Re: Sulla corrente di quantità di moto

From: <user_at_nowhere.com>
Date: Fri, 31 Jan 2020 14:05:50 +0100

On Thu, 30 Jan 2020 15:20:50 +0100, Elio Fabri
<elio.fabri_at_fastwebnet.it> wrote:

>JTS ha scritto:
>> Ho dato un'occhiata alla pagina di Wikipedia
>> https://en.wikipedia.org/wiki/Cauchy_stress_tensor e mi pare che la
>> dimostrazione usi il fatto che per una parte di materia piccola il
>> moto e' determinato solo dalle "parti differenziali" degli sforzi
>> mentre la relazione lineare si applica alle "parti finite" (mi
>> esprimo in maniera imprecisa ma penso che verro' capito).
>Mica tanto...
>Direi che l'assunzione forte è che sia sufficiente ragionare al primo
>ordine, ossia che la curvatura della superficie non abbia influenza.
>Questo porta a ragionare sullo spazio tangente, ossia su quello che
>oggi i matematici chiamano "differenziale della mappa" che manda la
>porzione di superficie nella forza.
>
>> la relazione tensoriale che dimostriamo vale solo per "lo stesso
>> materiale e lo stesso punto".
>Stesso punto (o meglio intorni dello stesso punto) va bene.
>Ma dove sta scritto "stesso materiale"?
>
>> Se prendo una faccia di un pezzo di pietra e una faccia di un pezzo
>> di pietra diverso, la relazione non si applica ;-)
>Perché no?
>Forse l'analogia col caso dell'elettrostatica nella materia può
>aiutare (e forse è questa che ti ha messo fuori strada).
>Lì definisci due campi vettoriali, E e D, legati dalla relazione
>costitutiva D = eps*E (pensiamo solo a mezzi isotropi).
>Se hai due mezzi e una sup. di separazione, lì nasce il problema della
>continuità, ed è ovvio: eps *non è* continua, quindi E e D non possono
>essere continui.
>
>Ma nel nostro caso abbiamo definito solo il tensore degli sforzi, e
>nessuna relazione costitutiva (non ancora, e io non la tirerò in
>ballo, non ci penso proprio).
>Se dovessimo fare teoria dell'elasticità avremmo accanto a T un
>secondo tenosre U delle deformazioni (strain) con una complicata
>relazione costitutiva tra i due (anche quando è lineare, il tensore
>che la descrive è di quarto ordine...).
>Lì nascerebbe il problema, perché alla discontinuità tra due mezzi T e
>U non possono essere continui.
>Quindi non sono definiti *sulla* superficie di separazione, ma su
>aperti che hanno come parte del loro contorno quella superficie.
>In altre parole, sono definiti in punti comunque vicini alla sup.
>Tanto da poter definire limiti "destri" e "sinistri".
>

Sono sostanzialmente d'accordo ma, visto l'interesse, scrivo qualche
riga di chiarimento sul Teorema di Cauchy in Meccanica dei Continui.

La prima ipotesi, ma su questo vedi dopo, è che l'interazione fra due
parti P1 e P2 di un corpo B che sono separate da una superficie S sia
descritta tramite una funzione a valori vettoriali s(x,n) (ometto il
tempo) tale che se x è un punto di S e n è un versore normale alla
superficie allora s(x,n) è lo sforzo (forza per unità di superficie,
con le dimensioni quindi di una pressione) che la parte in cui n
*entra* esercita *sulla* parte da cui n *esce* (quest'ultima è una
convenzione, e libri più antichi adottano anche la convenzione
opposta).

Come si vede stiamo "supponendo" che la prima approssimazione della
superficie (il piano tangente descritto dalla sua normale n in x) sia
tutto quello che conta. Potremmo pensare che nella funzione s(x,n)
debba essere introdotta anche una dipendenza dalla curvature, dal
secondo tensore fondamentale della superficie ecc., ma questo non si
fa.

Cmq. questa supposizione è anche nota come "Ipotesi di Cauchy" perché
assunta implicitamente da Cauchy stesso (vedi sotto).

Quindi a un istante t generico lo stato di sforzo all'interno del
corpo B è descritto attraverso questa funzione s(x,n), dove x è un
punto della regione di spazio occupata dal corpo all'istante t e n è
un generico versore.

Quando vuoi esprimere la forza complessiva che una parte P1 esercita
sulla parte P2, separate da una superficie, fai l'integrale di
s(x,n(x)) sulla superficie che separa le due parti, dove n(x)
ovviamente indica la normale alla superficie di separazione che entra
in P2 ed esce da P1 nel punto x stesso.

Ora, classicamente si suppone che la dipendenza di s(x,n) da x, per
ogni n fissato, sia *continua* mentre (e questo è notevole) non
facciamo *alcuna* ipotesi sulla dipendenza di s(x,n) da n (ogni tanto
si leggono cose inesatte su questi due punti).

La tesi del Teorema di Cauchy è che la dipendenza di s(x,n) da n è
lineare, nel senso che esiste un tensore T (che qui possiamo intendere
come sinonimo di trasformazione lineare da V in V, dove V è lo spazio
vettoriale associato allo spazio affine euclideo tridimensionale in
cui tutta la meccanica classica è collocata) tale che

    s(x,n)=T(x)n

Si dimostra poi che tale tensore T è simmetrico.

La dimostrazione procede come segue. Si sceglie un punto x interno
alla regione occupata da B, e si costruisce il famoso tetraedro di
Cauchy T, con tre facce S1, S2, S3 perpendicolari ai versori degli
assi e la quarta faccia S perpendicolare a un assegnato versore n, con
x nel vertice dove si incontrano le tre facce S1, S2, S3 e S a
distanza \delta da x. Poi, per questa parte di corpo si impone il
soddisfacimento della la prima equazione cardinale (o bilancio della
quantità di moto):

deriva temporale della quantità di moto della parte T uguale alla
somma delle forze agenti su di essa.


Queste forze vengono da due contributi: la forza di volume, definita
da un integrale di volume di un vettore b (tipicamente in pratica
questo è di solito il peso ma sono possibili altre situazioni) e un
somma di quattro integrali sulle superfici S1, S2, S3, S che
corrispondono alle forze di contatto che la parte di corpo esterna al
tetraedro esercita sul tetraedro stesso.

Si osservi che avendo scelto x all'interno del corpo se \delta è
abbastanza piccolo tutto il tetraedro sarà contenuto nella regione
occupata dal corpo.

A questo punto inizia la dimostrazione vera e propria. Si fanno varie
considerazioni, si lascia tendere a zero \delta e si giunge alla
conclusione. A volte la dimostrazione è fatta in modo un po'
disinvolto, ma oggi sappiamo che è possibile trovare dimostrazioni
scritte e sviluppate come veri e propri teoremi di matematica, con
tutti i dettagli a posto.

Il livello di rigore dipende anche dal contesto culturale
(Fisica-Matematica?, Scienza delle Costruzioni?) e dal pubblico a cui
ci si rivolge.

Comunque si osserva che la dipendenza continua di s(x,n) da x viene
sfruttata.

Poi si procede imponendo il soddisfacimento della prima equazione
cardinale a ogni parte di corpo e si deduce la prima equazione
indefinita di moto dei continui

    div T + b = \rho a

dove b è la forza esterna per unità di volume, \rho è la densità e a è
l'accelerazione. Ovviamente div T indica la divergenza del tensore
degli sforzi. Qui si vede che adesso si suppone inoltre che T sia
funzione C1 di x. In alternativa si deduce l'equazione in forma
debole, ma lasciamo perdere.

Per dimostrare che il tensore T è simmetrico si impone il
soddisfacimento della seconda equazione cardinale (bilancio del
momento angolare) a ogni parte arbitraria di corpo e si deduce che
questa è soddisfatta se e solo se T è appunto simmetrico.

Alcune osservazioni:

L'ipotesi di Cauchy è proprio un postulato o si può dimostrare
rigorosamente? Si può dimostrare. La prima dimostrazione precisa credo
che risalga a Hamel ma una più moderna e molto rigorosa è stata data
da Walter Noll (posso fornire indicazioni).

La dipendenza continua di s(x,n) da x è una ipotesi indispensabile?
Sì, per la dimostrazione classica del Teorema di Cauchy. Esiste però
la possibilità di indebolire questa dipendenza e dimostrare il Teorema
con altre tecniche, molto complesse, che da 2/3 pagine lo trasformano
in un Teorema di 20/30 pagine e quindi improponibile a livello
didattico (cmq. risultato interessante dal punto di vista
scientifico). Non si può dimostrare il Teorema senza fare ipotesi su
tale dipendenza (esistono controesempi), si può solo indebolire la
regolarità della dipendenza da x.

La struttura di spazio Euclideo è indispensabile? Sì, per la
dimostrazione classica, ma è possibile indicare una dimostrazione per
vie diverse che è valida anche in contesti Non-Euclidei (importante
per la Meccanica dei Continui relativistici).

Sulla frontiera di B non è possibile dimostrare il Teorema di Cauchy
(il tetraedro sarebbe un po' fuori e un po' dentro il corpo) e di
solito si definisce T per continuità dall'interno di B.

Posso fornire indicazioni bibliografiche ai curiosi.

Infine interessante la storia del KPK, che ignoravo. Ma su questo
dovrei scrivere un altro post. Non ora.

Saluti.
Received on Fri Jan 31 2020 - 14:05:50 CET

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