Re: Relativita' ristretta

From: Bruno Cocciaro <b.cocciaro_at_comeg.it>
Date: Mon, 31 May 2004 20:33:07 +0200

"Luca Andreoli" <luca0906_at_yahoo.it> wrote in message
news:abddfda483ffecb2891f0a6040d1168e_114896_at_mygate.mailgate.org...
> Faccio un po' di confusione con queste due formule
> usate nella relativita' ristretta:
> (non sapendo come scrivere il simbolo di radice
> quadrata scrivero'SQRT)
>
>
> X� + ut�
> 1) X = --------
> SQRT 1-u�
>
>
>
> 2)X = X� SQRT 1-u�
>
> mi puo' dire in quali casi viene applicata la
> formula (1) e in quali casi la formula (2) ?
> Tutte e due le formule mi danno conoscendo gia'
> i valori della X e della velocita',quanto sara'
> la X� in un altro sistema di riferimento,ma essendo
> le formule diverse tra loro mi daranno naturalmente
> un risultato diverso.
> Mi potete spiegare perche'?

Bella domanda. Chiara e concisa.
La risposta che in genere do a domande tipo: "perche' usando questa formula
non ottengo il risultato corretto?", oppure "quale delle due formule devo
utilizzare?" e' la seguente:
la "formule" sono ***sempre*** inutili, molto spesso sono anche dannose.

Una "formula" e' sempre una proposizione, con tanto di soggetto, predicato
verbale, complemento (esempio X = X� SQRT 1-u�: "X" soggetto, "�" copula,
"uguale" predicato nominale, "a" congiunzione, "X� SQRT 1-u�" complemento)
e, ***come ogni proposizione***, e' sostanzialmente sempre priva di alcun
significato se viene estrapolata dal contesto.

"Giorgio arrivera' puntuale all'appuntamento", "Giorgio e' quello con i
capelli piu' lunghi", "Giovanni ora sembra proprio seccato", sono tutte
proposizioni alle quali non riusciamo ad attribuire alcun significato se non
le inseriamo in un contesto, cioe' se non conosciamo il ***discorso***
all'interno del quale quelle proposizioni sono inserite.
Il discorso ha un significato, le singole proposizioni, estrapolate dal
discorso di cui esse fanno parte, non significano sostanzialmente niente.

Per le "formule" e' esattamente la stessa cosa.
Una formula puo' avere un qualche significato solo se inserita in un dato
discorso.

Chiedersi cosa significa una formula equivale a chiedersi quale e' il (o un)
discorso all'interno del quale la proposizione in oggetto (la formula)
assume un dato significato, assume cioe' il significato che ad essa danno
tutti.

Discorso analogo per le parole rapportate alle proposizioni. Una parola
isolata non significa sostanzialmente nulla; inserita in una proposizione la
parola contribuisce a dare un significato alla proposizione (la quale
proposizione a sua volta assume pieno significato se inserita in un
discorso)

Mi scuserai per il sermone ma, dopo 10 anni di insegnamento nella scuola
secondaria, questo problema mi punge proprio nel vivo. E', a mio modo di
vedere, uno dei principali problemi (forse in assoluto il principale) che ho
nell'insegnamento. Ancora oggi non riesco a comprendere pienamente il motivo
per il quale i ragazzi quando eseguono un tema di italiano provano a
costruire un discorso, mentre quando eseguono un tema di matematica, o di
fisica, scrivono una fila di proposizioni (le formule, seguite da infiniti
"passaggi") non mettendo in evidenza le connessioni fra le diverse
proposizioni (scrivono le proposizioni A, B, C ... ma non sanno dire se B e'
conseguenza di A, se A la stanno supponendo vera, o se sanno che A e' stato
dimostrato essere sempre vera o se A e' vera nelle ipotesi che hanno
precedentemente dimostrato valere ... e comunque, quando lo sanno, non lo
scrivono, non scrivono "Avendo sopra dimostrato essere valide le ipotesi ...
che rendono vera la A allora posso affermare che ..."). Cosi' risolvere un
problema di fisica sembra non sia svolgere un tema, enunciare un discorso
che risponde al quesito posto, ma sembra che consista semplicemente
nell'indovinare la formula giusta, e nell'eseguire poi i "passaggi" giusti.
Difficile immaginare qualcosa di piu' inutile nonche' noioso.

Bene, scusandomi di nuovo per il sermone (che non era indirizzato e te
ovviamente e' un semplice sfogo personale) veniamo al punto.
Intanto una correzione di poco conto: le proposizioni corrette sono: X=(X� +
ut�)/SQRT(1-(u/c)�) e X=X�*SQRT(1-(u/c)�).
Vogliamo costruire un discorso D1 all'interno del quale la proposizione
X=(X� + ut�)/SQRT(1-(u/c)�) assuma il significato che ad essa normalmente si
da' in fisica.
Poi vogliamo anche costruire un discorso D2 all'interno del quale la
proposizione X=X�*SQRT(1-(u/c)�) assuma il significato che ad essa
normalmente si da' in fisica.

La risposta ai quesiti che ponevi tu e' dentro ai discorsi D1 e D2.

D1:
In breve, S e' un riferimento, S1 e' un altro riferimento.
Un riferimento e' una stanza "rigida" all'interno della quale, utilizzando
un'asta rigida che funge da unita' di misura per le lunghezze, si associa ad
ogni punto una tripla di numeri: in ogni punto c'e' una etichetta con su
scritto "X,Y,Z", naturalmente tutte le etichette sono diverse l'una
dall'altra per almeno uno dei tre numeri. Il punto che chiamiamo origine e'
quello in cui c'e' scritto "0,0,0". Inoltre in ogni punto dello spazio c'e'
un orologio e tutti gli orologi del riferimento sono fra loro sincronizzati.
Ogni punto dello spazio, in un dato istante, sara' quindi caratterizzato
dalla quadrupla di numeri "t,X,Y,Z", dove t e' l'istante segnato
dall'orologio fisso nel punto in cui c'e' l'etichetta "X,Y,Z".
Poiche' abbiamo a che fare con due riferimenti, S e S1, decidiamo di
chiamare "X�,Y�,Z�" le etichette scritte su S1 e chiamiamo t� l'istante
segnato dall'orologio fisso in S1 nel punto in cui c'e' l'etichetta
"X�,Y�,Z�".
Questo significa che in un dato punto ci sono due etichette (la "X,Y,Z" e la
"X�,Y�,Z�") e due orologi (quello fisso in S che segna t e quello fisso in
S1 che segna t�).
Le trasformazioni di Lorentz danno il legame fra le quadruple "t,X,Y,Z" e
"t�,X�,Y�,Z�".
Se, nel punto in cui c'e' l'etichetta "X�,Y�,Z�" l'orologio fisso in S1
segna l'istante t�, allora in quel punto ci sara' anche l'etichetta "X=(X� +
ut�)/SQRT(1-(u/c)�),Y=Y�,Z=Z�" e l'orologio, fisso in S, che si trova in
quel punto segna l'istante t=(t� + (u/c�)X�)/SQRT(1-(u/c)�).
Questo se il riferimento S1 si muove, relativamente ad S, di moto rettilineo
uniforme a velocita' u lungo l'asse X.

Avrai notato che all'interno di D1 e' comparsa ad un certo punto la
proposizione in esame: X=(X� + ut�)/SQRT(1-(u/c)�) la quale assume il
significato che si evince da D1.

D2:
In S1 un'asta rigida di lunghezza L' potrebbe essere posta con un estremo
nel punto "X�=0,Y�=0,Z�=0" e l'altro estremo nel punto "X�=L',Y�=0,Z�=0".
L'asta e' ferma in S1, questo significa che il primo estremo si trova sempre
(cioe' per ogni t�) nel punto "X�=0,Y�=0,Z�=0" e l'altro estremo si trova
sempre nel punto "X�=L,Y�=0,Z�=0".
Vediamo cosa ci dicono le trasformazioni di Lorentz, il cui significato e'
stato esposto in D1.
Poiche' l'stremo 1 dell'asta si trova nel punto "X�=0,Y�=0,Z�=0" quando
l'orologio, fisso in S1, che si trova in quel punto segna l'istante t�=0,
allora in quel punto ci sara' anche l'etichetta "X=(0 +
u*0)/SQRT(1-(u/c)�),Y=0,Z=0" = "0,0,0" quando l'orologio, fisso in S, che si
trova in quel punto segna l'istante t=(0 + (u/c�)*0)/SQRT(1-(u/c)�) cioe'
t=0.
Inoltre, poiche' l'estremo 2 dell'asta si trovava nel punto "X�=L,Y�=0,Z�=0"
quando l'orologio, fisso in S1, segnava l'istante t�= -(u/c�)L', allora in
quel punto ci sara' anche l'etichetta "X=(L' +
u*(-(u/c�)L))/SQRT(1-(u/c)�),Y=0,Z=0" = "L'*SQRT(1-(u/c)�),0,0" quando
l'orologio, fisso in S, che si trova in quel punto segna l'istante
t=((-(u/c�)L') + (u/c�)L')/SQRT(1-(u/c)�) cioe' t=0.
Cioe', quando gli orologi fissi in S (tutti fra loro sincronizzati) segnano
l'istante t=0 l'estremo 1 dell'asta si trovera' nel punto "0,0,0" mentre
l'estremo 2 dell'asta si trovera' nel punto "L'*SQRT(1-(u/c)�),0,0". Questo
significa che l'asta, che in S1 ha una lunghezza L', in S ha una lunghezza
L=L'*SQRT(1-(u/c)�). Con lunghezza di un'asta rigida in un dato riferimento
si intende la distanza fra il punto in cui si trova un estremo in un dato
istante e il punto in cui si trova l'altro estremo nello stesso istante.

Avrai notato che all'interno di D2 e' comparsa ad un certo punto la
proposizione L=L'*SQRT(1-(u/c)�) (che "somiglia" alla X=X�*SQRT(1-(u/c)�)
postata da te; cioe' le due X che comparivano nelle due formule da te prese
in esame non significano la stessa cosa, sono la stessa parola, "X", che
pero' ha significati diversi. E' come il "Giorgio" che arrivera' puntuale
all'appuntamento che non e' lo stesso "Giorgio" che ha i capelli lunghi, ma
del fatto che siano due Giorgio diversi possiamo prenderne coscienza solo
dopo che abbiamo inserito le frasi loro concernenti nei discorsi opportuni)

> Grazie atutti coloro che vorranno rispondere a questa
> mia forse banale domanda.
> Luca

Spero di esserti stato utile in qualche modo. La domanda non e' banale. Io,
avrai capito, ce l'ho un po' con alcuni testi che buttano li' alcune
formulette senza giustificarle adeguatamente lasciando ai poveri studenti la
sola possibilita' di impararle a memoria (non capendoci ovviamente nulla).
Poi ci sono anche i testi che giustificano adeguatamente e gli studenti che
preferiscono prendere la "scorciatoia" (in realta' e' molto molto piu' lunga
quella strada) dell'imparare qualche formuletta a memoria perche' tanto "che
me ne importa di tutti questi discorsi, tanto per fare gli esercizi basta
"applicare" questa "formula", come dire che per svolgere il tema "Descrivi
il tuo stato d'animo odierno" basta "applicare" la proposizione "Giovanni
ora si e' proprio seccato".

-- 
Bruno Cocciaro
--- Li portammo sull'orlo del baratro e ordinammo loro di volare.
--- Resistevano. Volate, dicemmo. Continuavano a opporre resistenza.
--- Li spingemmo oltre il bordo. E volarono. (G. Apollinaire)
Received on Mon May 31 2004 - 20:33:07 CEST

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