Re: Settorialità vs eclettismo
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FraSisto ha scritto:
> ...
> Mi pare di aver capito che la ricerca in fisica (e immagino anche in
> altre scienze) allo stato attuale delle conoscenze sia diventata molto
> settoriale e che addirittura servano anni di studio per passare da un
> ramo della ricerca ad un ramo "adiacente". La domanda quindi �:
> bisogna sostanzialmente dimenticare l'eclettismo nella ricerca? E'
> finito il tempo della visione per cos� dire globale della fisica? O �
> tutto sommato ancora possibile ed � riservato a pochissime menti
> superiori?
Beh, diciamo che in verita' una "visione globale" e' sempre stata
patrimonio di "menti superiori"...
Oggi direi che anche le menti superiori debbono faticare di piu'.
> Questa cosa tuttavia mi fa sorgere un dubbio: dalla lettura del thread
> succitato ho avuto l'impressione che la settorialit� esasperata della
> ricerca possa dare una visione limitata ad ognuno e impedisca quindi
> di sfruttare in un campo della ricerca i raggiungimenti potenzialmente
> utili degli altri campi.
Vero. La specializzazione tra l'altro produce spesso linguaggi non
comunicanti, per cui prima dello sforzo per capire la sostanza, c'e'
da impadronirsi del vocabolario.
> E' una mia impressione sbagliata da esterno e quindi il problema non
> sussiste o � invece una conseguenza negativa non superabile del
> progresso delle conoscenze? O ancora, una cattiva organizzazione della
> ricerca scientifica? O addirittura... il fatto che i ricercatori sian
> diventati troppi e questo, oltre ad abbassarne il livello medio, porti
> alla proliferazione di teorie e ricerche inutili che deviano
> l'attenzione anche di coloro che, in altre condizioni, si potrebbero
> concentrare con maggiore profitto su ipotesi ed esperimenti pi� utili?
Le cose che dici ci sono tutte.
Non mi sento di affermare che sia una situazione irreversibile, ma
certo mi pare una tendenza pericolosa.
L'aspetto peggiore si manifesta nella formazione dei giovani.
A questo proposito ti voglio fare un esempio, preso dalla mia esperienza
di docente qui a Pisa.
Quando sono arrivato, quasi 50 anni fa, c'era l'uso (preso dalla
tradizione di Roma) di assoggettare i laureandi a un esame di
"prelaurea", nel quale venivano sottoposti a domande le piu' disparate,
per saggiare la loro preparazione per cosi' dire "extracurricolare",
ossia le cose che avevano imparato al difuori dei corsi ufficiali: con
letture personali e simili.
L'esito dell'esame pesava nel voto di laurea.
Pochi anni dopo fu abolito, perche' si vide che gli studenti, anche i
piu' brillanti, non erano in grado di superarlo decentemente.
Era cominciata la specializzazione...
Sempre a quei tempi, un laureando doveva preparare tre "tesine",
consistenti nella lettura di articoli originali, su argomenti diversi
dalla sua tesi.
Nella seduta di laurea ne veniva chiesto uno, scelto di solito in modo
che fosse il piu' lontano dalla competenze del candidato: se era un
teorico, gli si chiedeva un lavoro sperimentale, e viceversa.
Se si occupava di particelle, gli si chiedeva un argomento di fisica
dei solidi, ecc.
In tempi piu' recenti, si decise che tre tesine erano uno sforzo
insopportabile, e le si ridusse a una.
Poi fu abolita anche quella.
Nel frattempo, gli argomenti di tesi erano diventati cosi'
specializzati che di fatto solo il candidato e il relatore erano in
grado di capirli davvero (si spera). Un paio di altri membri della
commissione (su undici) riuscivano a farsi una certa idea del problema
e del lavoro del candidato. Gli altri erano li' per far numero.
Tutto questo succedeva prima della recente riforma, ma ti da' un'idea
delle conseguenze della specializzazione.
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Elio Fabri
Dip. di Fisica - Univ. di Pisa
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Received on Thu Apr 15 2004 - 20:49:20 CEST
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