(wrong string) � (E.Fabri)

From: Gianmarco Bramanti <gianmarco100_at_inwind.it>
Date: Fri, 30 Jul 2004 12:12:03 GMT

                    Il 25 Lug 2004, 11:51, epsiromenos_at_yahoo.it (gianfrancois) ha scritto:

> PERFETTO!?!
>
> Ora cosa succede quando entriamo nell'ambito quantistico?
> Mi spiego meglio... perch� la frase che non mi torna � "mentre nella
> teoria classica la gauge era fissata, nella teoria quantistica
> quest'arbitrariet� di scelta rimane"...

Ho avuto modo di rileggere questa frase che hai riportato, ed
effettivamente c'e' da dire che le prime parole suonano sbagliate,
in effetti nella teoria classica la gauge e' completamente libera,
ogni gauge da luogo allo stesso tensore elettromagnetico.


Cosi' pure, riferiamoci ad un librino come il Weinberg:
cosi' nella teoria quantistica ci sono varie gauges che si rivelano
utili in applicazioni diverse:

La gauge di Lorentz (o Landau)
la gauge di Coulomb: div(A) = 0
la gauge temporale: A^0 = 0
la gauge assiale: A^3=0
la gauge unitaria: phi reale.

Ma come dovrebbe essere ormai chiaro esistono varie difficolta' a costruire
una
quantizzazione come nel caso delle teorie relative a campi massivi, e
persino
rispetto ai campi non massivi. Proviamo a passarle brevemente in rassegna

Partendo dal potenziale vettore e dalla lagrangiana di interazione con i
campi
magnetici e' sempre possibile definire delle coordinate canoniche coniugate
ai momenti magnetici. Pero' esiste una difficolta' ad imporre le regole di
commutazione
come nel caso della quantizzazione della corda vibrante (che pure ricordiamo
da
luogo ad un campo senza massa).

Se infatti proviamo ad imporre [A_mu(x,t), PI^ny(y,t)]=i d_mu,nu d(x-y)
Abbiamo questi problemi: in primo luogo la lagrangiana e' indipendente dalla
derivata temporale di A0 e quindi il primo momento e' in realta' zero,

In secondo luogo esiste un vincolo dovuto alle equazioni di campo.
Per questo vincolo risulta che la divergenza dei momenti spaziali PI ^ i,
come si deduce dalla stessa loro definizione e' pari a - grad^i dL/dF_i0
dove il segno meno discende dal teorema di derivazione delle funzioni
composte. A questo punto l'equazione di lagrange dice che:

d_mu (dL/d( d_muA0)) = dL/dA_0 che pero' non e' altro che la componente
zero della corrente. Quindi la divergenza dei momenti spaziali si muove
ancora
su una varieta' ridotta.

Ho qualche difficolta' ad interpretare questa difficolta' sul piano
classico, ma e' come
se stessi cercando di costruire gli impulsi a associati usando variabili che
non
entrano nell'energia cinetica del sistema. Cioe' e' come se stessi
ragionando con
una matrice di massa allargata fino a diventare degenere. Perche' questo?
Il motivo, ha spiegato Weinberg nelle pagine precedenti, e' che da una parte
non possiamo evitare di utilizzare esplicitamente i potenziali vettori nello
scrivere
la lagrangiana, in quanto il termine di interazione delle cariche con il
campo non
puo' che essere derivato dal termine J^mu A_mu. Da questo termine ricordiamo
che classicamente hanno luogo le equazioni di Lorentz:

d_tau P^mu = F^mu,nu J_nu

che scritte esplicitando E e B non sono altro che la forza elettromotrice
sommata alla
forza di Lorentz.

Benissimo. Il problema che, a mio parere tutti quelli che hanno studiato
questo argomento
devono essersi posto e': continua ancora a funzionare il formalismo di
Hamilton quando
uso densita' di lagrange non convesse?

Comunque proseguiamo con questo titanico sforzo. Da qualche parte dovrebbe
condurre. A questo punto Weinberg osserva: la densita' di corrente dipende
solo
dai campi canonici materiali. E possiamo esprimerla in termini delle
coordinate
canoniche che descrivono le masse, (possono essere i campi di Dirac, come
altri
campi carichi, secondo il tipo di particella che si vuole mettere in un
campo elettrico)
sta di fatto dice Weinberg che anche questa equazione porta ad un vincolo
che lega
fra loro coordinate canoniche che dovrebbero commutare. E questo porta ad
una
incompatibilita' aggiuntiva di tipo diverso rispetto alla prima. Il mistero
sembra infittirsi.

A questo punto a Weinberg luccica un'ideuzza: e se noi, (come ci ha fatto
vedere
Fabri ad esempio nel caso classico) ponessimo un vincolo su A0? tipo
dicessimo
A0=0? E no, attenzione, perche' questa e' una presentazione didattica e non
occorre
bruciare le tappe) no quello che suggerisce adesso Weinberg e' dice: e se
provassimo
risolverli a tutti i tempi risolvendo le sue equazioni
dinamiche? A quel punto almeno il vincolo primario che abbiamo urtato
dovrebbe
essere dribblato. Ed invece no. Non e' possibile risolvere questa equazione.
Infatti
osserva Weinberg: non dovrebbe stupirci che non abbiamo sempre quattro
componenti di A
con tre sole componenti del campo. Perche' questa teoria ha una simmetria di
gauge locale
che rende impossibile inferire i valori dei campi a tempi arbitrari dai loro
valori e tassi di
crescita ad un tempo dato. Data una soluzione delle equazioni di campo
possiamo sempre
trovare un'altra soluzione con lo stesso valore e derivata temporale a t=0
(aggiungendo
ad esempio il gradiente di una funzione le cui derivate prima e seconda si
annullano
su quella superfice).

A questo punto cosa possiamo fare? Possiamo certamente aggiungere un
gradiente di
una funzione e possiamo cambiare la fase dei campi, in modo che le due
trasformazioni
abbiano un effetto nullo sulla lagrangiana. Ora possiamo imporre un vincolo
alla gauge.
La procedure di quantizzazione funzione bene ad esempio nella gauge di
Coulomb che
e' invariante per rotazioni. Questo perche' questa teoria dei campi che
stiamo considerando
che pure e' relativistica, la impostiamo ancora a partire da sezioni
spaziali senza quantizzare
il tempo, che e' una cosa che nemmeno Feynmann c'era riuscito a quantizzare
il tempo, a
trattare simmetricamente tutto, Schwinger e Feynmann insieme quasi riusciti,
Feynmann
da solo non ne era convinto. Bogoliubov per conto suo.

Ottimo se utilizziamo la gauge di Coulomb troviamo A^0(x,t) pari pari che
nel caso
elettrostatico. A questo punto dice Weinberg abbiamo espresso A^0 in termini
di
soltanto le cariche che dipendono dai campi materiali quindi abbiamo una
soluzione
esplicita del campo ausiliario A^0. Questa soluzione, data la scelta di
porre div(A)=0
implica che A^0 e' una soluzione per l'equazione di Poisson. E si tratta
certamente
di una delle soluzioni possibili. Ovvero della soluzione che si annulla ad
infinito.
Che corrispondera' nello schema di Lorentz al propagatore 1/k^2.

Ma c'e' ancora un impedimento, anche se togliamo A0 e PI^0 dalla lista delle
variabili
canoniche non possiamo usare le usuali regole di commutazione, perche' ci
sono due
vincoli restanti su queste variabili. Una e' la condizione di gauge di
Coulomb, l'altra e' il
secondo dei vincoli che abbiamo studiato.

Nessuno di questi due vincoli e' compatibile con le usuali regole di
commutazione.
(Questo e' il punto di difficolta' che avevo segnalato, esprimendomi in modo
molto
naive e dicendo che in uno schema di teoria di campo non possiamo imporre la
condizione di trasversalita' perche' le correnti possono comportarsi come
sorgenti
di fotoni non trasversali. Dirac ha denominato questo tipo di vincoli della
base classica
di una teoria quantistica come vincoli di seconda classe ed ha formito una
regola generale
per scegliere le regole di commutazione. Questo studio costituisce
essenzialmente
un'esame del caso in cui la lagrangiana non e' convessa e sono presenti
variabili
ausiliarie che hanno una funzione analoga a quello di un moltiplicatore di
Lagrange
nell'ambito del problema variazionale, e vincoli secondari che derivano
dalla richiesta
che le equazioni del moto siano compatibili con il vincolo primario
derivante dall'aggiunta
del moltiplicatore di Lagrange. In base a questa impostazione la scelta di
una particolare
forma di A^0 equivale alle scelta di un particolare valore di un
moltiplicatore di Lagrange,
che nel nostro schema scegliamo richiedendo il vincolo div(A)=0, mentre il
vincolo che lega
le componenti spaziali degli impulsi (impulsi generalizzati associati con i
potenziali) con la
carica e' il vincolo vero e proprio.

Allora dicevo:

" Dirac fornisce un modo di risolvere questa difficolta', e quantizzare il
campo in gauge di
Coulomb. Come supera la difficolta', ma esattamente come uno si aspetterebbe
dal
ragionamento da due soldi che ti proponevo qualche giorno addietro: allora
dicevo
che la divergenza nella equazione di lagrange per particella localizzata
costerebbe:
una rinuncia alla presunzione di localizzare esattamente un elettrone
con la luce, perch� l'accoppiamento costruito nell'equazione di lagrange
fra densita' di carica ed elettroni implica ampiezze non nulle di
creare infiniti elettroni e positroni con un campo esattamente localizzato
Per� la quantizzazione di Heisenberg ebbe troppo successo perch� Dirac o
chicchessia
si sentissero incoraggiati a cambiare il principio di partenza e lo schema
ad
operatori posizione impulso. "

Ed infatti Dirac non rinuncia allo schema ad operatori coordinate impulso,
ne' rinuncia
agli operatori posizione, ma rinuncia ad una espressione puntuale della
relazione di
indeterminazione, ed e' portato a questo dallo studio certosino della teoria
di lagrange
per sistemi vincolati. Come dicevo, Dirac si spinse oltre, fino a cercare le
ragioni
profonde di questa scelta dei vincoli. Ragioni che riconobbe dovessero
riposare in una
qualche forma di approssimazione degenere di una struttura cosmologica,
oppure
al contrario, che la struttura lagrangiana che ci guida nella esperienza
quotidiana
derivasse da una forma di convessita' apparente legata alla localita'. Weyl
in seguito
fu convinto sostenitore di questo secondo punto di vista, ed il dibattito e'
ancora
aperto, per quanto ne so.

Devo ammettere che prima che tu ponessi la domanda ignoravo la bellezza del
risultato
di Dirac in dettaglio, ero arrivato ad immaginarmi che esistesse, ma non ne
avevo alcun
riscontro diretto che non fossero i risultati piu' famosi del suo lavoro.

Di che si tratta essenzialmente? Si tratta di aggiungere alla classica
regola di
commutazione un termine non locale, che fa il paio con l'altro termine non
locale che
avevamo calcolato, ovvero con A^0. In termini intuitivi direi che quello che
si verifica e'
che la localizzazione per mezzo di un campo di una particella carica costa
la necessita'
di rinunciare ad una regola di commutazione puntiforme per via del plus di
energia
coulombiana.

Come si procede esattamente: si considerano per prime le parentesi di
Poisson
Dirac, ovvero i commutatori che riguardano le esprressioni vincolate una
rispetto
all'altra, in particolare le parentesi di Poisson del moltiplicatore di
Lagrange con
se stesso e le parentesi di Poisson del vincolo con se stesso devono
risultare
nulle, quindi in conformita' con il formalismo classico si dimostra che la
parentesi
di Poisson e conseguentemente i commutatori quantistici dei vincoli
secondari
formano un sistema non degenere (avendo fissato il valore del moltiplicatore
di lagrange quel che rimane e' strettamente vincolato ma non secondo la
geometria dello spazio, bensi' secondo la geometria di una sub-varieta')
si applica il teorema di Dini e si trovano delle nuove parentesi di Poisson
che
tengono conto dei vincoli e della nuova geometria introdotta dagli
accoppiamenti
bilineari fra campi diversi.

Un altro modo intuitivo che avevo di pensare la cosa si e' mostrato
fuorviante alla luce
di questo studio, si trattava di questo: pensavo che una difficolta' nella
quantizzazione fosse
la controparte quantistica della circostanza che non si riesce a fermare un
campo non massivo
in un punto, tuttavia non ricordo di avere incontrato questa difficolta' nel
quantizzare la corda
vibrante, essenzialmente perche' in quel caso non c'era interazione con una
sorgente, e
nemmeno si verifica alcun problema se metto un termine di richiamo elastico
che comporta
la comparsa di un termine di massa, il quale rende piu' semplice la
quantizzazione. Quello che
probabilmente mi induce confusione in questo caso e' che penso erroneamente
ai campi come
alla controparte quantistica dell'immagine classica di particella. La
possibilita' di sollecitare
puntalmente un campo non ha in effetti nulla a che fare con l'idea che
abbiamo di particella e di
localizzazione di particella. Questa analogia si presenta solamente quando
andiamo a considerare
una interazione fra campi diversi. Quello che puo' dare difficolta' e'
accoppiare
campi massivi con campi non massivi in modo gauge invariante, e' da questo
tipo di interazioni
l'idea classica di particella "ottica" come particella priva di massa trae
giustificazione in teoria
dei campi, non dai campi liberi in se.

Esistono poi altre sottigliezze che riguardano la difficolta' di costruire
operatori posizione
per il campo associato con il potenziale vettore e che in questo schema
lagrangiano non
trovano alcuna evidenza, in particolare quello che crea difficolta' e' il
fatto che il potenziale
vettore pur essendo un quadrivettore, tuttavia e' associato con un'equazione
di genere
luce, non ha l'aria di trasformare secondo alcuna rappresentazione
irriducibile del gruppo di
Poincare' off-shell (per costruire un oggetto del genere occorrerebbero due
campi e non
ne basterebbe uno ed occorrerebbe usare la rappresentazione di Dirac),
mentre richiede
espressamente uno studio on-shell, e tuttavia compare accoppiato con campi
off-shell,
questo e' un' aspetto che merita di essere studiato meglio in rapporto alle
simmetrie piu'
generali che emergono dallo studio di teorie quantistiche piu' generali. In
particolare qualche
problema lo avremmo anche a costruire una rappresentazione irriducibile del
gruppo di
Poincare' on-shell come limite off-shell. Il che suggerirebbe di pensare che
il gruppo di Poincare'
e' limite debole di una qualche struttura deformata con un gruppo privo di
shell singolare, oppure
come va di moda oggi, di una struttura di per se degenere ed altamente
simmetrica in cui
la parte non degenere e' solo una sezione vincolata di una struttura piu'
complessa, non
e' che manchi l'imbarazzo della scelta, tuttavia una sola deve essere quella
vera.

La tematica dei vincoli invece e' uno strumento utile anche in altre
circostanze in cui ad esempio
si vogliono considerare interazioni fra particelle che appartengono a
rappresentazioni irriducibili
differenti fra loro.

Spero di non aver detto cose esageratamente avventate e sbagliate anche
stavolta.



> Ti ricorda qualcosa? E' possibile che sia questa la differenza? L'ho
> trovata su certi appunti sotto il paragrafo "Quantizzazione covariante del
> campo elettromagnetico"...
> Se fosse vera mancherebbe una relazione, analoga a quella classica - cio�
> quella d'aver fissato f=0 (gauge di coulomb) ... e quindi i gradi libert�
> ritornerebbero tre. Sbaglio? E se si, dove?
>
> Ecco, vorrei capire finalmente perch� c'� questa discriminazione... se c'�
> una ragione intuitiva che mi chiarisca ulteriormente le differenze e le
> analogie tra ambito classico e quantistico - visto che, come bene hai
> detto all'inizio della tua risposta, il formalismo covariante � solo una
> questione di notazioni.
>
> Comunque grazie ancora, e mi appello alla tua pazienza scusandomi nel caso
> mi fosse sfuggito qualcosa...
>
> :-p
>
>
>
> --
>
> questo articolo e` stato inviato via web dal servizio gratuito
> http://www.newsland.it/news segnala gli abusi ad abuse_at_newsland.it
>
          

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Received on Fri Jul 30 2004 - 14:12:03 CEST

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