"Bruno Cocciaro" <b.cocciaro_at_comeg.it> wrote in message
news:2to7u2F225a8dU1_at_uni-berlin.de
Che dire, quella che segue e' una pagina magistrale.
Uno sforzo di comprensione davvero formidabile e,
mi sembra di discreto successo.
Bruno Cocciaro wrote:
> Poco piu' avanti Ghirardi cita Bell e, riferendosi a lui, dice:
> "E prosegue con la frase che abbiamo posto in apertura al capitolo, nella
> quale si sottolinea che EPR non intendevano in alcun modo segnalare una
> situazione paradossale, ma trarre le estreme conseguenze dalla struttura
> concettuale della teoria e dimostrarne l'incompletezza."
> La frase di Bell che Ghirardi ha posto in apertura del capitolo e' la
> seguente:
> "Paradosso davvero! Ma per gli altri, non per EPR. EPR non usarono mai la
> parola 'paradosso'. Circa questo punto essi erano dalla parte dell'uomo
> della strada. Per loro queste correlazioni mostravano semplicemente che i
> teorici quantistici erano stati precipitosi nel negare la realta' del mondo
> microscopico. In particolare Jordan aveva commesso un serio errore
> nell'assumere che nulla fosse reale o determinato in quel mondo prima del
> processo di osservazione."
>
> Cioe' le palline prima della misura sono sicuramente o questa nera e quella
> bianca oppure quella nera e questa bianca, per i fotoni invece non possiamo
> dire prima della misura che o sono entrambi polarizzati verticalmente oppure
> sono entrambi polarizzati orizzontalmente, eppure la misura sul fotone A ci
> fa prevedere con certezza l'esito della misura sul fotone B (ad esempio ci
> fa prevedere che il fotone risultera' polarizzato verticalmente), il che ci
> autorizza a dire (poiche', in maniera assolutamente naturale, ipotizziamo
> valido il realismo locale) che anche prima della misura su A (che non puo'
> influenzare istantaneamente il fotone B) il fotone B possedeva le
> caratteristiche che gli avrebbero permesso di dare esito "verticale" alla
> misura di polarizzazione. Poiche' la MQ non permette di prevedere tale esito
> (cioe' secondo la MQ il fotone B e' squisitamente indefinito prima della
> misura su A, non e' a polarizzazione verticale ma noi ancora non lo sappiamo
> (come la pallina che e' nera ma noi ancora non lo sappiamo) il fotone B e'
> proprio indefinito prima della misura su A) allora la MQ deve essere una
> teoria incompleta. Cioe' devono esistere delle variabili nascoste la
> conoscenza delle quali ci permetterebbe di prevedere gli esiti delle misure
> di polarizzazione.
Esattamente questa era la conclusione logica dell'esperimento ideale
di EPR. Assumento alcune ipotesi di realta' e localita' cosi' dovevano
stare le cose, oppure doveva cadere o l'ipotesi di realta' o l'ipotesi
di localita'. Chi autorizzava i fisici di allora a negare una di queste
due ipotesi? Fu questa la domanda scandalo posta da quell'articolo. La
risposta fu iniziata da Bell: cominciamo con l'assumere questo punto di
vista di Einstein Podolski e Rosen. Assumiamo il principio di realta' ed
il
principio di localita'. Introduciamo delle variabili nascoste. Esistono
dei problemi logici: quante? Un numero finito? Un numero infinito? Bell
ed altri in seguito affrontarono con estrema attenzione ciascuno di
questi problemi, considerarono tutte le possibilita'? Temo che una
grande ignoranza regni sovrana su questo tema. Tuttavia molti fisici di
oggi sono portati a pensare che Bell e chi ha lavorato sulla sua linea
di pensiero abbiano davvero considerato correttamente tutti i modelli
localistici e realistici in maniera generale. In parole semplici le
variabili nascoste non possono cambiare che in modo locale. Allora
proseguendo su questo solco logico Bell osserva che se e' cosi' devono
verificarsi delle disuguaglianze fra le probabilita' misurate.
Disuguaglianze che sono imposte dal vincolo di realta' e di localita' e,
non vorrei sbagliarmi, anche di determinismo (puo' darsi che questo
criterio venga riassorbito nel criterio di realta').
> Il problema grosso e' che, sempre per come l'ho capita io, le misure di
> Aspect e simili, sembra che diano ragione alla MQ, cioe' sembra che neghino
> la possibilita' delle variabili nascoste.
Questa e' un'inesattezza. Negano la possibilita' che i modelli a
variabili nascoste con criterio di realta' e di localita' e
determinismo,
simultaneamente verificati, esaminati nello schema di Bell, possano
rendere conto della fenomenologia quantistica. Non ad esempio che un
modello che contempli un criterio di realta' e deterministico ma non
locale possa rendere conto della fenomenologia quantistica e della
causalita' e delle correlazioni a distanza. A questo livello non e'
necessario che le variabili da considerare siano nascoste.
Potrebbero essere variabili intrinseche della teoria.
Esistono in effetti molte piu' sottigliezze logiche nella formulazione
esatta di quello che si deve intendere per localita', per realta', per
determinismo. Quello che mi risulta della interpretazione correntemente
piu' accettata e' che il caso fa parte integrante della struttura
interpretativa della meccanica quantistica, e che il principio di
realta' viene in tale interpretazione accantonato. In questa
formulazione, nonostante il ruolo intrinseco del caso trovano posto
teoremi che recuperano la struttura cognitiva dell'uomo della strada per
cosi' dire. Relegando il caso inteso in senso quantistico
ad un livello di fenomenologia la cui scala e' lontana dall'esperienza
macroscopica. Dove questa delimitazione del mondo macroscopico e'
sostanziabile su un piano logico in modo abbastanza rigoroso. Quello che
si rende rigoroso e' il fatto che tanti eventi casuali danno luogo ad
una
distribuzione di probabilita' molto precisa ed a grandezze medie con
valori tendenzialmente esatti.
Esistono poi degli sforzi di ricostruire la stessa struttura logica
della meccanica quantistica partendo da un livello di astrazione piu'
alto in cui torna a giocare un ruolo importante il determinismo, la
nostra ignoranza sullo stato delle cose... Per esprimersi come si
esprime t'Hooft in uno dei suoi primi interventi sul tema: "senza
invalidare la meccanica quantistica come principio soggiacente la
dinamica di una teoria fondamentale, e' possibile attendersi leggi
dinamiche piu' basilari che potrebbero vedere la meccanica quantistica
come macchinario necessario per la loro analisi statistica. In sistemi
convenzionali come il modello standard per quark e leptoni, questo
guiderebbe a teorie a variabili nascoste, che hanno il problema della
non localita'. Ma la fisica alla scala di Planck e' cosi' diversa dalle
teorie dei campi in uno spazio-tempo assegnato e piatto che puo' darsi
sia vero il contrario: noi pensiamo che la causalita' e la localita'
possano essere ripristinate postulando una teoria soggiacente
deterministica. Potrebbe pero' risultare necessario pagare il prezzo di
una teoria soggiacente che esibisce perdita di informazione"
Puoi apprezzare in questo una ispirazione idealista tipicamente olandese
a prima vista lontana dallo spirito scettico di scuola baconiana che
vige in quasi ogni angolo della fisica contemporanea, che tuttavia
resta in verita' presente in questa impostazione, dotata di un percorso
ipotetico deduttivo di un certo spessore. Between: come vedi
t'Hooft non manca di rivolgere un occhio alle potenzialita'
esplicative di una teoria a variabili nascoste non locali.
Guardando ai fisici di scuola inglese il problema della informazione non
locale propria della rappresentazione degli stati della meccanica
quantistica trova una sistemazione che ricorre alla impostazione di
Dirac. Risulta intrinseca alla rappresentazione lagrangiana l'esistenza
di vincoli sincronici, ovvero vincoli non riconducibili ad un
ordinamento
temporale. Questi vincoli non mancano di fare apprezzare la propria
traccia nelle funzioni di correlazione relativa a misure su punti
separati da intervalli genere spazio come e' vero che implicano
l'esistenza di grandezze conservate. La stessa variabile temporale trova
tuttavia nella sistemazione della teoria di Dirac una ubicazione in
qualche misura arbitraria. I fisici inglesi hanno lavorato alla
sistemazione di questa base. Questo percorso parallelo segue una linea
di rigore non certo minore di quella olandese e giunge ad implicazioni
affini ma differenti e con un percorso in rapida evoluzione. Russi come
Popov hanno dato un contributo ad interpretare la fisica quantistica
delle teorie lagrangiane oltre i limiti della impostazione di Dirac e
questi sforzi trovano un ruolo importante nella fisica di oggi.
Fisici americani che hanno lavorato alla meccanica quantistica fin dagli
anni quaranta si erano posti il problema del ruolo da dare alla
variabile temporale, giungendo alle prime impostazioni che vanno sotto
il nome di supersimmetria. Anche loro si ponevano il problema del
livello di ubicazione del paradosso EPR in questo nuovo tipo di schema
in cui la variabile temporale e' una grandezza simmetrica rispetto alle
altre, in questo schema trovano luogo in modo abbastanza naturale
situazioni non locali. La causalita' diventava un problema piu' che un
obiettivo. Furono De Witt insieme a Wheeler, personaggi di non lieve
statura, ad osare una delle proposte piu' controverse e meno
fondamentali della fisica: una causalita' dovuta alla statistica
strutturale di un universo regolato dalle equazioni di Einstein in cui
il parametro di Wheeler de Witt gioca una funzione di parametro
statistico aggiuntivo. Sulla soglia di questi personaggi ha trovato
l'avvio una scuola di ricerca in un certo modo piu' idealista ed
immaginifica di quanto non sia t'Hooft. Mi vogliano perdonare quanti si
sentano offesi dalla lacunosita' di questo racconto che non cita
nessuno dei personaggi da De Sitter a Kruskal a Kerr e Newmann che
stanno a fianco alla base del tentativo iniziato da Wheeler e De Witt.
E quanti occupandosi di stringhe non trovano riferimento alcuno a questa
affascinante teoria. Non ho segnalato il ruolo degli italiani in questa
vicenda solo perche' non e' di moda, non senza riservare loro un intimo
senso di rispetto.
> Ho provato qua a ripetere a parole mie nella speranza che qualcuno che
> certamente ne sa piu' di me possa correggere le inesattezze o magari possa
> confermarmi che ho capito bene.
>
> > Michele
>
> Ciao.
> --
> Bruno Cocciaro
> --- Li portammo sull'orlo del baratro e ordinammo loro di volare.
> --- Resistevano. Volate, dicemmo. Continuavano a opporre resistenza.
> --- Li spingemmo oltre il bordo. E volarono. (G. Apollinaire)
>
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Received on Mon Oct 25 2004 - 13:15:54 CEST