiche operazionali alla misura dello
spazio e del tempo, dalla geometria euclidea e dalla riformulazione
cartesiana fu una somma di emozioni duplice, un trionfo dello spirito, e
l'impressione che la ricerca di oggi riusciva a muovere qualche passo
avanti rispetto alla semplice riformulazione cartesiana della geometria.
I flag, i twistor, le rappresentazioni delle simmetrie erano parole
misteriose, ma
mi comunicavano una netta impressione: i miei dubbi sulla necessita'
di ricorrere alla nozione di simultaneita' erano fondati; inoltre esisteva
un nesso profondo fra dinamica e spazio tempo. Quello che trovo assurdo
nella tua risposta non e' la critica della nozione di simultaneita' e' il
fatto che tu
sembri non riconoscere il valore oggettivo che questa scelta convenzionale
puo' avere. Tu contesti ad all una costruzione limpida e cristallina con
l'argomento che e' fondata su una scelta convenzionale, questo non
aggiunge alcuna comprensione, IMHO.
>
> Tornando a noi, quando all dice
> "osservo ora l'orologio di B segnare tin+10 anni, ne deduco che anche
> l'orologio di I (visto che I si trova nello stesso riferimento di B e i
loro
> orologi sono sincronizzati) segna ora tin+10 anni"
> fa una affermazione dal contenuto fisico vuoto: la affermazione suddetta
e'
> vera se si assume una certa relazione di sincronizzazione, sarebbe falsa
> qualora se ne assumesse un'altra.
Il punto e' che questa affermazione e' tuttavia alla base di una costruzione
ben fondata, null'affatto vuota di contenuto fisico. Quello che bisogna
distinguere
e' sempre la nozione di intervallo temporale misurato ricorrendo alla
nozione di
sincronizzazione da quello misurato sulla base degli invarianti. Una volta
accordata
questa scelta convenzionale non c'e' alcuna arbitrarieta' e gli intervalli
di tempo
proprio e gli intervalli di tempo misurati in un riferimento in moto
inerziale sono
legittimamente confrontabili avendo presente che __non__ sono operativamente
simmetrici ne' simmetrizzabili. Perche'? Perche' la simultaneita' e' una
nozione
relativa, l'invarianza e' una nozione assoluta, cioe' non dipende dal
riferimento.
> Io sono certamente di quelli che sostengono che l'accelerazione e'
> responsabile del ritardo. Anzi, io ritengo che si e' capito il paradosso
dei
> gemelli quando si e' capito che senza accelerazione non puo' esserci alcun
> paradosso, e si e' anche capito che l'orologio che accelera segnava t-eps
> prima della accelerazione e segna t+eps dopo, cioe' l'accelerazione puo'
> avvenire anche in un tempo infinitesimo, cio' nonostante a fine viaggio
> l'orologio si ritrova indietro anche di diversi anni. Si capisce anche che
> il cambio della frequenza per effetto Doppler a cui fai riferimento sopra
> "e' " la sostanza del paradosso dei gemelli. Ad esempio D.W. Sciama in
> "L'unita' dell'universo" Einaudi (1965) (pag. 120) lo descrive proprio
> facendo riferimento a quel cambio di frequenza. E' quello, a mio avviso,
il
> modo in cui va presentato il paradosso; in quel modo e' veramente
> difficile non capirlo. I "problemi di difficolta' ben superiore" di cui
> parli sopra io non li vedo.
E' perche' sono su un altro piano rispetto a quello della tua risposta.
Della quale io contesto il modo illogico in cui mescola verita' con,
scusami, un partito preso, e con concetti confusi. Io ripeto che tutto
quello che serve per enunciare il fenomeno dell'invecchiamento
differenziale e' la nozione di invarianza del tempo proprio nell'ambito
della relativita' ristretta.
Nulla di piu' nulla di meno. Ripeto che una difficolta' superiore sta nel
comprendere quale e' l'origine della struttura geometrica della relativita'
ristretta, il nesso con la dinamica, l'origine dinamica della struttura
dello
spazio tempo. Il nesso con la struttura delle interazioni fondamentali.
Sono le variazioni di velocita' a produrre il fenomeno. Si tratta di un
fenomeno. Il solo aspetto paradossole deriva dalla mancanza di
esperienza quotidiana di questa proprieta' geometrica dello spazio
tempo. Non e' l'entita' delle accelerazioni il punto chiave. E' la lunghezza
delle traiettorie spazio temporali, e' la disuguaglianza triangolare nella
geometria della spazio tempo il punto chiave. Con questo punto di vista
il fenomeno si riduce ad un fatto geometrico. E nella relativita' ristretta
non
c'e' nulla di piu' profondo che una rigorosa costruzione geometrica basata
su assiomi e su osservazioni di sapore genuinamente euclideo.
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Received on Mon Dec 06 2004 - 00:26:48 CET