Re: principio di indeterminazione, quale è il prodotto?

From: Elio Fabri <elio.fabri_at_tiscali.it>
Date: Thu, 14 Jul 2011 20:45:07 +0200

Steve ha scritto:
> Dopo aver letto molti libri a livello divulgativo e molte pagine in
> rete sull'argomento, mi sembra ci sia una certa confusione in merito a
> un punto del principio di indeterminazione.
>
> Mi spiego:
> ...
> il prodotto dovrebbe essere maggiore o uguale alla costante di
> Planck h pura e semplice. Da dove salta fuori la necessit� di dividere
> per 2pigreco, o addirittura per 4pigreco?
>
> Qualcuno � in grado di rispondermi in un modo comprensibile per chi ha
> studiato fisica al liceo classico? Per intenderci, spiegazioni come
> quella che si trova a questo indirizzo:
>
> http://it.wikipedia.org/wiki/Principio_di_indeterminazione_di_Heisenberg
>
> io non sono assolutamente in grado di comprenderle. Grazie per l'aiuto.
Comincio col dire che non hai torto se non capisci quella pagina di
wikipedia.
Intanto, e' evidente che si tratta del collage di cose scritte da
almeno due persone diverse.
La prima parte e' stata scritta da qualcuno che ne capisce assai poco,
e fa solo chiacchiere parafilosofiche, infilando anche qualche
sfondone.
Per es. dice che il PdI si applicherebbe alle "particelle elementari",
il che e' assolutamente faso: e' di validita' del tutto generale.

La seconda parte e' un'esposizione fin troppo tecnica (direi
scolastica, anzi potrei quasi individuare la fonte) della trattazione
rigorosa del PdI in m.q., giustamente definito un _teorema_.
Chiaro che a te riesce illeggibile.

Enrico SMARGIASSI ha scritto:
> Rispondere adeguatamente ad un livello pre-universitario non e'
> facile. Intanto ragionamenti di ordine di grandezza come il tuo non
> possono dirimere la questione, visto che sia h che h/2pi che h/4pi
> hanno circa lo stesso ordine di grandezza. Se si vuole un valore
> preciso questo deve essere per prima cosa ben definito
> matematicamente, secondariamente deve essere calcolato a partire da
> questa definizione e dai postulati della MQ. Quando fai questo calcolo
> vedi che il risultato e' quello dato dalla pagina di Wikipedia. Piu'
> esplicito di cosi' non sono in grado di essere.
Al fondo hai ragione, tuttavia io vorrei provare a dire qualcosa di piu'.
Se riusciro' comprensibile, non so dirlo :)

Intanto parte della confusione ha ragioni storiche.
Quando Heisenberg scopri' il PdI come risultato matematico (teorema:
v. dopo) si trovo' di fronte alla necessita' di rendere plausibile un
risultato cosi' rivoluzionario, e percio' affronto' la questione da un
altro lato: quello delle possibili verifiche sperimentali.
O meglio, s'ingegno' a mostrare come qualunque esperimento proposto
per misurare x e p con precisioni incompatibili col PdI fosse
inattuabile a causa di limitazioni fisiche inevitabili.

Il piu' famoso di questi "esperimenti" e' quello noto come
"microscopio di Heisenberg", nel quale egli studia in dettaglio la
misura della posizione di una particella per mezzo di un microscopio,
e fa vedere come il carattere quantizzato della radiazione e.m.,
l'impulso associato a ciascun fotone, l'esistenza della diffrazione,
rendano complessivamente insuperabile il limite dato dal PdI.

Cio' che conta e' che l'analisi di questi esperimenti e' condotta con
argomenti tipo "ordine di grandezza", piu' o meno come quello che ha
enunciato l'OP. Questi argomenti non possono (per loro natura) dare
una stima accurata della disuguaglianza, e da qui nasce la varieta'
lamentata: h, h/(2pi), ecc.

Per informazione, c'e' un piccolo (ma densissimo) libro di Heisenberg,
intitolato "I principi fisici della teoria dei quanti" che ancora si
trova nel catalogo Bollati Boringhieri, anche se la mia copia e' del
1948.
In questo libro H. espone entrambe le parti del problema: il teorema e
la discussione degli esperimenti.

Va detto che la denominazione "principio" trae in inganno, perche' fa
pensare che si tratti di un enunciato indipendente.
La cosa e' aggravata dal fatto che ancor oggi c'e' chi tende a esporre
il PdI come una conseguenza di limitazioni alle possibilita' delle
misure.
Invece. come ho gia' detto e ripetuto, in una formulazione rigorosa
della m.q. il PdI e' una conseguenza dei postulati di base, ossia un
teorema.
Per questo motivo molti preferiscono un nome diverso: "relazione"
anziche' "principio".

Un altro aspetto della questione e' il seguente: del PdI spesso si fa
un uso _euristico_ (non debbo spiegare che cosa vuol dire, a chi viene
dal classico :-) ).
In tale uso non importa che la disuguaglianza sia rigorosa, ma spesso
basta un ordine di grandezza.
Non solo: dato che si tratta di una disuguaglianza i cui il caso
limite "=" vale solo in condizioni molto particolari, in tanti casi
pratici e' piu' utile enunciare il PdI "per eccesso", ossia con un
valore abbondante del limite.
(Nota: vedo che nel frattempo argo ha spiegato che il caso limite si
raggiunge (ed e' un caso importante) per lo stato fondamentale
dell'osc. armonico.)

Faccio un esempio, vicino a quello che ha scritto l'OP. Supponiamo che
una particella sia vincolata a muoversi in un segmento di lunghezza a.
Allora la sua lunghezza d'onda sara' al piu' pari a 2a (mezza lunghezza
d'onda riempie il segmento) e il valore corrispondente dell'impulso
sara' h/(2a).
In realta' l'impulso puo avere i due segni, quandi varia tra +h/(2a) e
-h/(2a), con un'incertezza di h/a.
L'incertezza nella posizione possiamo prenderla pari ad a, e allora
abbiamo Dx*Dp = h.

Per capire il teorema, occorrono delle conoscenze di m.q.; ma
limitandosi a un minimo descritto a parole, cio' che conta e' questo.

1) Lo stato della particella e' descritto da una funzione d'onda, e da
questa si puo' calcolare la distribuzione di probabilita' per una
misura della posizione x.
In particolare si puo' definire lo s.q.m. di questa distr. di
probabilita': chiamo questo Dx.

2) Dalla f. d'onda si puo' anche calcolare una distr. di prob. per le
misure di p (non spiego come ...).
Anche questa distr. di prob. ha uno s.q.m.: lo chiamo Dp

3) E' una risultato *puramente matematico* (teorema) che *qualunque
sia lo stato* (la f. d'onda) tra Dx e Dp sussiste sempre la
disuguaglianza:

Dx * Dp >= h/(4pi).

Faccio notare che qui si usa, come aveva osservato Enrico, una
definizione precisa di Dx e Dp, ben diversa da quella "all'ingrosso"
che avevo usata nell'esempio del segmento.

Proviamo ad applicare la disuguaglianza al caso della particella
vincolata a un segmento.
Do i risultati, senza fare calcoli.
Prendendo la piu' semplice f. d'onda possibile, ossia una sinusoide
che si annulla agli estremi del segmento, si trova in questo caso
(salvo errori):

Dx * Dp =~ 0.28 h,

che e' quasi 4 volte il minimo possibile, ma e' anche circa 1/4 della
stima che avevamo fatta prima.
                                          

-- 
Elio Fabri
La conoscenza viene da Papa Bondye', appartiene a tutti, e se non si
condivide si perde.
Received on Thu Jul 14 2011 - 20:45:07 CEST

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