Re: Velocità della corrente
Voglio contribuire a questo thread con un esempio concreto, anche se
un po' idealizzato.
Lo scopo e' di mostrare gli ordini di grandezza in gioco, e di
discutere qualche aspetto non proprio banale del fenomeno.
Consideriamo dunque un coppia di fili di rame di diametro 2 mm, tra
loro paralleli, lunghi 300 m, e i cui assi distino 12 mm.
Non c'e' isolante interposto, ma solo il vuoto (o l'aria, che fa lo
stesso).
All'estremo lontano chiudiamo il circuito non con una lampadina
(sconoda, perche' ha una resistenza che cambia molto con la temperatura)
ma con un resistore di 300 ohm.
All'estremo vicino, anziche' porre un generatore e un interruttore
(che ha l'inconveniente che si dovrebbe schematizzare l'interruttore e
non e' semplice) mettiamo senz'altro un generatore di tensione
ideale, la cui f.e.m. possiamo far variare da zero a 30 V in un breve
intervallo di tempo: per es in 10 ns.
Salvo errori, la resistenza totale dei fili e' circa 6 ohm, che mi
permetto di trascurare (pe ora) rispetto a quella del resistore. E'
per questo motivo che ho limitato la lunghezza a 300 metri.
In queste condizioni vale l'eq. dei telegrafisti di cui ha parlato
Franco (se ricordo bene) e da cui si dimostra che la variazione di
tensione prodotta dal generatore si propaga con velocita' c. Essa
arriva quindi all'estremo lontano dopo 1 microsecondo: tempo
brevissimo alla scala umana, ma oggi misurabile con grande facilita'.
Quello che voglio discutere e' che cosa accade alle cariche e
correnti lungo il filo, quindi capire come si muoveranno gli elettroni.
Ma prima debbo chiarire la scelta dei parametri: diametro dei fili e
loro distanza.
Gli esperti avranno gia' capito: li ho scelti in modo che l'impedenza
caratteristica della linea sia proprio 300 ohm.
Per i non esperti, procediamo come segue.
In primo luogo, i due fili formano un condensatore, la cui capacita'
si puo' calcolare e risulta 11 pF per metro di lunghezza (3.3 nF in
tutto).
A regime questo condensatore sara' carico a una d.d.p. di 30 volt, e
portera' una carica (di segni opposti sui due fili) pari a 0.33 nC/m:
in tutto 100 nC.
Dato che inizialmente i due fili sono neutri, questa carica dovra'
venire dal generatore, che in un microsecondo avra' dunque fornito 100
nC: cio' equivale a una corrente di 0.1 A.
Ma (guarda caso!) questa e' proprio la corrente che passa nel
resistore a regime: (30 V)/(300 ohm).
Se la linea fosse infinitamente lunga, e senza resistore finale, il
processo di carica durerebbe all'infinito, e il generatore dovrebbe
erogare una corrente costante di 0.1 A; nel nostro caso succede la
stessa cosa, perche' la corrente di 0.1 A nel primo microsecondo serve
a caricare la linea, e poi va nel resistore.
Dunque _dal punto di vista del generatore_ le due situazioni sono
indistinguibili, e questa e' proprio la definizione di _impedenza
caratteristica_: e' quell'impedenza su cui occorre chiudere una linea
di lunghezza finita perche' *dal punto di vista del generatore* essa
sia equivalente a una linea infinita.
Ora chiediamoci: se potessimo leggere in funzione del tempo la d.d.p.
tra due punti affacciati dei due fili, che cosa vedremmo?
Vedremmo zero finche' l'impulso non raggiunge quei punti; poi vedremmo
la d.d.p. salire per 10 ns, poi restare costante a 30 volt.
Ovviamente l'istante in cui la d.d.p. coincia a salire e'
progressivamente ritardato man mano che ci si allontana dal
generatore, fino a un ritardo massimo di un microsecondo a fine linea.
Inversamente, se potessimo fotografare la d.d.p. _a un dato istante_
su tutta la linea che cosa troveremmo?
La troveremmo pari a 30 volt in un tratto iniziale, poi decrescente
fino a zero (per un tratto lungo 3 metri) e nulla da li' in poi.
Ripetendo l'osservazione a un istante successivo, tutta la
configurazione risulterebbe spostata in avanti, alla velocita' della
luce.
La stessa cosa che vale per la d.d.p. vale anche per la carica, che
sarebbe di 0.33 nC/m nel tratto iniziale, nulla nel tratto finale, e
gradatamente decrescente in un tratto lungo 3 metri.
Passiamo ora agli elettroni.
Dobbiamo stimare in primo luogo la densita' numerica n di questi nel
filo neutro: se c'e' un elettrone di conduzione per ogni atomo di
rame, dai dati di densita' e massa molare ottengo n = 8x10^22 cm^(-3),
e quindi 2.6x10^23 elettroni per metro di filo.
La carica di 0.33 nC/m corrisponde a 2x10^9 elettroni per metro: come
si vede l'eccesso (o difetto) di elettroni necessario per caricare il
filo e' veramente esiguo!
(Inoltre questo eccesso o difetto di elettroni si dispone in
superficie.)
Quanto alla velocita' media v degli elettroni, si ricava com'e' noto
dalla relazione j = nev, dove j e' la densita' di corrente. Inserendo
i numeri: v = 2.5x10^(-6) m/s (salvo errori).
Nell'insieme agli elettroni succede questo: nel tratto neutro del filo
ce ne sono un po' di meno e stanno fermi; nel tratto iniziale (carico)
ce ne sono un po di piu' (pochissimi) e si muovono (pochissimo).
Tutto dunque va come se gli elettroni "compressi" in arrivo spingessero
quelli fermi e li mettessero in moto.
Ma non e' cosi': a far muovere gli elettroni e' un campo elettrico
presente all'interno del filo (il quale non e' un conduttore perfetto:
ha una certa resistivita').
In effetti dobbiamo ora ricordarci di quella resistenza di 6 ohm dei
due fili: 3 ohm per ciascuno su 300 metri. Con la corrente di 0.1 A,
fa una caduta di tensione di 0.3 volt, sempre su 300 metri, che da' un
campo di 1 mV/m.
E' questo campo che tiene in moto gli elettroni alla velocita' che
abbiamo visto.
Esercizio finale: disegnare le superfici equipotenziali attorno e
dentro ai fili nella condizione di egime.
------------------------------
Elio Fabri
Dip. di Fisica - Univ. di Pisa
------------------------------
Received on Fri Nov 19 2004 - 21:58:11 CET
This archive was generated by hypermail 2.3.0
: Wed Feb 05 2025 - 04:23:25 CET