nessuno wrote:
>
> E qui non mi ritrovo pi� :-(
> Se il fotone � monocromatico, devono essere emessi una infinit� di fotoni
> (uno per ogni freq. dello spettro). Io cominciavo a convinecermi che in
> realt� i fotoni avessero ognuno uno spettro continuo perch� in realt� ognuno
> fosse prorpio un fenomeno aperiodico.
Un fotone, per avere individualita', deve avere impulso ed energia; a
parte l'h tagliata, questi non sono altro che il numero d'onde k e la
frequenza w (omega). Solo in questo caso vale la relazione k=w/c. I
fotoni sono questi, altrimenti e' meglio usare un altro termine.
> Ossia un pacchetto d'onda (forse uso
> improrpiamente questa locuzione): insomma qualcosa di non periodico e di pi�
> o meno circoscritto nel tempo. Certo mi restava ancora da capire cosa fosse
> la frequenza che figura nella relazione di Planck :-))
Nel caso quasi-monocromatico (pacchetto), k va sostituito con un valore
medio (dato che ora hai molti k, uno per ogni componente, no?) e anche
la velocita', invece che c, va sostituita con la velocita' di gruppo,
come si dice.
Per come uso io i termini, il fotone propriamento detto e' localizzato
in frequenza, mentre il pacchetto e' localizzato in posizione. Questa
ambivalenza e' un riflesso del principio di indeterminazione: se vuoi
una posizione precisa, hai una frequenza non definita (pacchetto); se
hai una frequenza definita, hai una posizione non definita (fotone).
Insomma: devi parlare di "fotone" nei casi in cui fai analisi nel
dominio delle frequenze e devi parlare di "pacchetto" se sei nel dominio
spaziale. Spero che quest'ultima osservazione ti abbia chiarito il problema.
Michele
Received on Fri Jun 11 2004 - 14:27:21 CEST
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