Elio Fabri ha scritto:
> luciano buggio ha scritto:
> > Ma c� una cosa che mi interessa di pi�, te ne avevo gi� palrato e mi
> > hai risposto, ma vorrei approfondire.
> > ...
> > Se prendiamo un'onda incidente di ampiezzza doppia, avremo che la sua
> > ampiezza � 2 e la sua intensit� 4.
> > Ti assicuro che non riesco a capire.
> > Cos'� l'intensit� di un'onda? Ha a che fare, matematicamente, data la
> > curva dell'ampiezza, con un suo integrale definito?
> La definizione esatta e': densita' superficiale di potenza, ossia
> energia trasportata per unita' di tempo e superficie.
> Matematicamente, e' collegata al vettore di Poynting, che per un'onda
> piana e' proporzionale al quadrato di E.
Intendi al valore che E assume nel tempo? Quindi � proporzionale a
sin(t)^2? Ma questo non � l'intensit� (la quale � il quadrato
dell'ampiezza, la quale � legata ad E), vero? L'intensit� non � variabile
nel tempo, ma � un parametro dato una volta data l'ampiezza?. Scusa la mia
insistenza: avevo premesso che ho una lacuna in proposito.
> Meglio: al valor medio nel tempo del modulo del vettore.
Allora non � come dicevo io: per l'ampiezza non si fa riferimento al
massimo di E, ma alla media dei valori di E nel tempo.
Ma forse � la stessa cosa, se al raddoppiare, per esempio, del massimo,
raddoppia anche la media. E' cos�?
> > Forse puoi chiarirmelo spiegandomi come si rivela (rileva:-)?), come
> > si misurano, sperimentalmente l'ampiezza e l'intensit�.
> Per un'onda di frequenza suff. bassa, la misura dell'ampiezza si fa
> con un'antenna. E' quello che fanno i "misuratori di campo", oggi di
> gran moda per via dell'inquinamento e.m.
> La corrente indotta nell'antenna e' proporzionale all'ampiezza
> dell'onda, ossia al campo E.
Va bene, ma stiamo qui parlando in particolare del visibile, e con il
visibile la frequenza non � "sufficentemetne bassa": allora come si fa per
la luce a misura l'ampiezza?
> Quanto all'intensita', ci sono molti modi, anche a seconda del campo
> di frequenze. Un metodo che funziona sempre e' quello termico: fai
> assorbire l'onda da una corpo, e vedi quanto si scalda.
> > Trovo scritto nello stesso articolo:
> > "L'occhio umano e la maggior parte dei fotorilevatori esistenti non
> > rispondono direttamente all'ampiezza dell'onda, bens� alla sua
> > intensit�"
> > Potresti dirmi qual'� il rispettivo principio di funzionamento, per
> > l'ampiezza e per l'intensit�?
> I fotoriVeLatori, che funzionano nel visibile o nei pressi, sono tutti
> in sostanza basati sull'effetto fotoelettrico: il numero di elettroni
> estratti per unita' di tempo e' direttamente prop. all'intensita'
> dell'onda.
> Anche l'occhio in sostanza funziona cosi'.
> Naturalmente parlare di effetto fotoelettrico significa parlare di
> fotoni: un rivelatore ha un suo "rendimento quantico", che vuol dire
> quanti elettroni tira fuori per ogni fotone incidente.
> Rendimento quantico ideale sarebbe 1, ma e' sempre minore, anche mlto,
> a seconda del tipo di rivelatore.
Gi� che ci siamo, sai quale rendimento si � raggiunto attualmente (per il
visibile)? Io sono fermo al 20% circa.
Inoltre vorrei porti a proposito del rendimento una questione che non mi �
chiara: che fine fanno i fotoni che non vengono rivelati, cio� che non
danno luogo all'effetto fotoelettrico? Chiaramente mancano al computo
dell'energia.
Vedila dal punto di vista anche classico, nei seguenti termini.
Un'onda macroscopica trasporti (attraverso una lastrina fotorilevatrice,
con induzione di corrente) un mumero n di elettroni nell'unit� di tempo.
Poich� deve valere anche qui il rendimemento (suponiamo del 20%), la
corrente indotta non equivale, in termini di energia, all'intensit�
dell'onda incidente, ma solo al suo 20%. E' cos�? Oppure se l'onda �
macroscopica ogni fotone che la compone � in grado di mobilitare un
elettrone, diventando il rendimento 1? Ma come lo si pu� stabilire, se
ogni elettrone mobilitato (da un singolo fotone) mobilita poi, a cascata,
un grandisimo numero di altri elettroni?
Ma bisonga tener conto anche del risclaldamento della piastrina, col
quale, come tu dici, si pu� misurare l'intensit� dell'onda. Questo come
entra nel computo dell'energia in presenza della mobilitaizone degli
elettroni? E' un effetto di tale mobilitazione, cio� un altro modi di
misurare la corrente? Questo riscaldamento, se il rivelatore avesse
efficienza 1, sarebbe, nella nostra ipotesi, 5 volte maggiore?
E poi: quando si lavora con un fotone alla volta, osservando solo (�, mi
pare, tutto ci� che si pu� osservare), quando si osserva (in un caso su
5), la cascata elettronica, a cosa corrisponde il riscaldamento? E'
semplicemente troppo piccolo per essere osservato? O si pu� invece
rilevare un qualche agitazione termica (molecolare): o, nel senso del
calore per irraggiamento, l'emissine di un fotone di bassa frequenza? Ed
in entrambi i casi, come la mettiamo col conto dell'energia?
> Ma non credo che tutto questo possa risolvere i tuoi dubbi, che tanto
> per cambiare non capisco quali siano...
Voglio solo capire.
Che dubbi si possono manifestare, e con quel diritto, se prima non si
capisce?
Una volta che voglio studiare ed imparare, come mi si dice sempre di fare,
per chiarire a me stesso eventuali dubbi, prima di manifestarli a vanvera,
mi si rimprovera anche questo?:-)
Ciao.
Luciano Buggio
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> Elio Fabri
> Dip. di Fisica - Univ. di Pisa
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Received on Mon Jun 14 2004 - 16:26:07 CEST