"Michele Andreoli" <m.andreoli_at_tin.it> wrote in message
news:beMZc.243238$5D1.10963856_at_news4.tin.it...
> Secondo me sia la contrapposizione (come dice Ricky), sia la perfetta
> immiscibilita' (come dice Bruno) sono solo un'aspetto secondario del
> problema, e riguardano piu' il *metodo* che il *merito*.
>
> Per come la vedo io, sia la scienza che la religione hanno un grosso
> lato in comune: sono entrambi risposte (una ingenua, primitiva;
> l'altra fondata, rigorosa) al problema di spiegare, unificare,
> possibilmente controllare e prevedere i fenomeni naturali.
>
> Sto pensando al mito, alla stregoneria, al vaticinio, alle danze
> della pioggia, etc e mi vengono in mente tantissimi situazioni in cui
> i due tipi di spiegazione si sono contese (e si contendono) il campo,
> addirittura nella stessa persona o individuo (sapete chi intendo ....
> si Zichichi :-))
Vedi Michele, questa tua posizione a me pare rispettabilissima. E' una
visione certamente laica del problema. Per un religioso pero' immagino che
la tua visione sia, ancorche' rispettabile, decisamente riduttiva. Per lui
la religione e' molto di piu' del semplice spiegare, controllare, i fenomeni
naturali. O meglio, e' innanzitutto "altro", poi l'altro e', in un qualche
senso difficilmente definibile, "di piu'" dei semplici tentativi piu' o meno
riusciti dell'uomo di dominare la natura.
La questione che ponevo riguardava la contraddittorieta' o meno dell'uomo di
scienza che si dice religioso e lo dice intendendo la religione certo non
come un semplice "metodo".
> Al massimo, ci possiamo legittimamente chiedere: come mai, dopo tante
> migliaia di anni, coronati da successi scientifici su cui nessuno
> puo' dubitare, ci sono ancora due tipi di risposte in campo, la
> religiosa e la scientifica?
>
> Insomma: perche' la risposta non-scientifica non si e' *estinta* in
> favore della risposta scientifica, cosi' come si e' estinto l'uomo
> di Cro-Magnon o l'uomo di Neandertal, in favore dell'uomo moderno?
Per come la vedo io la risposta religiosa non si e' estinta in quanto la
scienza e' certamente ancora molto molto lontana dalle questioni che sono
centrali per un religioso (cioe' questioni tipo: significato della vita,
amore verso se stessi e verso gli altri, coscienza, bene, male, ...) e
potrebbe anche darsi che la scienza per sua stessa essenza sara' sempre
lontana da quelle questioni.
Poi si puo' anche pensare che quelle questioni siano aria fritta, metafisica
(quindi qualunque cosa si affermi oggi su tali questioni e' priva di senso),
o almeno che siano metafisica allo stato attuale e che siamo pronti a
rivedere le nostri posizioni il giorno in cui quelle questioni diventeranno
oggetto della scienza. Io un tempo avevo proprio questa posizione. Poi l'ho
rivista perche', come dicevo in altro post, mi e' sembrata errata dal punto
di vista epistemologico.
Chiudo osservando che la "fede" in qualcosa di non scientificamente provato
a me pare che investa gran parte della vita di chiunque, anche dello
scienziato nello svolgimento della propria attivita'.
A parte questioni banali tipo "ho fede nel fatto che se sorpassassi mentre
l'immagine che appare nello specchietto retrovisore mostra un'automobile
nell'atto di sorpassare la mia, allora succederebbe un incidente dagli
effetti indesiderabili. In conseguenza di cio' evito di sorpassare in tali
occasioni", ce ne sono anche altre tipo Einstein che afferma (le prossime
citazioni sono tutte tratte da "Un'occhiata alle carte di Dio" G. C.
Ghirardi, Il Saggiatore (1997) pag. 213, 212 e 167):
"Sembra difficile poter dare un'occhiata alle carte di Dio. Ma che egli
giochi a dadi e faccia uso di "metodi telepatici" come la attuale teoria
quantistica gli richiede, e' un fatto che non posso credere neppure per un
momento".
Cioe' Einstein nel proprio lavoro si fa guidare dalla sua fede nel realismo
locale.
Naturalmente, poiche' non vale il principio di autorita', niente vieta a
chicchessia di affermare che, a suo avviso, Einstein nel fare una tale
affermazione di "fede" non si comporta da scienziato. Potremmo, con una
alzata di spalle e un sorrisetto ironico, relegare quella frase di Einstein
nel mucchio della spazzatura metafisica. Cioe' potremmo concordare con
Pauli:
"Come ha detto Otto Stern recentemente, non si dovrebbe tormentare il
proprio cervello con il problema se qualcosa di cui non si puo' sapere nulla
esista, piu' di quanto si debba fare circa la antica questione di quanti
angeli stiano sulla punta di uno spillo. Ma a me pare che le domande di
Einstein siano di fatto tutte di questo tipo".
Piu' o meno dello stesso tenore e' la conclusione del seguente pezzo di
Pais:
"Si e' a volte parlato del paradosso di Einstein, Podolsky e Rosen. Andrebbe
sottolineato che questa memoria non mette in evidenza ne' paradossi ne'
difetti logici. Semplicemente essa conclude che il concetto di realta'
oggettiva e' incompatibile con l'ipotesi che la meccanica quantistica sia
completa.
Tale conclusione non ha inciso sugli sviluppi successivi della fisica ed e'
dubbio che lo fara' mai."
Su questa conclusione (su quella di Pais, non su quella di EPR) si scaglia
ferocemente Ghirardi, in particolare tenendo conto del fatto che Pais la
pubblica nell'anno 1982 in "Sottile e' il Signore" (il teorema di Bell e'
del 1964, l'esperimento di Aspect e' del 1982 ma nel decennio precedente,
cosi' come in seguito, diversi altri esperimenti dello stesso tipo erano
gia' stati pubblicati), dicendo a pag 168:
"L'analisi di cio' che accadra' negli anni 50 con l'opera di Bohm e negli
anni 60 con l'opera di Bell consentira' facilmente al lettore di capire come
Pais non abbia assolutamente saputo cogliere la ricchezza, la profondita' e
la fertilita' dell'acuta analisi di EPR, il germe che ha portato ad un salto
qualitativo nella comprensione delle implicazioni del formalismo e della
realta' fisica".
Cioe' mi pare si possa dire che grazie alla sua "fede" nel realismo locale
Einstein arriva a concepire il paradosso EPR e che la risposta "che me ne
frega degli angeli sugli spilli: "realismo", "idealismo", "positivismo",
"xxx...ismo", tutta metafisica che non mi riguarda in quanto scienziato" si
sia rivelata nei fatti perdente: lo sviluppo reale della fisica reale e'
andato proprio nella direzione di rispondere ai quesiti di uno scienziato,
acceso sostenitore del realismo, che chiedeva: "Non vorrete mica farmi
credere nella telepatia?". Il progresso si e' avuto nell'affrontare la
questione e nel provare a rispondere, non nel rigettarla in quanto
metafisica.
E tali sviluppi non mi sembrano secondari, non c'e' la fisica "seria",
quella che si occupa di cose reali e che poi avra' ricadute nella tecnica, e
la fisica "astratta" quella che si diletta in questioni metafisiche e che
non avra' mai alcuna ricaduta pratica.
Io non ne so nulla ma mi pare di aver capito che i recenti sviluppi nella
crittografia quantistica e computers quantomeccanici siano in qualche
maniera frutto del "salto qualitativo nella comprensione delle implicazioni
del formalismo e della realta' fisica" di cui parla Ghirardi.
> Michele
Ciao.
--
Bruno Cocciaro
--- Li portammo sull'orlo del baratro e ordinammo loro di volare.
--- Resistevano. Volate, dicemmo. Continuavano a opporre resistenza.
--- Li spingemmo oltre il bordo. E volarono. (G. Apollinaire)
Received on Thu Sep 09 2004 - 18:39:27 CEST