Soviet_Mario ha scritto:
> prima domanda : esiste una qualche relazione o classe di relazioni
> (intese o in senso matematico o boh, topologico) tra le due classi di
> curvatura ?
Quando ti metti a fare domande spari a raffica, mica scherzi...
Non potrò rispondere a tutto, ma vediamo.
> Una è prerequisito dell'altra? Sono del tutto indipendenti? Una è
> sottoinsieme dell'altra? Sono parzialmente sovrapposte ma esistono
> "oggetti" con solo una delle due e non l'altra?
> Esempi, se ci sono, di cose con curvatura intrinseca e senza
> estrinseca, con entrambe, o solo curvatura estrinseca, sarebbero
> magari utili.
Ho idea che il miglior modo di rispondere sia di fare un po' di
storia.
Tutta questa roba, che possiamo chiamare geometria differenziale delle
superfici, nasce grosso modo a cavallo tra '700 e '800, sicuramente
col contributo di molti che non ti saprei dire, ma di certo con la
"zampata" dei due più grandi matematici dell'epoca (e forse di tutti i
tempi): Eulero e Gauss.
E' interessante vedere come problemi che hanno la loro origine in
fatti dell'esperienza comune vengono gradatamente astratti, messi in
ordine e in relazione, trasformati in un capitolo della matematica i
cui sviluppi continuano ancora.
Il problema di partenza è appunto: come si possono studiare le
superfici curve? Quali sono le proprietà principali? Come sono legate
tra loro?
> Ora non ricordo le equazioni, ma giocando con Desmos o altri
> plotter-visualizzatori, ricordo di curve generate soltanto
> da rototraslazioni di rette.
Mi sa che volevi dire superfici.
Si chiamano "superfici rigate".
> Mi piacerebbe sapere se fossero sviluppabili o meno sul piano.
Esistono rigate sviluppabili e rigate non sviluppabili.
> E se esista una relazione o classe di relazioni (o
> descrizioni) che distingua le superfici non sviluppabili.
Certo che esiste, un po' di pazienza...
> Però magari boh, butto lì una cavolata a caso: se una
> superficie si può spazzare interamente per mezzo di rette è
> sviluppabile. E' un esempio, magari non è affatto così!
Infatti non è così.
Forse posso mostrarti subito qualche esempio.
Più avanti il teorema generale.
Spero tu conosca le varie quadriche (ellissoidi, iperboloidi...).
Tra queste ci sono *due tipi* di rigate:
- l'iperboloide detto "a una falda"
- il paraboloide iperbolico.
Tutte le altre quadriche non degeneri *non sono rigate*.
(Invece le q. degeneri sono tutte rigate:
- i coni
- i cilindri (caso limite di coni col vertice che va a infinito)
- le q. spezzate in due piani, incidenti o paralleli.
E sono tutte banalmente sviluppabili.)
L'iperboloide a una falda, anche noto come "iperboloide iperbolico",
ma non importa il nome, a me ricorda sempre una cosa dei tempi lontani
in cui ero bambino.
Quando la pasta secca si vendeva sfusa, non confezionata come oggi.
Nelle vetrine dei negozi si potevano vedere della "costruzioni" fatte
di spaghetti.
Si prendeva un mazzo di spaghetti, li si legavano al centro, li si
mettevano verticali su un piano orizzontale, e poi con abile mossa si
lasciava "aprire" il mazzo. Trovi le figure su wiki, sotto "mazzo di
spaghetti".
Il paraboloide iperbolico come rigata lo vedi bene in
https://en.wikipedia.org/wiki/Paraboloid#Hyperbolic_paraboloid
Dimostrare che entrambe *non sono sviluppabili* richiede il teorema
generale. La frase magica è: sono entrambe superfici *a punti
iperbolici*. Vedi dopo.
L'idea (credo di Eulero) per definire la curvatura in un punto P è di
guardare le *sezioni normali*.
Definiamo.
Pensa alla normale in P alla superficie (la normale è definita se e
solo se è definito il piano tangente in P, ed è la retta n
perpendicolare a questo). Conviene assegnare a n un orientamento, che
servirà poi per definire il segno della curvatura.
Pensa al fascio di piani passanti per P: ciascun piano interseca la
suerficie secondo una curva e n è normale a questa curva.
Di tutte queste curve interessano solo degli intorni di P (la
curvatura è un concetto *differenziale*: in termini imprecisi,
riguarda spostamenti infinitesimi da P; più precisamente si definisce
come limite).
Se la superficie ìntorno a P è suff. "regolare" (non do maggiori
dettagli) tutte le sezioni normali hanno un centro di curvatura,
situato su n. La distanza di questo punto da P definisce il raggio di
curvatura (raggio del cerchio osculatore) e si definisce curvatura
della sezione normale l'inverso del raggio.
Si dà un segno alla curvatura: convenzionalmente è positiva se il
centro di curvatura sta dalla parte della normale positiva.
La principale scoperta di Eulero fu che c'è una dipendenza semplice
della curvatura di una sezione normale dal piano della sezione.
Non sto a scrivere la formula, ma dico solo che ruotando il piano
attorno a n la curvatura oscilla tra un minimo e un massimo (in casi
eccezionali rimane costante).
Il minimo e il massimo si hanno per due piani perpendicolari tra loro,
e si chiamano "curvature principali"; indichiamole con k1 e k2.
Dato che la curvatura ha un segno, sono possibili vari casi, che si
riassumono in tre:
- k1 e k2 hanno lo stesso segno: in questo caso P è detto *punto
ellittico*
- k1 e k2 hanno segni opposti: P è un "punto iperbolico"
- una (e una sola) delle curvature principali si annulla: "punto
parabolico".
Nota: non è vietato che si annullino entrambe, ma è un caso che si
presenta solo per superfici particolari e non dobbiamo occuparcene.
Perché questi nomi (ellittico, iperbolico, parabolico)?
Guardiamo come il piano tangente interseca la superficie.
Nel caso ellittico, la superficie sta tutta da una sola parte, quindi
l'intersezione di riduce al solo P.
Nel caso iperbolico P è un *punto di sella*: le due sezioni principali
stanno da parti opposte del piano tangente e per continuità ci sono
due altre sezioni dove la curvatura si annulla. Il piano tangente
interseca la superficie secondo una X.
Nel caso parabolico la superficie sta tutta da una parte, ma c'è una
sezione che ha curvatura nulla. La differenza rispetto al punto
ellittico è che questa sezione normale si scosta dal piano tangente
solo al terzo ordine, non al secondo come in una tangente somune.
Inoltre, se prendiamo un piano parallelo al piano tangente, succede
questo:
- nel caso ellittico, questo piano non intereseca la superficie se sta
da una parte, la interseca secondo un'ellisse (a meno di termini di
ordine superiore)
- nel caso iperbolico, da entrambe le parti il piano interseca la
superficie secondo un'iperbole
- nel caso parabolico l'intersezione "somiglia" a una parabola.
Non è possibile essere più precisi, e bisogna ricordare che tutto
questo vale *in un intorno* di P. A distanza la superficie può fare
qualunque cosa.
Esempi:
- In una sfera ed ellissoide tutti i punti sono ellittici.
- Nell'iperboloide a una falda e nel paraboloide iperbolico sono tutti
iperbolici.
- In coni e cilindri sono tutti parabolici (con l'eccezione del
vertice di un cono, che è un punto singolare, dove il piano tangente
non è definito).
Per superfici più complicate può accadere che ci siano punti dei
diversi tipi.
Per es. una comune bottiglia da vino ha punti parabolici nel corpo e
nel collo, punti ellittici dove il corpo comincia a restringersi,
iperbolici in prossimità del collo. Tra la regione ellittica e quella
iperbolica c'è una circonferenza di punti parabolici.
(Certo un po' di figure aiuterebbero molto, ma se cerchi in internet
troverai di tutto.)
Passiamo finalmente alla questione curvature intrinseche/estrinseche.
Tutte quelle di cui abbiamo parlato sono curvature *estrinseche*: la
superficie viene studiata in quanto *immersa nello spazio euclideo*.
Questo fu il punto di partenza, suggerito in modo naturale dagli
oggetti del mondo circostante.
Questa stessa esperienza ci mostra che esistono superfici deformabili,
e ci si chiede come e quanto.
Più esattamente, immaginiamo la superficie materializzata con un velo
sottilissimo, pieghevole come e quanto si vuole, ma del tutto
*inestensibile*.
Ossia possiamo deformarlo, ma la distanza tra due suoi punti,
*misurata lungo la superficie*, rimane la stessa.
E pure gli stessi rimangono gli angoli fra curve disegnate sul velo
(fra le loro tangenti) anche se le curve possono cambiare forma.
L'esempio più banale l'ho già fatto: il foglio di carta arrotolato, in
forma di cilindro ma anche di cono.
Si comincia a dare una definizione precisa: due superfici definite
nello spazio euclideo si dicono "applicabili" se esiste una
corrispondenza tra i loro punti che lascia invariate tutte le distanze
(e quindi anche tutti gli angoli).
Superfici applicabili si dicono anche "isometriche".
La domanda naturale è: se io ho definito separatamente due superfici,
come faccio a sapere se sono o non applicabili? (Dire "se esiste ..."
in matematica è una definizione detta "non costruttiva", perché non
ti dice come fare la verifica.)
Se non trovo la corrispondenza giusta, è perché non sono abbastanza
bravo, o perché non è proprio possibile?
Ci vuole un criterio...
Ed è quello che Gauss pubblica nel 1827, chiamandolo "theorema
egregium": se due superfici sono applicabili, la loro curvatura totale
in punti corrispondenti è la stessa.
In linguaggio più moderno: la curvatura totale (detta anche
"gaussiana") è invariante sotto isonetrie locali.
Non ho definito la curvatura totale... Ecco qui K = k1 k2, il prodotto
delle curvature principali.
In pratica: mentre deformo isometricametne una superficie, la sua
curvatura estrinseca può cambiare, In particolare possono cambiare le
curvature principali.
Ma non può mai cambiare il loro prodotto.
Quindi questo prodotto (la curvatura gaussiana) è una proprietà
*intrinseca* della superficie.
Esempio ovvio: un piano ha nulle tutte le curvature, quindi anche K=0.
Pertanto qualunque superficie che si possa raggiungere modificando
isometricamente un piano (sviluppabile) deve avere K=0.
Notare che affinché sia K=0, basta che si annulli *una* delle
curvature principali.
Quando arrotolo un foglio in forma di cilindro accade proprio questo:
una delle curvature principali resta nulla, mentre l'altra passa da 0
a un valore qualsiasi (costante su tutto il foglio, se ho fatto un
ciindro circolare).
Ma un cilindro può avere forma diversa, quindi una delle curvature può
anche non essere costante.
Abbiamo così la risposta alla domanda: perché non si può sviluppare
una (porzione di) sfera su un piano?
Non si può perché la curvatura gaussiana della sfera è positiva,
quella del piano è nulla.
Dalle definizioni date sopra di punti ellittici, iperbolici,
parabolici, si vede che:
- punto ellittico <--> curv. gaussiana positiva
- punto iperbolico <--> curv. gaussiana negativa
- punto parabolico <--> curv. gaussiana nulla.
Quindi le sole superfici sviluppabili sono quelle a punti parabolici.
Dagli esempi che ho dato sopra si vede che esistono rigate a punti
iperbolici (non a punti ellittici).
Quindi non tutte le rigate sono sviluppabili.
Arrivato a questo punto, dovrei raccontare qualcosa di ciò che è
successo dopo: dal "theorema egregium" sono passati quasi due secoli!
Ma questo post è già troppo lungo.
Eventualmente avrà un seguito...
--
Elio Fabri
Received on Tue Jan 14 2020 - 14:25:46 CET